Pubblico nelle colonne di sinistra di questo post il secondo gruppo di cinque trascrizioni di Rocco Scotellaro (o versioni in lingua) di canti popolari: O rondinella, Avevi il colore della rosa, Due rose fini, Contro il malocchio, Contro il male al ventre.

Il titolo di O rondinella non è di Scotellaro, è l’emistichio scelto dal curatore dell’Oscar 2004[i]; i titoli delle altre trascrizioni sono invece di Scotellaro. Nelle colonne di destra, a fianco delle versoni in lingua, sono pubblicati i testi popolari tradotti. Le annotazioni e i commenti sono tratti da Bronzini[ii].

O Rondinella, Avevi il colore della rosa e Due rose fini sono tratte da «Monticchio bevi a secchi», che secondo un’annotazione, non di pugno di Scotellaro, furono «inviate al premio Monticchio, 1952». Esse «hanno per loro conto perduta la veste dialettale, se pur l’hanno mai avuta, e però fanno registrare un valore autonomo nelle loro versioni in lingua. … Il fatto è che Scotellaro non era poeta dialettale, ma la sua poesia è letterariamente dialettale e ideologicamente popolare. Egli riconosceva sì al dialetto funzione comunicativa insostituibile nell’interno del sistema di vita della società contadina, ma sentiva che esso incapsula la poesia in un guscio vuoto e ristetto: proprio quel guscio egli intendeva in tutti i sensi frangere per sé e per i suoi contadini» (Bronzini, pp. 212 s.)

 

O Rondinella

 

Va previamente ricordata quella parvenza di stornello, che è Rondini, pubblicata in Margherite e Rosolacci:

Rondini voi,

guizzando d’aria felici,

si turba di voli il mio giaciglio.

Dove affiora un confronto drammatico di dimensione leopardiana tra la felicità dei voli delle rondini e il turbamento che essi recano al poeta (Bronzini, pag. 199).

Il canto popolare E tu rondinell ca vai pi mar è diffusisimo, con varianti, in tutte le regioni (Bronzini, pag. 379, ed ivi indicazioni bibliografiche relative alle regioni meridionali e, in particolare, lucane). Tra le carte di Scotellaro il testo di O Rondinella è riportato anche su un altro foglio, insieme con altri canti popolari tradotti, con la sola minima variante, che evidenzio in grassetto, al verso 1 O rondinella tu che vai per mare, che è lezione metricamente più corretta.

                                                                                                             

O rondinella che vai per mare

fermati quando ti dico una parola.

Tirati una pennuccia dalle ali

e fammela una lettera di amore.

Tutta di sangue io la stamperei

e per suggello metterei il cuore.

 

[1952]

 

E tu rondinell ca vai pi mar

fermat quant ti dich na parol.

Tirat na pinnuzz da lu lat

A facc na lettr all’amor.

Tutte di sangh u la stamparie

e chi sigill ci mannav u cor.

E tu rininedd mia protanil alla nov.

 

Avevi il colore della rosa

 

Tra le carte di Scotellaro non risulta il testo del canto popolare tradotto

 

Quando facevi l’amore con me

avevi il colore della rosa.

Ora che ha sfatto l’amore con me

hai perso il tuo colore, stai malata.

Se hai da fare l’amore con me

prendi il colore dove l’hai lasciato.

Io l’ho lasciato sulla verde spina,

appena sboccia lo vado a pigliare.

 

 

Due rose fini

Il motivo delle ‘due rose è di tradizione quattrocentesca. E’ uno strambotto simile ad altre versioni meridionali, tra cui una di Moliterno e una di Saponara. Riferimenti bibliografici in Bronzini,  p. 387.

 

In mezzo a questa strada c’è un giardino

bisogna chiamare un nuovo guardiano:

le porte son di avorio e di cristallo

e le chiavuzze alla napoletana.

Dentro ci sono due rose fini

pendono tutt’e due dallo stesso ramo.

La piccola mi pare la più fina,

la grande di bellezza il cuor mi brama.

 

[1952]

 

Minz a chèst strat c’è un giardin

ame da chiavar nu nuov guardian:

i purt so d’avol e scristall

e li chiavuzz so alla Naplatan.

Ind ci stann’ dui ros fin

e penden tutt dui all stess ram:

la piccol mi par la chiu fin

la grand di billezz u cor mi brama. 

 

Bronzini, p. 211, mette a confronto Due rose fini con una sestina inedita salentina (trascritta appresso nella colonna di sinistra) e con uno strambotto di Francesco Galeota[iii] (trascritto nella colonna di destra).

 

Vitti do’ rose de nu ramu pendere

nu seppi de le doi quale aggiu amare:

la crande sape ‘ffazza le catine,

la piccinna le sape ‘ncatinare

la crande mena forbici e curtieddhi

la piccinna sajette ‘mbelenate.

Doe belle rose in una spina stanno

nate in un puncto assai teneramente,

doe stelle son che tanto luce fanno

ch’al cielo non è nulla più lucente,

doe angelette per la terra vanno

per far al mondo consumar la gente,

doe belle donne et sole senza inganno

son da due amanti amate lialmente.

 

 

Contro il malocchio

 

Tra le carte di Scotellaro risultano due testi popolari, i cui rispettivi titoli sono di Scotellaro.

 

 

Orazione pe lu piglià d’uocchie de li porci

Occhio contro occhio

tre cornetti a un occhio

scatena quell’occhio

che l’hanno preso d’occhio.

 

[1952]

Uoccho condr’uocchie

tre cornicielli a uocchie.

Scattegne quedd’uocchie

ca t’anno piglià d’uocchie.

 

Orazione pe lu piglià d’uocchie de li cristiane

 

 

Sant’Anna e Santa Lena

Santa Maria Matalena.

Doi uocchie t’anno affeso

tre angeli t’anna auardà

a nome della Santissima Trinità

 

Contro il male al ventre

 

Il tito del canto popolare è di Scotellaro.

 

 

Orazione pe lu mala a la ventre

Donna ingrata donna

l’uomo è bello e caro:

il pesce alla finestra

l’acqua nella paglia,

ogni verme in terra squaglia.

 

[1952]

Donna ngrata donna

l’uomo è bell’ e caro,

lu pesce a la finestra

l’acqua ndà la paglia,

ogni verme nderra squaglia

 

Bronzini, p. 356, riporta la traduzione poetica di Sinisgalli[iv]

Fugge l’acqua sopra la paglia                                                                                                

come fugge l’Onnipotente.

Come s’allenta la tenaglia

ti passerà il mal di ventre.

 



[i] Oscar 2004 = Rocco Scotellaro, Tutte le poesie 1940 – 1053, a cura di Franco Vitelli – Introduzione di Maurizio Cucchi – Edizioni Mondadori, Milano, 2004

[ii] Bronzini = Giovanni Battista Bronzini, L’universo contadino e l’immaginario poetico di Rocco Scotellaro, Edizioni Dedalo, Bari, 1987

[iii] Poeta vissuto nel Quattrocento, compositore di strambotti, brevi componimenti d’intonazione popolare e di contenuto prevalentemente amoroso, ms anche satirico. Il genere poi decadde, ma fu ripreso nell’Ottoceno da poeti come Carducci e Pascoli.

[iv] Leonardo Sinisgalli, La vigna vecchia, Mondadori “Lo Specchio”, Milano, 1956, p. 106

 

 

One Response to Le altre cinque trascrizioni di Rocco Scotellaro di canti popolari

  1. Giuseppe De Rinaldis ha detto:

    Caro Antonio, meriti un grazie infinito per la tua instancabile attività finalizzata al portare a conoscenza di tutti queste preziosità opera di Rocco scotellaro.