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Topi e condannati è la poesia che chiude la sezione Capostorno, della quale ho dovuto più volte rinviare la pubblicazione su questo blog per la spinta di ragioni contingenti.

Il commento alla poesia porta ad affacciarsi su un orizzonte letterario sconfinato e, in particolare, a guardare a un’opera postuma di Carlo Levi intitolata Le ragioni dei topi. Sapevo della pubblicazione presso Donzelli di questo libro e avevo una conoscenza assai vaga, tale da non provocare interesse a leggerlo. Devo fare ammenda, perché, come scrive Franco Cassano nell’Introduzione al libro «E’ molto improbabile che chi conosce l’opera di Carlo Levi possa stupirsi per l’attenzione che egli dedica agli animali e venga sorpreso dalla circostanza che il suo sguardo si sofferma spesso e in modo non banale su di essi».

Ma la lettura per la pubblicazione sul blog di Topi e condannati e della poesia I topi del 13 gennaio 1953, ha reso ineludibile leggere finalmente questo libro dal titolo così accattivante. Ne accennerò nel prossimo post, col quale saranno immancabilmente pubblicate le due accennate poesie di Scotellaro. Ora devo premettere che un accenno non è insufficiente, è vano: il libro bisogna leggerlo tutto. Questa constatazione mi suggerisce di anticipare la presentazione del libro con una delle diciannove illustrazioni di Carlo Levi che vi sono riprodotte: Rocco con l’asino. Mi sembra l’unico modo significativo.

L’illustrazione, carboncino su carta, porta la data del 1952 e, dunque, è precedente alla notissima fotografia Rocco con l’asino dell’anno successivo. Non è un ritratto, ma il disegno di un artista, che non riproduce i tratti fotografici del soggetto disegnato, ma l’essenza della sua natura. Non è la fotografia di Rocco, ma è Rocco, con l’asino e le donne contadine che fanno da sfondo, come è rimasto nel ricordo e nel cuore di chi l’ha conosciuto e come mi piacerebbe che venisse guardato dagli occhi che non l’hanno mai visto.

 

 

 

 

 

 

 

 

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