Rocco Scotellaro – Margherite e rosolacci
Ritorno all’edizione leviana
Margherite e Rosolacci, nona e ultima sezione della prima parte (1940 – 1949) della raccolta di poesie di Rocco Scotellaro « È fatto giorno », è composta delle seguenti otto poesie, secondo la raccolta curata da Carlo Levi nel 1954 pubblicata nella collana « Lo Specchio » di Mondadori:
ATTESE
Le ragazze aspettano sulle porte
rosse, malariche, bianche
nelle vesti di lutto.
Così forse solo i carcerati
e gli studenti che contano i giorni.
TRILLA L’ALLARME
Si sentono vagiti ruzzolare
da questi gusci, da un pugno di case.
All’alba trilla l’allarme
richiama la campagna
sono tutti sugli usci.
MIETITORI
Hanno alloggiato
sulla nostra piazza un mese.
Il mietitore leccese
è partito per ultimo
con la sua bicicletta da passeggio.
GIOVANI SPOSE
Le nuche pettinate
delle giovani spose
del mio paese.
Nere nere nere.
Vengono nei carretti i forestieri
A prendersi la festa di vederle.
OTTOBRE
L’estate si trascina
i cardi inariditi
e la mosca pusillanime,
le strade sparse di paglia,
il vuoto delle finestre,
il prezzemolo verde ancora
e il garofano nei vasi
ora che Ottobre s’impone.
Ottobre è là: quella nuvola nera
attesa sulla collina
piegata dai tocchi della sera.
(1942)
IL MURO DI CINTA DEI FRATI
C’è una nebbia di mattina,
svaria come l’ombra che porto addosso.
Gli uomini attingono ai bar
un po’ d’acqua calda.
Si danno fumo alle narici
con mezze cicche.
Sono gli sparuti viaggiatori
accasciati che aspettano il giorno.
Ed io vado di là nei quartieri
a figurare il passo
del primo contadino
sotto il muro di cinta dei frati:
ché sospirino in sogno la dolcezza
di questo passo libero!
(1941)
COSÍ PASSEGGIANO I CARCERATI
Così passeggiano i carcerati
e hanno nei fiati i gridi
come volano le rondini ai nidi.
E i morti non si fanno vedere
e Cristo lontano da noi
in questo inferno inane.
E il sangue è ancora caldo nelle reti
del mondo distrutto che parla
picchiando alle nostre pareti.
BIGLIETTO PER TORINO
Torino larga di cuore
sei una fanciulla, mi prendi la mano.
Io mi ero messo in cammino:
mi hanno mandato lontano.
qui, gente che ti sogna come me
nel vento delle Fiat.
Mi hanno coccolato sulle ginocchia
i duri miei padri saraceni,
ridacchiavano alle mie stornellate;
mi facevano saltare come un pupo
le belle donne nere.
Un giorno li vidi piangere,
c’erano dei tuoni scuri nell’aria
e non sapevano piangere
con quelle facce dure.
E io sulla ginocchia cantai un’altra canzone.
Allora mi tennero a terra, dissero:
– Va là, sai camminare da solo.
Con quanta lena me ne sono venuto
a toccare l’azzurro delle tute:
voglio dirlo a quegli altri, ai saraceni.
(1949)
Ritorno alla curatela di Carlo Levi. Assumo l’edizione pubblicata a cura di Carlo Levi nello Specchio mondadoriano, nel 1954 come esclusivo riferimento per la (ri)lettura della raccolta E’ fatto giorno delle poesie di Rocco Scotellaro.
Rileggere contestualmente due edizioni sensibilmente diverse di E’ fatto giorno (Levi 1954 e Vitelli 1982) si è rivelata fonte di disagio, come se si trattasse dell’opera di due poeti diversi e mi sono convinto che bisogna scegliere l’una o l’altra edizione. Non ho dubbi (non perché azzardi giudizi, che non mi competono per la mia assoluta ignoranza in materia) sul maggiore o minore grado di attendibilità filologica dell’edizione di Vitelli, ma per il mio personale rapporto con la poesia di Scotellaro ( che iniziai a conoscere nel 1944 ) che la scelta debba cadere sull’edizione Levi. Osservavo, peraltro, che l’edizione Vitelli fosse oggettivamente favorita dalla sua maggiore disponibilità nelle librerie di famiglia e nelle biblioteche del servizio pubblico. Proponendo la (ri)lettura di E’ fatto giorno tramite questo blog, mi parve quindi doveroso procedere con la contestuale lettura di entrambe le edizioni, perché non potevo non tener conto delle parole adoperate dallo stesso Vitelli nella presentazione del suo lavoro, di aver voluto restituire Scotellaro a Scotellaro. Ma il sentimento m’impediva di rinunciare all’edizione Levi. Io ho qualche anno meno di Rocco, ho avuto rapporti non sporadici con lui e ci univa il fatto che il mio “migliore amico”, Antonio Albanese, fosse anche il suo “migliore amico”. Quando Rocco morì, avevo letto su varie riviste alcune sue poesie e prose o le avevo ascoltate direttamente dalla sua voce. Non ricordo tutto, ma di alcune poesie o prose ricordo momenti e circostanze in cui ne venni a contatto con la lettura o l’ascolto, e sono momenti che rivivo emozionalmente. A giugno del 1954 vivemmo una grandissima emozione nel leggere finalmente il libro delle poesie di Rocco nello Specchio di Mondadori, e di rileggerle ancora a dicembre nel primo Specchio illustrato con le dieci tavole di Aldo Turchiaro, che, da allora, ho letto, riletto e consunto.
Il disagio e l’imbarazzo, che in questi mesi ho provato leggendo contestualmente le due edizioni, mi hanno indotto a rileggere qualche intervento critico sull’opera di Vitelli, a cominciare dalla Storia e preistoria dell’edizione leviana di E’ fatto giorno di Gigliola De Donato, in Scotellaro trent’anni dopo, Atti del Convegno di studio Tricarico – Matera 27 – 29 maggio 1984, Basilicata Editrice, pp. 311 – 340. Nello stesso volume (p. 187) si può leggere anche l’imbarazzo del prof. Ennio Bonea (1924-2006), professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Lecce, nella sua relazione «Le ideologie di Scotellaro». « Era tempo – scrive Bonea – che, a circa trent’anni dalla prima pubblicazione, si provvedesse a ripresentare un libro divenuto introvabile; sia lode dunque a Vitelli; ma non posso nascondere il mio imbarazzo, quando ho rilevato che l’«Oscar», anziché essere riproduzione in veste più modesta e a prezzo più contenuto di un testo più elegante tipograficamente e più costoso[1], è un’edizione «accresciuta» e, sul piano filologico, atipica: non è critica né diplomatica.
Dico queste cose, avendo sperimentato la pratica difficoltà di studio nello svolgere il mio corso universitario, perché a uno studente in possesso della vecchia edizione, non ho potuto opporre l’autorità non indiscutibile della nuova, per la prevalenza scientifica di un’edizione rispetto all’altra».
Molto severo il giudizio che si può leggere in uno scritto online di Giovanni Caserta, scrittore e storico materano (http://www.miglionicoweb.it/santagnese/scotellaro_caserta.htm). Scrive Casera: « Questa nuova edizione di E’ fatto giorno, purtroppo, dette della poesia di Rocco Scotellaro un’immagine assai diversa e molto lontana da quella conosciuta per il tramite di Carlo Levi, poiché non teneva conto del fatto, assai normale, e persino ovvio, per cui l’opera che conta è quella che esce dalla casa editrice e non già quella presentata dal poeta. La nuova edizione di E’ fatto giorno, perciò, se da un lato aprì una vivace e interessante querelle di natura filologica, dall’altro decretò la morte letteraria di Rocco Scotellaro, che scomparve da tutti i manuali di letteratura e persino dagli studi specifici riguardanti il Novecento. Questo silenzio si vorrebbe oggi rompere, in occasione del cinquantenario della morte e dell’ottantesimo della nascita; ma l’operazione di rilancio e recupero, se vuole avere successo, deve partire proprio dalla riproposizione dell’edizione leviana di E’ fatto giorno, che ormai è opera di antiquariato e assolutamente irreperibile. Lì è lo Scotellaro che conta: quello che può tornare a vivere, e che si conobbe per primo e per vero ».
Se l’edizione leviana è opera di antiquariato irreperibile, può essere rilanciata sul web. Mi dispiace essermi fatta sfuggire l’occasione, che con questo post sto recuperando, e mi propongo anche di recuperare le precedenti otto sezioni dell’edizione leviana.
Non si dimentichi, tuttavia, la lode resa a Vitelli dal prof. Bonea per la sua edizione, che io voglio qui ricordare per l’impostazione tipografica escogitata, che consente di recuperare l’edizione leviana, e utile per le accurate note che la impreziosiscono. Ma va resa grande lode a Vitelli per aver recuperato e donato tutto Scotellaro, circa 500 poesie con datazione completa, a fronte delle 130 di E’ fatto giorno.
Nella nota alla bellissima Prefazione di Carlo Levi alla sua edizione si legge: « La presente raccolta delle poesie di Rocco Scotellaro rispetta sostanzialmente quella che egli stesso aveva fatto nel 1952, a cui sono state aggiunte le poesie posteriori. Nelle sue carte abbiamo trovato un gran numero di altre poesie, di frammenti, di varianti: ci proponiamo di pubblicare al più presto la raccolta completa della sua opera poetica ». Quel “al più presto” annunciava, forse Levi stesso inconsapevole, un tempo troppo lungo non solo per la nostra ansia di conoscere tutto Rocco. Va resa (ancora) lode a Franco Vitelli (e a Giovanni Battista Bronzini) di aver preso in carico tutto il materiale disordinatamente lasciato da Rocco, con appunti su scatole di cerini, risvolti di ricette e di pacchetti di sigarette e materiali analoghi, di averlo ordinato, studiato, commentato e pubblicato. Passarono ventiquattro anni, era il 1978, quando Vitelli pubblicò, ancora nella collana « Lo Specchio » la raccolta Margherite e rosolacci, della cui gestazione mi parlava spesso Mazzarone e talvolta mi accennava lo stesso Vitelli. Apprezzai molto la sensibilità di Vitelli nel pensare a quel titolo per la nuova raccolta di poesie, titolo legato a quello di una sezione di E’ fatto giorno, che evoca un gioioso squarcio di campagna tricaricese con i papaveri (rosolacci) e le margherite. Ritenni che E’ fatto giorno e Margherite e rosolacci costituissero il corpus poetico completo di Scotellaro. Il corpus si è infine completato con la pubblicazione nell’Oscar Mondadori del 2004 di tutte le poesie di Scotellaro successivamente rinvenute (ma Vitelli non si chiude alla speranza che altre poesie possano essere scoperte).
Come si è visto, Ottobre, Il muro di cinta dei frati e Biglietto per Torino sono datate. Le prime due sono poesie giovanili, rispettivamente del 1942 e 1941 (Rocco aveva, rispettivamente, diciannove e diciotto anni). Biglietto per Torino è del 1949 e dalle Note all’edizione Vitelli del 1982 si ricava che è dedicata ad Annetta Levi. Annetta Levi, secondo si desume dalla lettura del libro Un torinese del Sud: Carlo Levi di Gigliola De Donato e Sergio D’Amaro, Baldini e Gastoldi, 2001, era la figlia di Carlo Levi e della sua compagna Paola Levi.
Nell’Oscar del 2004 Il Muro di cinta dei frati reca la data del 1944 a fronte del 1941 riferita da Levi..
Lascio tutte otto le poesie al piacere della lettura, senza appesantirla del mio commento. Mi limito a ricordare che alla poesia I mietitori avevo dedicato un precedente post: http://antoniomartino.myblog.it/archive/2012/03/14/poesie-dialettali-u-metetore.html
L’edizione Vitelli contiene in questa sezione una nona poesia:
Dopo la vendemmia:
Una finestra (due scarpe scucite
un cesto di vimini
un fiore marcito) chiusa.
Quando il sole tremava alle porte
col suo battito enorme!
Ferisce l’aspro gusto ora di pioggia,
cala sull’ombra dei cesti svuotati,
gli uccelli si ammalano sotto il tegolo.
(1941)
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