Il prof. Angelo Lucano Larotonda ha pubblicato sul Quotidiano un articolo sulla vicenda della tomba di Rocco Scotellaro, dal titolo La memoria e lo scempio, autorizandomi – e di ciò lo ringrazio – a pubblicarlo in altre sedi.

 

Angelo Lucano Larotonda – La memoria e lo scempio.doc

 

L’articolo del prof. Larotonda, al quale, a conclusione del post  apporrò una postilla, mi ha offerto l’ispirazione (se la parola non è troppo grossa) per svolgere alcune considerazioni, che ho sintetizzato nelle parole «le tombe servono ai vivi».

Per la mia affermazione mi avvalgo di un pensiero (impressione secondo il suo lessico) di Piero Stefani, insigne biblista, ebraista e filosofo della religione. L’impressione è tratta da un suo splendido libretto pubblicato quest’anno da una piccola casa editrice di Trento, che ha assunto un passo del Siracide come motto: L’ape è piccola tra gli esseri alati e il suo prodotto ha il primato fra i dolci saporti (11,3), che si adatta particolarmente al libretto di Stefani, che si intitola  Alla ricerca di luoghi trovati, Il Margine, Trento, 2011:

 

Piccoli cimiteri di montagna. «Come si riposa in pace qui!». Vale a dire, quei cimiteri sono luoghi in cui i vivi dicono che i morti riposano in pace. Quanto a questi ultimi non è facile immaginare che per loro faccia grande differenza trovarsi lì oppure in qualche loculo di megastruttura cimiteriale. Nulla di sorprendente del resto: da sempre si sa che le tombe sono fatte assai più per i vivi che per i morti.

 

Sembra riecheggiare in  questo passo (e il verbo sembrare quì segna una distanza infinita) il tema foscoliano dei Sepolcri. Il carme foscoliano s’apre con l’affermazione dell’inutilità delle tombe per i morti, basata sulla negazione di ogni trascendenza, ma afferma l’utilità per i vivi.

 

 A egregie cose il forte animo accendono

l’urne dei forti, o Pindemonte; e bella

e santa fanno al peregrin la terra

che le ricetta

 

L’utilità delle tombe per i vivi, in Foscolo, è affermata in un crescendo di funzioni sempre più alte fino all’esaltazione, nell’ultima parte del canto, della funzione centrale della poesia, il cui compito è quello di celebrare le virtù e di conservare nel tempo il ricordo. Nei versi finali si introduce la figura di Omero, che, cantando la guerra di Troia, ha preservato il ricordo del valore sia dei vincitori sia degli sconfitti.

 

E tu onore di pianti, Ettore avrai,

ove fia santo e lagrimato il sangue

per la patria versato, e finché il Sole

risplenderà su le sciagure umane.

 

Bene ha fatto, pertanto, il prof. Larotonda a richiamare nel suo articolo, magari con vis polemica e un po’ d’enfasi, il valore della memoria.

Con altro timbro vorrei tentare di dare un contributo alla ricostruzione della memoria, ricordando che, con precedenti interventi al cimitero,  a Tricaruco erano già stati compiuti altri sfregi alla tomba di Rocco Scotellaro e alla poesia nella memoria di Laura Battista.

«Chi in questi giorni dovesse andare al cimitero di Tricarico e visitare la tomba di Rocco Scotellaro, non potrebbe non essere fortemente colpito, già percorrendo lo storico vialetto fiancheggiato dai cipressi che ad essa conduce, dallo stravolgimento del luogo a causa di un’imponente cappella privata in avanzato stato di costruzione a pochi metri dal monumento funebre del Poeta di Tricarico».

Con queste parole la prof. Carmela Biscaglia inizia la denuncia, a nome del «Centro di documentazione Rocco Scotellaro e la Basilicata del secondo dopoguerra», dello scempio alla tomba di Rocco Scotellaro.

Non so se la prof. Biscaglia sa che suo zio, il dott. Rocco Mazzarone, era turbato non appena entrava nel cimitero e s’iniziava a percorrere «lo storico vialetto fiancheggiato dai cipressi», perché la costruziuone di quel vialetto aveva comportato la distruzione di varie tombe e il deposito in una fossa comune, come in una discarica, delle ossa in esse custodite. Comprese le ossa di Laura Battista.

 

Un precedente sfregio alla tomba di Rocco Scotellaro. Il lato orientale del cimitero, su cui sorge la tomba di Rocco Scotellaro, era delimitato da un muretto di pietre a secco, a prolugamento del quale si ergeva il piano verticale del monumento funebre a mo’ di finto arco. Il muretto a secco veniva quindi ad assumere il carattere di elemento architettonio co-essenziale al monumento funebre.

 

Tomba col muretto.jpg

 

 

Questa co-essenzialità è stata spezzata e annullata con un intervento che ha portato a sostituire il muretto a secco con una ringhiera. L’effetto architettonico è devastante, come si può vedere dalla fotografia.

 

Tomba con la ringhiera.jpg

 

 

Al quale effetto si aggiunge l’ultimo scempio della costruzione della Cappella.

 

foto cappella.jpg

 

 

Postilla all’articolo del prof. Larotonda.

Tutti i lucani interpellati – meglio, «tutti gli intellettuali della Basilicata» interpellati, nessuno escluso – hanno firmato l’appello. L’iniziativa dell’appello al presidente della Repubblica e ai rappresentanti delle istituzioni politiche e culturali della Basilicata fu assunta e portata avanti d’impeto e in fretta, non appena venni a conoscenza dello scempio. Per il significato di mobilitazione nazionale che intendevo dare all’iniziativa unitamente all’intento di diffondere la conoscenza di Scotellaro, la Basilicata fu tenuta in disparte.

La ricostruzione della memoria compiuta con efficacia dal professore subisce in un punto un’impennata improvvisa della vis polemica, che ha preso la mano ed è sfociata in un’invettiva.

Delle invettive non si può discutere, manca la materia. Ma contesto l’effetto lacerante sulla ricostruzione della memoria. La riforma fondiaria o agraria non può essere liquidata con una invettiva; non può essere liquidata con una invettiva una grande conquista di popolo, la più grande innovazione sociale e la più importante riforma del dopoguerra. E Rocco Scotellaro non può essere strumentalizzato a una invettiva.(a.m.)

 

 

 

 

 

One Response to Le tombe servono ai vivi

  1. Rocco Brancati ha detto:

    Caro amico un saluto da Tricarico (saluti anche da Mario Pianelli), sono venuto a partecipare all’iniziativa di Carmela e Ulderico sulla tomba di Scotellaro.
    Rocco BRANCATI