Io, Benito e Gino Lauria – che saranno entrambi sindaci di Tricarico e Gino anche presidente della provincia – e Nicola Scaiano, il barone  – carissimi, indimenticati e indimemticabili amici che non ci sono più – fummo fortemente coinvolti nelle vicende politico-istituzionali del dopoguerra e ci impegnammo a fondo nel referendum istituzionale, per quello che potevamo, a favore della scelta repubblicana. Il contributo che principalmente cercammo di dare fu quello di girare casa per casa per insegnare a votare Repubblica. Era il mezzo più efficace, dato l’altissimo numero di analfabeti. Nei nostri giri incontrammo due parole: una era d’ostacolo e l’altra favoriva la nostra propaganda. D’ostacolo era proprio la parola repubblica. Essa, nel linguaggio corrente, aveva lo stesso significato che oggi ha la parola casino. – La repubblica no, era l’immediata reazione. Lo dice la parola stessa: è proprio una repubblica -. Nel recente libro di Stefano Bartezzaghi ci sono pagine che descrivono magnificamente la natura maschilista e sessita del linguaggio che adoperiamo. Si possono scrivere altre pagine per dimostrare come il linguaggio venga impiegato per imporre visioni altrettanto negative o discutibili o opinabili e rendere obbrobriose vedute diverse o opposte. Il linguaggio forgiatosi sotto i regimi monarchici (borbonico o savoiardo che fosse) veniva per l’appunto piegato a presentare la repubblica nella forma più negativa e diabolica che si potesse immaginare, un casino, per l’appunto. Non era difficile far capire l’equivoco linguistico e superare l’ostacolo.

La seconda parola, d’aiuto, era Savoia. Presso le persone anziane a basso livello d’istruzione, o analfabeti, riscontrammo forti nostalgie borboniche e la disponibilità a voler cacciare i Savoia. Il nostro limite  fu che non sapevamo contrastare in loro la speranza che potessero tornare i Borbone e lo lasciavamo anzi credere pur di guadagnare voti alla causa repubblica. Mi ricordai di quella nostra difficoltà, mai più immaginando che fossero ancora coltivate nostalgie borboniche, quando, soppressa la XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione, a Napoli fu organizzata una forte contestazione contro il rientro di Vittorio Emanuele e Filiberto Savoia.

Trovo verità nel movimento neoborbonico e nel libro di Primo Aprile Terroni, che ho letto con attenzione e interesse, ma trovo anche, e soprattutto, una incredibile mancanza di discernimento prima ancora che di senso della storia. Mi rifiuto di credere che il sindaco di Bari Emiliano, che nel suo partito intende fondare una corrente del Sud, sia uno degli aderenti al movimento neoborbonico, come ha dichiarato il sedicente capitano Romano, uno dei principali esponenti del movimento. Ieri, 150° compleanno dell’Unità d’Italia, il principe Carlo di Borbone ha rilasciato un’intervista al Corriere del Mezzogiorno in cui si possono leggere parole migliori e più assennate di quelle di tanti neoborbonici. All’intervisia, sullo stesso giornale, oggi ha risposto stupendamente Giuseppe Galasso, storico, giornalista e professore universitario. Merita leggerlo.

Leggi  GIUSEPPE GALASSO _ RISPOSTA AL PRINCIPE

Tagged with:
 

Comments are closed.