L’occhio prensile di Rocco Scotellaro

verso le letterature straniere

e l’attrazione profonda per la classicità

 Johann Wolfgang von Goethe. – Poeta, narratore, drammaturgo tedesco (Francoforte sul Meno 1749 – Weimar 1832). Genio fra i più poderosi e poliedrici della storia moderna, segnò un cambiamento radicale nella coscienza culturale tedesca ed europea. La sua ricerca operò nei varî campi d’interesse, negli studî scientifici, nella speculazione filosofica e teologica, nell’azione pubblica e soprattutto nella produzione poetica.

Una grave malattia lo dispose a subire l’influsso della religiosità pietistica della madre e ancora di più dell’amica di lei, Susanne von Klettenberg, che lo orientò a cercare, come poi sempre fece, l’orma del divino nel segreto della natura. In tale spirito nacque anche l’opera conclusiva e più fortunata di questa felice stagione, il romanzo epistolare Die Leiden des jungen Werthers (“I dolori del giovane W.”, 1774), appassionata storia di una delusione amorosa che si conclude con il suicidio del protagonista; essa, in un’epoca segnata da un sentimentalismo esorbitante, conobbe un immediato, clamoroso successo. Intanto si era già affacciato nello spirito di Goethe il tema del Faust, che lo accompagnerà ossessivamente per sessanta anni, sino agli ultimi giorni della sua lunga vita.

La traduzione di Rocco Scotellaro, come attesta F. Vitelli nella nota al testo dell’edizione Oscar 2004 di tutte le poesie di Rocco Scotellaro, appare in un quaderno dell’Uva puttanella, ove è trascritto anche il testo originale. Il testo tedesco che qui pubblico me l’ha fornito la prof. Paola Gnani, germanista di Ferrara, che è stata tra i firmatari della lettera/appello per l’oltraggio alla tomba di Rocco Scotellaro. Lo studioso scotellariano aggiunge pure che il prof. Rossi Doria nutriva ammirazione per il grande poeta tedesco e non c’è dubbio che questa ammirazione sia stata assai influente per la traduzione (F. Vitelli, postfazione alla suddetta edizione Oscar, p. 347). Queste notizie il prof. Vitelli le ha tratte dal suddetto quaderno dell’Uva puttanella, ed è un peccato che le carte di Rocco Scotellaro non siano state versate in un arhivio pubblico, creando un Fondo da tutti consultabile.

 

 

An die Günstigen

 

Ai favorevoli

Dichter lieben nicht zu schweigen,
Wollen sich der Menge zeigen.
Lob und Tadel muß ja sein!
Niemand beichtet gern in Prosa;
Doch vertraun wir oft sub Rosa
In der Musen stillem Hain.

 

Was ich irrte, was ich strebte,
Was ich litt und was ich lebte,
Sind hier Blumen nur im Strauß;
Und das Alter wie die Jugend,
Und der Fehler wie die Tugend
Nimmt sich gut in Liedern aus.

 

I poeti non amano cantare,

vogliono mostrarsi alla folla,

lode o biasimo che sia!

Nessuno confessa volentieri in Prosa,

tuttavia spesso spesso ci confidiamo sotto una [Rosa

nel quieto boschetto delle Muse.

 

Ciò che sbagliai, ciò che tentai

ciò che soffersi e ciò che vissi

son qui fiori soltanto in un mazzo.

E la vecchiaia come la giovinezza

e l’errore come la virtù

vengono fuori bene nei canti

 

Johann Wolfgang von Goethe

Traduzione di Rocco Scotellaro, 1953

 

An die Günstigen è l’ultima traduzione di Rocco Scotellaro secondo l’ordine di pubblicazione nell’Oscar Mondadori del 2004 di tutte le sue poesie. Le traduzioni hanno un posto importante nel processo di formazione culturale del poeta tricaricese, non sono state un gioco. E’ questo un aspetto che deve essere ben precisato.

«La ricostruzione del processo di formazione culturale, delle letture, delle curiosità intellettuali di Scotellaro – scrive Vitelli a pag. 475 della citata postfazione – non ha ricevuto tutta l’attenzione che merita; e sarà il caso di farlo». E nella stessa pagina sottolinea che Scotellaro ha avuto una personalità sempre caratterizzata da uno slargo d’orizzonte e ha avuto un «occhio prensile» verso le letterature straniere e un’attrazione profonda per la  classicità.

Gli studi di Sebastiano Martelli[1], professore di letteratura italiana all’Università di Salerno, hanno dimostrato che non aveva senso la polemica contro Levi, che secondo alcuni negherebbe alla  poesia scotellariana ogni radice colta per costruire a uso proprio il  mito del poeta-contadino, e hanno chiarito in via definitiva gli esatti termini della questione, evidenziando il dato antropologico, posto come «elemento strutturante e «peculiarmente connotativo  della poesia», sicché, in corrispondenza di un processo storico  rappresentato, si realizza «un incontro-scontro tra due codici culturali, quello egemone e quello contadino subalterno». I risultati  sono quelli di una carica dinamica e internamente propulsiva che  fa della poesia di Rocco una cosa viva e attuale».

Sempre Vitelli ci mette a conoscenza di un contributo, che a me è parso svolgersi nell’identica direzione della conclusione degli studi dello studioso salernitano,  assai stimolante,  anche perché proviene da un  campo esterno alla letteratura, che è quello di Ernesto N. Rogers[2], il grande architetto dello studio di architettura BBPR, progettista della tomba di Rocco Scotellaro. Rogers, conquistato dal fascino della figura, dichiara  che «Scotellaro è un caso esemplare e simbolico per studiare gli  obbligati percorsi storici di un artista moderno», che sono poi  quelli della saldatura in una della tradizione spontanea o popolare  e di quella alta. Rogers arriva a paragonare Scotellaro ad Alvar  Aalto, architetto e accademico finlandese, perché pur da «opposti cammini» e nella maggiore ampiezza d’interessi dell’architetto finlandcse, ambedue «hanno offerto  la fatale testimonianza del nostro tempo; il poeta è salito dai suoi  semplici nascimenti alla città, ai luoghi della cultura; l’architetto,  denso di cultura, è sceso alle radici della sua terra [ … ] l’uno e l’altro sono profeti di progresso». _ .

La rivista «Sud», «che svolgeva un’infaticabile azione di rinnovamento anche attraverso la diffusione della conoscenza degli scrittori stranieri», è stata il campo originario delle sollecitazioni per il codice egemone.

«Sud» fu edita a Napoli dal 1945 al 1947 per sette numeri. Fondata e diretta da Pasquale Prunas, vide in redazione la collaborazione di Luigi Compagnone, Samy Fayad, Raffaele La Capria, Gianni Scognamiglio[3], Ennio Mastrostefano, Anna Maria Ortese, Vasco Pratolini, Franco Rosi, Rocco Scotellaro e altri. Una ristampa anastatica integrale è stata curata da Giuseppe Di Costanzo per l’editore Palomar.

«Nell’editoriale del primo numero – restituisco la parola a Vitelli – Pasquale Prunas dichiarava  che «Sud» non ha il significato di una geografia politica, né tantomeno spirituale; il Sud ha per noi il significato di Italia, Europa,  Mondo. Sentendoci meridionali ci sentiamo europei». In questo  spirito si spiega l’ampia offerta di traduzioni e trattazione critica,  che tocca la letteratura francese, inglese, americana, greca, russa.  C’era qui un po’ di contagio del “Politecnico», che è l’altra fonte  che certo si può indicare.  A cominciare da Montale, Muscetta e Fortini s’è fatto il nome  del poeta russo Sergej Esenin: appropriato riscontro se già Scotellaro ne discuteva con la sua amica Botteri … . In verità poesie di Esenin Scotellaro poteva  averle già lette nel «Politecnico», l ° maggio 1946 e in «Sud», 20  giugno 1946 … . Ancora su «Sud» Scotellaro ebbe il primo approccio con Eliot,  che poi allargò, per tramite di Amelia Rosselli, alla lettura dei  Quartetti; e la poesia Eli Eli ha subito senz’altro il fascino di Eli  Lamna Sabactani di Pierre Emmanuel nella traduzione di Gianni  Scognamiglio, giacente nel numero del novembre 1945 … .  Per la Francia è la linea «decadente» Verlaine, Rimbaud, Mallarmé, Michaux  che lo attrae; per l’America soprattutto il trio Eliot-Whitman-Masters con l’occhio attento al verso lungo e l’orecchio al ritmo. E poi  lo spagnolo Garcìa Lorca, consonanza innata per i poeti meridionali, e il tedesco Rainer Maria Rilke … . Questo ventaglio di auctores della letteratura moderna va a  congiungersi con la costante frequentazione dei classici antichi …».

A fronte di questo fervore conoscitivo, non stupisce che prima  o poi Scotellaro sarebbe passato a prove dirette di traduzione, anche se poteva vantare una buona conoscenza delle lingue classiche e del francese e solo i primi rudimenti dell’inglese».

Stranamente il prof. Vitelli tace sulle più significative sollecitazioni ricevute dall’esclusiva rivista letteraria internazionale semestrale Botteghe Oscure, a cui ho dedicato un post su questo blog, diretta da Giorgio Bassani. Rocco Scotellaro vi collaborò, dal 1948 a partire dal secondo quaderno (i volumi erano in ottavo di circa 400 pagine), all’XI, del primo semestre 1953. A limitare l’analisi ai soli quaderni in cui sono pubblicate le poesie e un racconto di Scotellaro (II, V, VIII, IX e XI), risulta che vi collaborarono anche 176 poeti e scrittori francesi in prevalenza, e inglesi e americani. Rocco Scotellaro può averli letti, se non tutti in parte. Alle deficienze conoscitive dell’inglese poteva supplire grazie al clima culturale che respirava a Portici. Sempre Vitelli, a pag, 347 della citata prefazione, attesta che «Rocco, per la sua qualifica di poeta, era spesso il terminale delle traduzioni, perché esprimesse il suo parere o facesse addirittura interventi»


[1] Il testo e la critica, in S. Martelli, Il crepuscolo dell’identità. Letteratura e dibattito culturale degli anni Cinquanta, Laveglia, Salerno 1988, pp. 85 – 111

[2] La responsabilità verso la tradizione (1954), in E.N. Rogers, Esperienza dell’architettura, Einaudi, Torino, 1958, pp. 296-303

[3] Mi piace lasciare un ricordo di Gianni Scognamiglio-Gaedkens, trascrivendo un mio appunto, che, purtroppo, non ha l’indicazione della fonte (forse Raffaele La Capria). Gianni Scognamiglio, destinato a essere bruciato nella sua genialità da una precoce e devastante follia (morì come un barbone), indica le nuove frontiere della musica, scrive poemi che, assicura, saranno musicati da Igor Stravinskij, anche se per il momento il compositore russo non lo sa, anzi non conosce neppure l’esistenza di un giovane napoletano, colto e stravagante, che risponde al nome di Gianni Scognamiglio. «Ci hanno sequestrato il mare» andava gridando ossessivamente per Toledo, alludendo alla flotta (americana) dell’AFSE (Allied Force South Europe) ancorata nel porto di Napoli, grido che forse ha ispirato il titolo del romanzo di Anna Maria Ortese «Il mare non bagna Napoli».

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