Rocco Scotellaro non ha bisogno dei suoi contemporanei

 

Il commento della signora Maria Teresa Diele a un post di questo blog esprime il timore che, con la scomparsa della generazione che ha conosciuto Rocco Scotellaro, possa svanire anche la conoscenza del poeta tricaricese. Avverto in questa osservazione un filo un filo di angoscia e di verità. Ma se Rocco Scotellaro è – com’è – un vero e grande poeta e la poesia è voce universale viva e nuova e moderna in ogni tempo, essa non ha bisogno di noi suoi contemporanei. Leggiamolo e ne avremo un godimento spirituale.

Col suo commento la signora Diole mi ha dato inconsapevolmente un suggerimento. Curerò di più la categoria di questo blog poesie e prose di Rocco Scotellaro pubblicando, una alla volta, sue poesie. Lo farò cominciando dall’edizione leviana di E’ fatto giorno confrontata con l’edizione curata da Franco Vitelli pubblicata negli Oscar Mondadori.

 

E’ fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi

con i panni e le scarpe e le facce che avevamo.

Le lepri si sono ritirate e i galli cantano,

ritorna la faccia di mia madre al focolore

 

 

La raccolta di poesie curata da Franco Vitelli rispecchia sostanzialmente quella che Rocco Scotellaro aveva fatto nel 1952. Questa raccolta aveva a mo’ di premessa i seguenti versi:

«Svegliati bella mia che giorno è fatto,

sono volati gli uccelli dai nidi.»

(Canto di contadini)

Il canto di contadini era parimenti situato a mo’ di premessa sulla poesia incompiuta, qui sotto riportata:

 

Le piramidi di stelle in tre quattro punti del cielo

sopra un quadrone di ulivi o una vite o una ginestra:

terra senza consolazione finalmente stai zitta.

Ora che si rompono i tempi avrai dato ciò che puoi.

Noi ci teniamo a mente perché Settembre ricomincia,

possiamo sempre sperare i frutti di un’altra stagione.

 

 E’ fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi

Con i panni e le scarpe e le facce che avevamo.

Le lepri si sono ritirate e i galli cantano,

ritorna la faccia di mia madre al focolare.

 

Ma non ho una bella dormiente da svegliare

né io, né i miei compagni che tutta la notte

ci hanno tenuto sotto le fruste dell’amore

e nessuno doveva cedere, guai, avanti.

 

L’amore non viene col giorno.

 

Carlo Levi sostituì il canto di contadini con i vv. 7-10 della poesia incompiuta, riportati in carattere tondo.

 

 

 

 

 

 

 

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