In memoria del Presidente Emilio Colombo: ricordo di una giornata ferrarese nel Cinquantesimo anniversario della Riforma agraria
Ho saputo con qualche giorno di ritardo la dolorosissima notizia della morte del presidente Colombo. Gli avevo telefonato appena dopo aver letto sul Corriere della Sera la notizia dell’imminente uscita del libro-intervista con Arrigo Levi. Egli non aveva ancora dato una scorsa ai giornali e si informò sul contenuto dell’articolo. Poi aggiunse: «Levi mi ha strattonato a più non posso e, alla fine, ho dovuto cedere. Non avevo voglia di riordinare i ricordi e i documenti. E mi mancava pure l’energia!». Gli feci notare che non era credibile la mancanza di energia, dopo l’autorevole prova che aveva dato con la presidenza per l’insediamento del Senato e l’elezione del presidente. Pensai a una sua punta di civetteria. Appresa la notizia della morte, ho capito che, invece, doveva già sentire che la vita gli stava sfuggendo.
Io ho avuto col presidente Colombo un rapporto costante nel lungo corso delle nostre vite, anche se non sono mai stato suo amico di corrente. Fin quando sono stato in Lucania, egli si era impegnato a che nella nostra regione il partito non si dividesse in correnti. Ci spiegava che un partito che otteneva la maggioranza assoluta dei voti, stretto tra due estremismi, si doveva fare interprete di tutta quanta la realtà politica della regione e in esso necessariamente dovevano circolare diverse correnti di pensiero. Ma guai a dividersi in correnti organizzate. L’irrompere nefasto delle correnti, secondo me, è stata, poi, la storia della DC anche in Lucania, come nel resto d’Italia. Il presidente mi ha onorato della sua amicizia ed è stato per me un Maestro. Un rapporto fatto di incontri quando se ne presentava l’occasione o almeno di telefonate per i rituali auguri, tra i quali non sono mai mancati gli auguri per il suo compleanno, l’11 di aprile, lo stesso giorno del compleanno di mia moglie. Ogni volta si raccomandava che non li contassi i suoi anni.
Tra gli incontri ricordo due tristissime occasioni: i funerali di Roberto Ruffilli, e di don Giuseppe Dossetti. Non so spiegarmi come ci fossimo potuti incontrare in quella marea di gente, che riempiva il duomo e la piazza antistante il duomo, a Forlì per piangere e pregare per Ruffili, vigliaccamente ucciso dalla follia criminale delle BR e a Bologna per partecipare alla Messa Esequiale per il Grande Profeta di Monte Sole. Il presidente apprezzava la mia presenza. «Mi piace vederti onorare i nostri morti con la presenza e la preghiera». Gli chiedo scusa se sono mancato al suo funerale.
Il ricordo che, per ora, voglio lasciare su questo blog, è la sua partecipazione, il 1° dicembre 2001, a una giornata per la presentazione di una Ricerca per il Cinquantesimo della Riforma Agraria, organizzata dall’Istituto di storia contemporanea di Ferrara, di cui ero presidente pro-tempore, su iniziativa dell’Assessorato provinciale all’Agricoltura.
Il presidente aveva avuto un rapporto speciale con la riforma agraria, come è ovvio e noto, essendo stato il sottosegretario del ministro dell’agricoltura Antonio Segni, nonché protagonista in proprio della Bonifica delle Valli di Comacchio. Egli, inoltre, ha avuto anche un rapporto personale con questo territorio, avendo svolto il servizio militare a Ravenna, come racconta nel libro-intervista, e precisamente nella frazione Sant’Alberto di quel capoluogo, con puntate di servizio a Comacchio.
Dopo le elezioni del ’48 si tenne a Ferrara un grande convegno di agricoltori, al quale fu invitato in rappresentanza del governo, quale sottosegretario all’agricoltura. Quando salì sul palco per tenere il suo discorso, attorno a lui si creò una gelida atmosfera di estraneità e il sindaco comunista di Ferrara, che era una donna, Luisa Balboni, nei saluti e ringraziamenti che espresse a nome della Città, ignorò il rappresentante del governo. A questo episodio si accenna a pag. 69 del libro-intervista, dove il presidente aggiunge che ebbe tuttavia la soddisfazione, molti anni dopo, nel corso dell’accennata cerimonia per il 50° anniversario della riforma agraria in provincia di Ferrara, di essere ringraziato dal presidente della provincia, che ricordò sia il suo lavoro accanto a Segni ministro, sia il fatto che, a sua volta, come ministro, era stato nel 1957 autore della legge 600 sulla bonifica dei terreni della Valle di Comacchio. Ed è per questo accenno e per questa soddisfazione del presidente che ho pensato di dedicare questo mio primo ricordo (altri ne seguiranno) alla suddetta cerimonia del 1° dicembre 2001.
La sera precedente andai a riceverlo alla stazione di Bologna. Durante il viaggio per Ferrara s’informò subito se, come mi aveva raccomandato, avevo organizzato una serata riservata e tranquilla. «Sono anche molto stanco – mi disse –.questa mattina, dopo nove anni, sono rientrato per la prima volta in Aula. E’ stata un’emozione. Per tutta la mattina ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi e ho preso appunti. Nel pomeriggio ho affrontato questo lungo viaggio … ». A Montecitorio il presidente della Camera Pierferdinando Casini e del Senato Marcello Pera avevano convocato per quella mattina del 30 novembre 2001 politici, giuristi, imprenditori e sindacalisti per «riflettere» sul futuro dell’Unione europea. Il Consiglio di Nizza aveva suggerito a tutti gli Stati momenti di dibattito. L’ Italia arrivava terza dopo Spagna e Francia. Colombo era stato invitato come ex presidente del Parlamento europeo. «Casini, al mio ingresso in Aula, mi ha rivolto un indirizzo di saluto, al quale l’assemblea ha risposto con un lungo applauso» – mi riferì. «Mi sono commosso. Ma poi, che vedo? C’era il presidente della Repubblica, ma non c’era il presidente del Consiglio. …E chi c’era?». Vista la mia titubanza a dare la troppo ovvia risposta, aggiunse: «C’era l’on. Fini». «Mbè! – osservai – Fini, è il vice presidente del Consiglio». «Ma Sturzo è andato in esilio e De Gasperi in galera! L’hai dimenticato?» Che lezione!
A cena eravamo in cinque. Il presidente mangiò anguilla alla piastra, un piatto squisito, che si può mangiare solo a Comacchio, dove con le anguille si vive in comunione, e nelle zone del Delta. Disse che aveva apprezzato quel piatto quando faceva il servizio militare a Sant’Alberto e a Comacchio, e non si lasciava sfuggire l’occasione di mangiarne ora che era a Ferrara. Ci fermammo a chiacchierare fin oltre l’una.
Il convegno era stato organizzato nel cuore della Bonifica, nel castello estense della foresta della Mesola, Riserva Naturale nel Parco del Delta del Po, con una superficie di 1.058 ettari, che rappresenta uno degli ultimi e meglio conservati residui di bosco di pianura, memoria delle antiche foreste che si trovavano fino a qualche secolo fa lungo la costa adriatica.
Durante il viaggio da Ferrara fui preso dall’ansia. Avevamo pensato al bel panorama delle opere di bonifica e di irrigazione, alle grandi trasformazioni territoriali, all’incantesimo dello spettacolo delle valli, al Gran Bosco della Mesola e alla maestosa sala del castello estense, dove si sarebbe svolto il convegno, ma non avevamo pensato che, probabilmente, ben pochi, o nessuno, tranne i relatori, avrebbero raggiunto il luogo convenuto in una giornata d’inverno, nella zona più nebbiosa della Valle Padana. Quando arrivammo al castello ed entrammo nella grande sala apprestata per il convegno (rimasta gelida, nonostante che fosse riscaldata da due giorni), potetti tirare un sospiro di sollievo: la grande sala era colma e il presidente fu accolto da una vera ovazione.
Di quella giornata voglio ricordare tre momenti, mediante i brani di tre interventi, che sintetizzo come 1) discorso della nostalgia, 2) discorso della riforma e della bonifica, nonché di presentazione del grande statista autore dell’una e dell’altra opera, 3) discorso di autocritica di un comunista.
Il discorso della nostalgia fu il mio. Riconosco che mi lasciai prendere la mano e che esagerai. Non c’era nulla di esagerato in ciò che dissi: esagerati furono l’emozione e il tempo che dedicai ai ricordi e l’impegno di unire culturalmente e politicamente aree depresse come le valli di Comacchio e la mia provincia di Matera. Esagerato è ora lo spazio che mi prendo, sovrastando di molto quello che dedico agli altri due brani. Di questa prevaricazione mi scuso.
[ … ]Non posso però nascondere a me stesso una profonda emozione, da cui so benissimo che non debbo lasciarmi prendere. Ma sto vivendo un sentimento che mi comunica suggestioni e analogie che si stabiliscono nel profondo tra mondi lontani e separati e forse mi suggerisce anche l’idea che non bisognerebbe distogliere lo sguardo, nel compiere la ricerca, dalle altre realtà in cui hanno operato la legge Stralcio, gli enti di riforma, poi di sviluppo, e infine le Regioni; che, insomma, non bisognerebbe perdere di vista l‘unità della legge Stralcio. Ciò mi incoraggia ad aprire un piccolo varco ai miei sentimenti, a rischio, e anzi con la consapevolezza di scarti e squilibri e di concedermi un fuori tema.
Prendere la parola in un’ assemblea a cui sta per parlare il Presidente Colombo mi riporta indietro ai miei vent‘ anni e alla mia terra. Erano gli anni del mio impegno politico militante nella Democrazia Cristiana, cessato quando emigrai al Nord. Non poche volte in quegli anni presi la parola in affollate assemblee o in comizi, in piazze gremite, per annunciare un discorso dell‘ on. Colombo. Nella giornata ricordata dal presidente Dall‘ Acqua ero presente al San Carlo di Napoli.
Il giovanissimo Emilio Colombo, in Lucania, già in periodo fascista, quando non ancora De Gasperi aveva fondato la Democrazia Cristiana, era conosciutissimo nel mondo cattolico, per la sua attività nell‘ Azione Cattolica. Si esprimeva già da allora, nell‘ Azione Cattolica, quella che è stata per tutta la sua vita – e credo che lo sia ancora – la cifra della sua attività pubblica o politica in senso lato. lo sono testimone che non c‘è strada della Lucania che egli, a partire per l’ appunto, dall’impegno nell’ A.C., non abbia solcato o volto di lucano che non abbia guardato negli occhi, stringendogli la mano. Una fitta rete di rapporti umani, il sentire profondamente la responsabilità di una democratica rappresentanza. A questa cifra penso che si possa ascrivere anche 1’intervento a questa nostra giornata.
Erano gli anni in cui, nel dibattito politico, era prevalente la questione agraria, con la Riforma Fondiaria e con i patti agrari. La politica agraria nel nostro Paese era affidata alla responsabilità dell’on.Colombo. Il dibattito era intenso e appassionato, non solo nelle frequentatissime sedi dei Partiti, e gli scontri erano violentissimi. Ne erano coinvolte anche l‘arte e la poesia, ne era coinvolta la vita stessa, cioè si esprimeva uno stato irripetibile di democrazia allo stato nascente. Come nel Delta – e ne avremo una testimonianza a conclusione di questa giornata con la proiezione del film di Florestano Vancini – un’analoga atmosfera avvolgeva il paesaggio e l‘umanità così diverse della mia Lucania. Gli accadimenti di quel periodo e l’evento Riforma Agraria richiamarono antropologi e sociologi d‘oltre Oceano, le cui opere sono state per decenni testi di Antropologia culturale nelle Università americane. Vi furono richiamati anche studiosi italiani, tra cui il giovane sociologo bolognese Achille Ardigò e intellettuali del calibro di Giorgio Seriani Segrebondi e Felice Balbo. A parte, s’intende, la presenza di Manlio Rossi Doria. Gli studiosi americani, attraverso la penetrazione di un‘arcaica società lucana, che qualcuno chiamò civiltà contadina aprendo una feroce polemica nella sinistra, cercavano di capire, non sempre riuscendoci fino in fondo, anzi assumendo talvolta qualche atteggiamento ingiusto e ingeneroso, forse a causa di una piatta lettura del Cristo si è fermato a Eboli – cercavano di capire, dicevo, un mondo radicalmente diverso da quello delle grandi civiltà dell’Occidente, un mondo che, proprio perché rivolto al passato, si manifestava come un insieme di vite, di ambienti, di riti, di atteggiamenti alternativi agli occhi di chi proveniva da mondi ed esperienze lontani. Ad essi però si deve il riconoscimento di uno sforzo intellettuale e dimostrativo svolto per favorire una migliore conoscenza di una Regione del Mezzogiorno d‘Italia sentita come una sorta di “terra promessa”, addirittura come una categoria dello spirito. Come in un crogiuolo si fondevano poesia e impegno politico. E’ d’obbligo il ricordo dell’ opera e della vita di Rocco Scotellaro. La sua opera poetica più significativa si intitola E’ fatto giorno, per salutare l’irrompere delle classi emarginate e dei braccianti nella storia e sulla scena della democrazia […].
Oggi è forse possibile capire meglio lo sforzo che lo Stato repubblicano compie in quegli anni, in modo organico e massiccio, con la Riforma Agraria e attraverso la realizzazione dell’intervento straordinario. Un impegno ricco di contenuti, sorretto da una progettazione amministrativa e legislativa avanzata, proteso verso obiettivi di modernizzazione e di sviluppo, proteso, non da ultimo, a mettere fine allo scandalo e alla vergogna dei Sassi di Matera, oggi patrimonio dell‘Unesco, il cui risanamento fu avviato da una legge che porta il nome del giovane deputato lucano Emilio Colombo. Per capire quello scandalo forse non basta leggere la stupenda terribilmente veritiera descrizione di Carlo Levi. [ … ].
Il discorso della riforma e della bonifica fu pronunciato dal presidente della provincia Piergiorgio Dall’Acqua, che Colombo ha voluto ricordare nel suo libro come soddisfazione ricevuta, con un ritardo di mezzo secolo, in risarcimento della sgarbata accoglienza riservatagli nel 1948 dalla maggioranza comunista ferrarese.. Si tratta di un discorso denso di contenuti e completo, per il quale mi rimetto al ricordo che è tracciato nel libro citato. Aggiungo la parte finale, dedicata al ringraziamento personale a Colombo.
[…] Ma prima di concludere permettetemi di rivolgere un ringraziamento sincero e commosso al Presidente Colombo. La sua testimonianza è preziosa e unica. La sua presenza ci onora.
L‘ On. Colombo è stato Sottosegretario all‘ Agricoltura, con Antonio Segni Ministro, dal 1948 al 1950, quindi durante la progettazione della Riforma e la progettazione per il varo della legge Stralcio e della legge Sila. Tornò al Ministero dell‘ Agricoltura, come titolare, nel 1955 per rimanervi fino al 1958. Come ministro fu l‘autore della legge n. 600 del 1957 relativa alla bonifica dei territori vallivi del Delta.
L‘anno prima, nel 1954, aveva trionfato allo storico Congresso di Napoli della Democrazia Cristiana, che realizzò il cambio della dirigenza di provenienza popolare con la nuova generazione di cattolici democratici, di cui era leader Amintore Fanfani. Quella giornata di Colombo al Congresso di Napoli l’ha ricordata recentissimamente Montanelli in una delle sue ultime stanze. “Si dicevano – scriveva Montanelli – di che cosa ci parlerà se non di caciocavalli questo giovanottino che viene dalla Lucania? Di che altro può intendersi. Colombo, prosegue Montanelli, incantò tutti col linguaggio accorato di un grande meridionalista che ama la sua terra e con la competenza di un economista di razza vissuto tra le ciminiere della Ruhr“, Fu il primo degli eletti, prima dello stesso Fanfani.
L’ultima volta che ho visto e ascoltato Colombo è stato in occasione di una vicenda drammatica del mio Partito, della quale ovviamente non farò cenno. Colombo – fuori oramai dall‘agone politico – venne a dare la sua testimonianza, che fu determinante. Si espose e si assunse le sue responsabilità per pura generosità.
Così generosa è la sua partecipazione a questa nostra giornata. Penso al sacrificio e al disagio che ha dovuto affrontare per donarci la sua presenza e la sua testimonianza. Grazie!
Particolarmente significativo, coraggioso e onesto fu il discorso autocritico di un ex-comunista segretario della federazione comunista di Ferrara, l’on. Alfredo Sandri, deputato eletto nel collegio di Comacchio e, alla Camera, iscritto al gruppo dei Democratici di Sinistra – l’Ulivo. Occorreva straordinaria onestà intellettuale perché un ex comunista, che continuava il suo impegno politico dai seggi del Parlamento in continuità con la storia del suo movimento politico, dichiarasse che «Dal punto di vista politico la Riforma ha visto l‘irrompere della cultura riformista, rispetto al massimalismo che era il filone politico culturale di questo territorio…»
Suggerirei all‘assessore Nardini (assessore all’agricoltura della provincia di Ferrara, n.d.r.), che è l‘ideatore di questo tentativo di ricostruire, di dare sistematicità a una esperienza straordinaria quale la Riforma e soprattutto di avere una fonte dalla quale poter ricevere insegnamenti, un quarto filone di ricerca. L‘esperienza straordinaria della Riforma di cui oggi si è parlato in termini di testimonianze, che hanno evidenziato il frutto del lavoro svolto da persone, che hanno partecipato alla trasformazione di una parte del territorio della provincia di Ferrara, si può definire praticamente un secondo rinascimento. Come gli Estensi hanno trasformato Ferrara così il Basso Ferrarese è stato trasformato dalla Riforma. E‘ stata introdotta la cultura dello stato moderno all’interno del nostro territorio perché almeno in una parte, il basso ferrarese, appunto, per le sue condizioni, era stato tagliato fuori. Dal punto di vista politico la Riforma ha visto l‘irrompere della cultura riformista, rispetto al massimalismo che era il filone politico culturale di questo territorio viste le sue origini: l‘ emarginazione di una parte delle classi sociali. Si tratta dello stato moderno e della cultura riformista che entrano nella nostra provincia: una grande operazione che è giusto indagare e consegnare alle nuove generazioni. Credo sia stata anche una grande operazione di governo intelligente che ha voluto la trasformazione dal punto di vista economico e sociale di un territorio.
Quando poc‘ anzi parlavo di un quarto filone di ricerca, questo consiste nell‘andare a capire ed indagare quanto può esserci di utile di quell‘ esperienza, quanto di ciò che è stato fatto può essere tuttora utilizzato per completare l‘opera, perché naturalmente non è ancora del tutto finita. La Riforma di allora ci ha consegnato un distretto agricolo straordinario, poi espliciterà ancor meglio di me, Tampieri (assessore all’agricoltura della regione Emilia-Romagna, n.d.r.) quanto vale il distretto agricolo del ferrarese nell‘ agricoltura regionale … .
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