Rocco Scotellaro, Il posto
Il posto è una poesia di Rocco Scotellaro pubblicata non ricordo su quale rivista, forse Basilicata di Leonardo Sacco e, quindi, in Margherite e Rosolacci, raccolta curata da Franco Vitelli e pubblicata nella collana Lo Specchio delle Edizioni Mondadori, 1978.
Vi scorsi, leggendola, un pensiero scotellariano, sul quale Rocco era tornato talvolta, anche in conversazioni amichevoli. Ne cito uno dai «Frammenti dell’Uva puttanella»: «La faccia del pane. E’ quella che assume l’impiegato e l’operaio anche, sapendo che andrà a lavoro sicuro, inghiotte saliva fuma e si dice: – Sono a posto, tanto al mese – »[i].
Avevo apprezzato il frammento, ma non la poesia, che non mi piacque, meglio: non l’avevo capita. Quando l’ho riletta nelle Margherite, fui colpito dalla dedica criptica e dalla data della poesia. Sono due elementi che non mi pareva fossero presenti nel testo pubblicato sulla rivista, altrimenti non mi sarebbero potuti sfuggire. La dedica è Senza dedica, che non può non essere riferita allo stesso Scotellaro; la data è Portici 6 gennaio 1953. Era un sabato. Il giorno successivo, domenica 7 gennaio e il lunedì 8 a Tricarico si votava per l’elezione del consiglio comunale[ii], che sarebbe subentrato all’amministrazione eletta nel 1948, di cui Rocco era stato il primo sindaco, seguito dall’avv. Rocco Benevento e dal falegname Nicola Locuoco detto affettuosamente «Porco Giuda», per questo suo frequentissimo intercalare. Di quel consiglio Rocco fece parte fino alla sua scadenza senza fiatare di fronte alla sgangherata campagna elettorale del funzionario comunista che fu comandato di organizzarla e condurla, assistito da uno stuolo di funzionarie mandate a Tricarico dal PCI dell’Emilia-Romagna. Sosteneva dunque il funzionario che l’amministrazione comunale (quella eletta nel 1948, di cui Scotellaro era sindaco fino al suo ingiusto arresto e aveva contnuato a far parte come consigliere per tutta la durata istituzionale) aveva fatto così male che non poteva essere considerata una amministrazione di sinistra, bensì democristiana, e quindi la sua cattiva condotta doveva essere addebitata ad esclusiva colpa della democrazia cristiana.
Rocco venne a Tricarico a votare. Venne, votò e ripartì, non ricordo se la domenica o il lunedì. Io non lo vidi, quasi nessuno lo vide. Della sua venuta, una sorta di blitz elettorale, mi informò Antonio Albanese. Rocco era stato candidato alla Provincia nel precedente mese di maggio e fu sconfitto da Ciccio Menonna; Antonio Albanese mi disse (e ne scrisse nelle sue Memorie, di cui mi fece avere una copia che conservo gelosamente) che Rocco gli aveva confidato di essersene molto risentito e di essere rimasto amareggiato; e ricordai parole che Rocco scrisse ad Antonio il giorno in cui morì: «Senza soldi» «E ho tanto bisogno di aiuto». Aggiungo il rinfaccio di mangiare tonno, considerandolo un cibo prelibato e costoso. Credo che questo sia il modo umano e vero di leggere la poesia, la vera poesia che apre orizzonti all’anima e indica percorsi, in questi caso perduti sotto il dominio della finanza. Ahimé, Marina Valensise, nel suo «Viaggio contromano da Palermo a Napoli via Salento»[iii] ci parla di dolorismo di Scotellaro (solo a non conoscere Scotellaro neppure per sentito dire si poteva adoperare questa parola[iv]) e, restando abbacinata dalle luci delle suite nei Sassi di Matera o del resort di lusso della masseria Giannone di Pisticci, muove a mistificare il contributo di un intellettuale come Scotellaro contro quel vittimismo che ha fatto molto male al Sud.[v]
Il Posto
senza dedica
E ora ti sei messo a posto
tieni il posto e mangi pane.
Piangi piangi cuore contento,
non ti puoi più lamentare.
Hai fatto la faccia del pane
con la crosta e la mollica
ti diverti con la fatica,
con le femmine ti arrangi.
Piangi piangi cuore contento
non ti puoi più lamentare.
Dicevi una volta che quelli dei posti
camminano col culo
e con la faccia di pane.
E’ vero. Quelli fanno finta
di essere chissà che cosa
e fanno finta di essere niente.
Piangi piangi cuore contento
non ti puoi più lamentare.
Poi si sposano e portano la tasche
piene di chiavi ed hanno
figli femmine e maschi
e si chiamano e sono soavi.
Ma tu che hai tradito patria e onore
sei punito e non trovi l’amore,
ma tavola pronta e mangi tonno.
Piangi piangi cuore contento
Finita è la fame, la sete e il sonno.
Portici, 6 gennaio 1953.
[ii] Le elezioni si conlusero con la vittoria della democrazia cristiana e l’elezione a sindaco dell’avv. Giovanni Laureano. La lista di sinistra, col simbolo aratro col cappello frigio, era capeggiata da Giuseppe (Peppe) Mestice, allora studente universitario.
[iv]I nostri dizionari non registrano, in genere, questa parola. Fa eccezione il Battaglia della Utet, che così lo presenta «Teoria dell’ utilità del dolore; ostentazione morbosa delle sofferenze proprie o altrui», con citazioni da Savinio e dal «Viaggio in Italia» di Guido Piovene. Per la verità, «dolorismo» si trova anche nel «Grande Dizionario Italiano dell’ Uso», diretto da Tullio De Mauro (Utet), che lo definisce «pessimismo di maniera, affettato», indicando come riferimento «Quasi una vita» di Corrado Alvaro.
[v] Invito a leggere la corrispondenza tra Manlio Rossi-Doria e Rocco Sotellaro in Manlio Rossi-Dori, Una vita per il Sud. Dialoghi epistolari 1944-1987, Donzelli editore, Roma, pagg. xx-252, € 16,00. Con Scotellaro gli interlocutori di Rossi-Doria sono i maggiori intellettuali del suo tempo: Guico Dorso e Luigi Einaudi, Emilio Sereni e Gaetano Salvemini, Umbero Zanotti Bianco e Pasquale Saraceno e tanti altri.
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Al di là del contenuto questa poesia di Scotellaro é molto bella anche dal punto di vista stilistico. Se la paragoniamo alle prime poesie di Scotellaro ci rendiamo conto di come il suo poetare avesse, con il tempo, subito un’evoluzione. Trovo di gran classe l’uso della rima all’interno di questa poesia. Scotellaro utilizza sapientemente la rima interna al verso già dai primi due versi oltre ad alternare l’uso della rima alternata e della rima baciata. In questo modo la poesia é molto musicale e piacevole alla lettura.