La notizia che il consiglio comunale di un paese di circa 5.000 abitanti, nella sua prima riunione, si sarebbe occupato come prima cosa della nomina del suo presidente e del suo vicepresidente risaltò ai miei occhi come uno dei tanti congeniti vizi della casta ad ogni livello in cui esercita il suo potere. Piccola casta piccoli vizi, grande casta grandi vizi. Volli accertarmene e vennero fuori assurde altre magagne, che vale la pena raccontare.
Non si tratta solo di una pura questione di legalità, peraltro da non trascurare. La legalità non si percepisce più come rispetto della legge, viene liquidata come formalismo burocratico, sicché ogni centro di potere si sente libero di fare quello che vuole e gli conviene, agendo indisturbatamente, giacché gli apparati burocratici rilasciano disinvoltamente attestati di regolarità e di legittimità degli atti.
       Come è possibile che nessuno, non pretendo che si prenda l’incomodo di leggere con attenzione le norme che applica, ma non si ponga la domanda: può lo statuto di un comune con popolazione di circa 5.000 abitanti, prevedere le figure di presidente e di vicepresidente del consiglio comunale, godendo delle stesse facoltà concesse per la redazione dei propri statuti a metropoli del calibro di Milano, Roma, Napoli ecc.? Queste figure comportano indennità, supporto di apparati e strutture, spese di rappresentanza, uso del telefono ed ogni altro benefit che la fantasia castale riesce a partorire e a non fare emergere. Il piccolo paese come Milano, Roma o Napoli, dunque? E come il piccolo paese altri comuni con la stessa popolazione o addirittura con meno abitanti?
Scoprii che la seconda domanda rappresenta la realtà, che nel suo insieme significa migliaia e migliaia di poltroncine o, se si vuole, di strapuntini per la politica. Il piccolo paese, per il vero, era giunto per ultimo ad accodarsi ai vizi della casta, entrando a far parte di una folta e nutrita compagnia, che comprende, se non tutti, quasi tutti i comuni italiani, anche più piccoli, molto più piccoli del piccolo paese di cui si tratta. Nel varare gli statuti la casta ha pensato che nel suo regno tutti gli statuti dovessero essere fatti allo stesso modo sul modello più bello. Ma la legge, invece, diversamente ispirata a un minimo rispetto del buon senso, sa quanto i nostri comuni siano diversi l’uno dall’altro e che l’autonomia statutaria comporta la capacità di interpretare e dare corpo all’identità di ogni singolo comune.
       Se non si fosse ancora capito, la nomina del presidente del consiglio comunale è una scelta politica, sarebbe interessante sapere quali sono le vere motivazioni, chi bisogna accontentare e perché, ma è una scelta legittima. La nomina del vicepresidente, invece, benché prevista dallo statuto, è illegittima.
       I principi ai quali gli statuti delle province e dei comuni devono conformarsi nel regolare l’organizzazione dei lavori consiliari sono stabiliti dall’art. 39 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali n. 267 del 2000. Il primo comma distingue a tal fine due grandi categorie di consigli: quella comprendente i consigli delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e quella comprendente i consigli dei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti.
       Per la prima categoria comprendente comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti il nuovo ordinamento rompe con la tradizione, che voleva che i consigli provinciali e comunali fossero presieduti dal presidente della provincia o dal sindaco, e stabilisce che il consiglio debba eleggere tra i suoi componenti il proprio presidente. Le funzioni vicarie, quando lo statuto non dispone diversamente, ossia nel caso che lo statuto non prevede la figura del vicepresidente, sono esercitate dal consigliere anziano.
       Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, invece, lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio, e basta. Vale a dire che per questa seconda categoria di consigli il nuovo ordinamento degli enti locali mostra di favorire la tradizione, ma concede la facoltà di superarla sostituendo la presidenza attribuita al sindaco con la presidenza attribuita a un consigliere eletto dallo stesso consiglio. Del vicepresidente manco a parlarne.
       Là dove è chiara la lettera, avvertiva Jacopone da Todi, non fare oscura chiosa. La lettera del povero articolo 39 non potrebbe essere più chiara di come è. Ma, soppressi i controlli, alé canta Napoli, e presidenze e vicepresidenze a gogò.
       Dopo aver riletto l’articolo 39 del testo unico per confermare i miei dubbi, volli leggere cosa lo statuto del comune in questione stabilisce in ordine a queste due figure. E andai ovviamente a leggerlo sul sito ufficiale – c’è scritto proprio così: sito ufficiale – del Comune, dove si legge che il consiglio … è presieduto da sindaco, che ne disciplina i lavori d’intesa con la conferenza dei capigruppo. Mi resi conto che si tratta di un testo non aggiornato (ma il sitoweb ufficiale di un ente a che serve se non è aggiornato, nel caso, a occhio e croce, da una ventina d’anni?) e andai a cercare il testo aggiornato sul sito del ministero dell’interno, al quale le province e i comuni sono obbligati a trasmettere gli statuti e le loro modifiche, che devono essere inseriti nella raccolta ufficiale degli statuti, come le raccolte ufficiali delle leggi, degli atti normativi della Repubblica e della corte costituzionale. Cose serie, che funzionano alla perfezione, su cui si regge lo stato. Ma lì mi attendeva la sorpresa di leggere che dal ministero dell’interno lo statuto del comune di cui si tratta è stato acquisito in data anteriore all’entrata in vigore della legge 265/1999 in attesa di aggiornamento. In quella provincia ci sono quattro comuni che non hanno dato corso alle procedure di pubblicità degli statuti. Lo statuto così acquisito dal ministero dell’interno è sicuramente quello approvato nel 1991 in conformità ai principi della legge 142 del 1990, lo stesso pubblicato sul sito del comune, a prescindere dalla misteriosa circostanza che questo ha 37 articoli e quello inserito nella raccolta ufficiale presso il ministero dell’interno ne ha 41.
       Non mi fermai a sofisticare su una tale quisquilia e mi chiesi se il Comune di cui si tratta avesse mai aggiornato il suo statuto, se avesse mai notato, insomma, che, dopo la prima fase statutaria del 1990-91, seguì in materia statutaria, una rilevante evoluzione legislativa con le disposizioni della legge 81 del 1993 sull’elezione diretta del sindaco, con la quale, da un lato, gli spazi di autonomia lasciati agli statuti si ridimensionarono sotto vari profili, ma, d’altro lato, si aprirono altre prospettive, tra cui quella relativa alla presidenza dei consigli di comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, con la legge 265 del 1999, che puntò ad allargare gli spazi di autonomia e costituisce il pilastro dell’autonomia statutaria, confluito nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, con la riforma del titolo V della parte seconda della costituzione. Non credetti possibile che quel comune, che vanta gloriose tradizioni democratiche, avesse ignorato questa rilevante evoluzione legislativa: lo statuto del 1990-91 doveva essere stato sicuramente aggiornato e mi posi caparbiamente alla ricerca degli aggiornamenti, spulciando nell’ultimo posto dove potevo sperare di venire a capo di qualcosa, tra i bollettini ufficiali della regione di appartenenza del detto comune, dove la legge fa obbligo di pubblicare gli statuti.
       E’ stata un faticaccia, ma sono riuscito a scovare il nuovo statuto in calce al bollettino ufficiale n. 78 dell’1. 11. 2002, pagina 2203 e seguenti. Ma perché il comune inviò il nuovo statuto solo alla regione e non anche al ministero dell’interno, come la legge gli imponeva? Comunque, eureka! Ma non feci in tempo a lanciare questo grido di giubilo che fui gelato dal quarto comma dell’art. 9, il quale dispone che “La presidenza del consiglio è assunta dal sindaco. In caso di assenza del sindaco e del vice sindaco il consiglio è presieduto dal consigliere anziano”.
       Doveva esserci, sicuramente doveva esserci una modifica dello statuto che attribuisce la presidenza del consiglio a un presidente e le funzioni vicarie a un vice. Ma non avevo più dove cercare e, perciò, ricorsi al solito espediente di chiedere aiuto a un amico, residente in quel comune, che so che sa dove cercare.
       La modifica, con altri punti (Forum dei giovani, vicesegretario), era stata proposta con delibera n. 18 del 12. 4. 2007, con la quale, tanto per non farsi mancare nulla, si proponevano due vicepresidenze.
       La proposta fu approvata con modifiche, tra cui la rinuncia a una delle vicepresidenze, a maggioranza assoluta  ma non dei due terzi dei componenti il consiglio regionale, con delibera. n. 32 del 9.5.2007, riapprovata, in forza del procedimento rafforzato che la legge prescrive per l’approvazione degli statuti, l’11.5.2007.
       Nelle delibere, come pure nell’ultima con cui sono stati nominati il presidente e il vicepresidente, risultano espresse perplessità sulle spese e date risposte generiche e per il vero incomprensibili. Ma il problema è nell’aria.
       L’attuale maggioranza era all’opposizione quando questi fatti accaddero e ora, se leggesse questa bagatella, potrebbe comprendere che potrebbe fare bella figura se si impegnasse a mettere ordine. In quel consiglio comunale sono costituiti due gruppi consiliari di opposizione. Uno è l’erede della vecchia maggioranza e se leggesse questa bagatella potrebbe comprendere la fesseria di cui fu complice e impegnarsi con la maggioranza-ex opposizione a mettere ordine. L’altro gruppo di opposizione, autore col suo programma elettorale del più bello esercizio di scrittura, se leggesse non dico questa bagatella ma il suo programma così ben scritto, comprenderebbe quale gesto di cattivo gusto, quale posizione banale e moralistica ha compiuto proponendo la candidatura del suo capogruppo alla vice presidenza con rinuncia all’indennità e quanto sarebbe stata apprezzabile e apprezzata la proposta di sopprimere almeno la figura del vicepresidente, se non anche quella del presidente.  Comprenderebbe che in questo caso converrebbe unirsi all’odiato compagno di opposizione e alla maggioranza per mettere un po’ d’ordine nel disastrato sistema comunicativo del loro glorioso paese.
Ahimè, non ci credo.
OGNI RIFERIMENTO A PAESI E GRUPPI POLITICI E’ PURAMENTE CASUALE. QUESTO POST E’ ESCLUSIVAMENTE FRUTTO DI FANTASIA

 

 

 

 

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4 Responses to Presidenze e vicepresidenze del consiglio a gogò. L’opaca inutile e pericolosa “trasparenza” del comune e i vizi congeniti della casta

  1. Miseo Angelo Salvatore ha detto:

    Egr. Dott. Martino,
    so quanto le sia cara Tricarico: il suo blog e questo post su di Essa lo dimostrano ancora una volta, ma i giudizi che dà di Silvio Mestice e della lista che rappresenta mi sembra che nascono da pregiudizi e scarsa conoscenza dei fatti.
    Con la candidatura di Silvio Mestice alla Vicepresidenza, voluta da tutta la minoranza, si è cercato di dimostrare la carenza di democraticità da parte della maggioranza, visto che aveva candidato a questa carica un suo consigliere.
    Mestice aveva preventivamente dichiarato di non accettare alcun compenso per quella carica. Se ha ancora dubbi sulla serietà dell’opposizione del PBC, legga i verbali dell’ultimo Consiglio Comunale.

    Cordiali saluti
    Miseo Angelo Salvatore

  2. rabatana ha detto:

    Caro Signor Miseo,
    E’ sicuro di aver capito il mio articolo: la tesi sostenuta e la critica rivolta a tutte le componenti del consiglio comunale?

  3. Miseo Angelo Salvatore ha detto:

    Sicuro, no! Ma lo spero. Così come spero che la sua sia la tirata d’orecchi del buon padre di famiglia e non la solita strigliata del patrigno.
    Cordialmente

    Miseo Angelo Salvatore

  4. rabatana ha detto:

    Le assicuro che non ha capito. Perciò meglio chiudere questo dialogo senza senso.