di GIOVANNI RUSSO

 

Corriere della Sera 12 Sett. 2012 p. 35

 

 

Il rapporto con il Sud di Ernesto Rossi ha avuto un ruolo fondamentale nella sua formazione politica e culturale. Questo aspetto poco noto del grande economista è messo in luce in Ernesto Rossi e il Sud d’Italia nel primo Dopoguerra edito da Clueb da Mirko Grasso. Il giovane studioso ha compulsato gli archivi dell’Animi (Associazione per gli interessi del Mezzogiorno), che custodisce l’epistolario inedito del periodo in cui Rossi lavorava in Basilicata, e ci ha restituito, come scrive Simone Misiani nella prefazione, il suo incontro con il Sud facendone emergere il legame tra impegno meridionalista, scelta antifascista e adesione al movimento di Giustizia e Libertà.

Il primo approccio con la disperata condizione sociale del mondo contadino meridionale lo aveva avuto in trincea durante la Prima guerra mondiale dove, arruolato volontario non ancora ventenne, si era trovato a combattere fianco a fianco con i braccianti provenienti dalle regioni più povere del Paese: su cinque milioni e 200.000 combattenti, due milioni erano contadini del Sud. Scrive in una lettera alla madre: «Anche se andrò al fronte come ufficiale, non mi rimprovererò mai il tempo che ho passato come soldato semplice. Se uno volesse levare qualcosa di parecchio brutto dalla società, dovrebbe cominciare a spazzare nelle porcherie del militarismo. Non ho mai visto delle bestie trattate così male».

Ferito al fronte nell’estate del ’17, durante la convalescenza legge il trattato di sociologia di Pareto, che avrà su di lui un’influenza decisiva, e con cui stabilisce un intenso rapporto epistolare.
Dopo la guerra, torna a Firenze, dove nel ’19 incontra Gaetano Salvemini, già celebre per le battaglie antigiolittiane, che come lui stesso scrive «gli ripulisce il cervello», rendendolo consapevole dei pericoli dello Stato accentratore, della struttura semifeudale e dell’oppressione economica del Sud. Tramite Salvemini, prende contatto con l’economista liberale Antonio De Viti De Marco, Luigi Einaudi e Giustino Fortunato. Nel 1921, Umberto Zanotti Bianco, fondatore dell’Animi, su segnalazione di Salvemini lo incarica di recarsi in Basilicata per assistere coloro che intendono emigrare e organizzare scuole per adulti. Le due cose sono strettamente connesse: nelle lettere alla madre e alla madrina di guerra Giuseppina Molea racconta che, poiché gli analfabeti non vengono più ammessi negli Stati Uniti e c’è quindi il rischio di cadere nelle mani di sfruttatori che incoraggiano l’emigrazione clandestina, l’urgenza di creare scuole è sempre più impellente. Visita a questo scopo anche i paesi più piccoli della Basilicata: «Ho girato per alcuni giorni e ho varcato montagne a cavallo di indomiti somari, ho visitato i paesi più desolati e ho ammirato l’utilità delle piazze maggiori in cui i maiali possono intrufolarsi nella melma fino alla pancia». Durante quel periodo scrive articoli per vari giornali fra cui il «Popolo d’Italia», il quotidiano fondato da Mussolini, del quale Grasso ne pubblica alcuni, come «Terra ai contadini» dove fa un confronto con i contadini toscani, che con la mezzadria partecipano ai frutti e alla direzione dell’azienda agricola.

Con il passare del tempo, però, sempre più si fa strada il senso di impotenza e di insofferenza per le condizioni in cui è costretto a operare. Nonostante scriva alla Molea: «Questi ultimi mesi non sono stati perduti per me, perché ho visto molte cose che altrimenti avrei per sempre ignorato e ho fatto la conoscenza di uomini di vero valore che ora stimo ed amo», matura la decisione di tornare a Firenze e accettare l’incarico di segretario dell’Associazione di agraria. Nell’aprile del 1922 lo comunica a Zanotti Bianco che esprime amarezza per la decisione, mentre Salvemini capisce il problema e Giustino Fortunato gli conferma la sua fiducia.

Sia Rossi che Salvemini all’inizio non capirono la vera natura del movimento fascista: quando poi se ne resero conto ne divennero irriducibili avversari, tanto è vero che nel 1925, insieme con Salvemini, Carlo e Nello Rosselli, danno vita al foglio clandestino «Non mollare». Arrestato nel 1930, Rossi è condannato a vent’anni di carcere. Diventerà uno degli esponenti dell’antifascismo democratico, il fondatore con Altiero Spinelli del Movimento federalista europeo e il protagonista delle battaglie civili del secondo Dopoguerra.

 

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