Voglio aria la sera e consumazione

di vino e castagne in compagnia

perché ognuno conta una storia

e insieme viene l’armonia.

 

Lo scarparo è stato tutto il santo giorno in casa

fino a che si è fatto scuro e si è cavato il senale,

con quello ha coperto il bancarello e i ferri

e ha detto a moglie e figli: Io esco andatevi a coricare.

Il fabbricatore viene direttamente dalla casa che fabbrica

con le lenticchie di calce azzeccate sotto l’occhio.

Il sarto anche lui con un filo e l’impiegato

con l’inchiostro sciolto alla punta di due dita.

I contadini sono più di uno

con succhi di stalla sul collo. 

Ed io ho sbattuto il libro già ingoiato dall’ombra,

e ho detto ad alta voce che questo non è vita.

Ci siamo allora azzuffati alla morra,

la moglie e la figlia del falegname,

dove stiamo bevendo, girano attorno alla tavola

e dicono che siamo proprio bambini.

Abbiamo cacciato i tozzi di pane di tasca

e chi olive, chi una noce, chi la cipolla e il peperone;

l’impiegato ha diviso la frittata incartata

in un foglio di ufficio, e abbiamo bevuto.

 

Amore, amore veniva da cantarlo

tutta la santa notte in compagnia.

La moglie e la figlia del falegname

si sono ritirate dicendo:

Questi fanno far giorno 

 

 

Cena è datata Portici 18 dicembre 1952 ed era stata pubblicata il 10 dicembre 1953 (quando a Rocco Scotellaro rimanevano cinque giorni di vita e da cinque aveva avuto a Irsina il primo incompreso segnale del male che gli stroncò la vita) sul «Raccoglitore», pagina quindicinale della «Gazzetta di Parma», senza dubbio uno dei migliori supplementi letterari di quegli anni.

La pubblicazione sul Raccoglitore fu il frutto dell’incontro abbastanza eccezionale e con molte valenze fra il giovane poeta lucano e l’altrettanto giovane letterato di Parma Mario Colombi Guidotti, avvenuto poco tempo prima, a metà novembre del ’53, al Congresso della Narrativa Siciliana. Rocco aveva trent’anni, il letterato parmense trentuno.

Rocco Scotellaro fu così segnalato ad un pubblico vario come quello di un quotidiano settentrionale, di notevole tiratura e diffusione, con l’avallo di un ambiente letterario come quello di Parma, altamente qualificato e di formazione culturale diversa.

Sul Raccoglitore n. 57 del 7 gennaio 1954 Mario Guidotti Colombi rievoca con commozione l’inizio di una collaborazione appena cominciata e subito interrotta dalla tragica fine dell’amico appena conosciuto e auspica: «Stampare al più presto i suoi libri sarà il modo più semplice ma più significativo per onorare la memoria di uno scrittore.» (V. I. Guastalla, Parma e Scotellaro in I. Guastalla, R. Nigro et alii, Parma e Scotellaro. Atti della giornata di studio: Parma, 27 settembre 2003, a cura e con un intervento di Giovanni Ronchini, Parma, Uni.Nova, 2004, p. 21.)

La professoressa Isa Guastalla così conclude la rievocazione di questa brevissima amicizia «Colombi Guidotti aveva capito, in quel breve recente incontro, l’uguale peso, in Rocco, dell’impegno politico, vissuto anche con personale sofferenza, e lo slancio verso la letteratura, intesa e vissuta con pari intensità. Nella sensibilità e capacità intuitiva si veniva così delineando una delle matrici più appropriate degli studi su Scotellaro. Non si può non essere colpiti dalla precocità del fatto parmense, anche se tutto trapassa rapidamente a ricordare la precocità della morte nei destini di entrambi. Quella amicizia appena sorta veniva infatti troncata sul nascere dall’intervento di un destino tragico, lo stesso che di lì a poco, nel gennaio del 1955, avrebbe colpito anche Colombi Guidotti.»

                                                                        

 

 

 

 

 

 

 

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