L’UVA PUTTANELLA, Parte III, Cap. II__Chiellino
La narrazione dell’esperienza carceraria è rappresentazione di una umanità di picari, ribelli e piccoli malavistosi, che dà s Rocco sapore e forza e capacità di resistenza. I tipi descritti – Chiellino, al quale è dedicato il capitolo secondo della parte terza dell’UP, e, poi, l’anarchico Giappone, il cavaliere Carritelli, il ladro sifilitico Brancaccio …, che sfileranno nei prossimi capitoli, non hanno più discendenza in una società mutata fino all’irriconoscibilità.
Chiellino, come lo si incontra nel primo capitolo, è il primo, la mattina, a balzare dal letto, fare ginnastica – egli è alto – e percorrere i pochi passi per recarsi al gabinetto, aperto sopra, come una sorta di pultpito, con l’entrata avanti dove si mette la coperta, per porta, quando viene occupato, accorrendo «con l’asciugamano e il sapone e le schede della Sisal, che la Direzione passa ai carcerati per carta igienica.
Quando arriva la caldaia del caffè, «lo avesse mia moglie _ fa Chiellino …». Chiellino ha il pensiero della moglie e dei figli. Quando lui era a casa, anche se era disoccupato o guadagnava poco o niente, i primi frutti, avesse o no danaro, li sapeva procurare per moglie e figli. Quietava il cane messo di guardia con un laccio delle scarpe, di pelle di cane, che annodava tredici volte, dicendo una giaculatoria a San Donato. Ma Chiellino «era onesto»: dopo aver raccolto i frutti, snodava il laccio e il cane nella notte riprendeva ad abbaiare, altrimenti sarebbe morto.
Durante la passeggiata, gli altri carcerati chiedevano a Rocco: «Stai bene alla Settima? Se no, vieni con noi». Chiellino rispondeva «Lo tengo vicino a me […], domani ti lavo la roba, tu scriverai a mia moglie».
Rocco e i suoi compagni nel carcere sono «uccelli frenetici» (cap. IX); e il carcere, a sua volta, «era un nido nela chioma del cielo» (cap. VIII), donde spiccavano il volo i sogni dei carcerati.
Il secondo capitolo inizia col sogno di Chiellino – esperto di magia e interprete dei sogni – e si conclude con la richiesta a Rocco di scrivere la lettera alla moglie.
Ho sognato. Trebbia, giornali e treni. Significa che va alla lunga, è malamente: controllo di uomini, per la propaganda. Da quando ero militare studiavo i sogni e se dicevo che non andavo in licenza, così era.
Chiellino interpreterà anche il sogno di Rocco, che leggeremo nel capitolo VI.
Egli nominava la bicicletta sempre insieme a sua moglie, «alla signora Chiellino Filomena, via Margherita di Savoia, sette, Pisticci». Con la bicicletta faceva il portaordini, «andava dai salariati di San Basilio, si riassettava: – Fosse passato Tizio? lo vado cercando -, e quatto quatto , traeva uno in disparte: – Lo sciopero scoppia domani».
Chiellino porge a Rocco la lettera della moglie, che gli dice degli scherzi del bambino, e gli dice che debbono rispondere con belle parole e incoraggiarla. E così dicendo, si lecca le labbra. Questa immagine di tenero e disperato erotismo chiude il capitolo.
Parte terza
[Il]
Chiellino mi toccò: – Ho sognato. Trebbia, giornali e treni. Significa che va alla lunga, è malamente: controllo di uomini, per la propaganda. Da quando ero militare studiavo i sogni e se dicevo che non andavo in licenza, così era.
Ero uscito dal carcere e andavo all’acqua sotto il gran crivello della trebbia, pare che i rubinetti gettino acqua. Da un lato all’altro senza riuscire a prendere acqua. Allora abbiamo ragionato: Quanti chilometri è da qua a tale paese? Eh, dice, sono circa sedici, però devi far subito, se no viene rinforzo, altro che te ne sei scappato dal carcere. Sentendo così, mi sono riparato in un vigneto di tanti colori, dai muraglioni alti. Su un muraglione mi sono fermato per sapere la strada, me l’hanno fatto vedere: O Gesù, quanto devo camminare!
Allora se tu riesci a saltare da un muraglione, fra un’ora deve passare un treno merci e subito dopo il merci, il diretto. Fai cosi, passa un carro, tu salti nell’incassata e ti dicono la scorciatoia della stazione. Casi ho fatto. Il carrettiere disse lo stesso: non ti far veder, cammina a piedi. Dai e dai, arrivava il merci, vicino ho visto un giovanotto con un fucile a una canna: non aver paura, bello mio, ho sbagliato la strada. No e non ti faccio nulla.
Mentre trapassavo per andare in galleria, là mi sono spaventato. La paura è buona, e mi sono svegliato
– E la bicicletta, la bicicletta non la tenevi?
– Prendetela a fesseria, questo è vero. Tu mi credi?
Gli credevo. Con la bicicletta però, che nominava sempre insieme a sua moglie, alla signora Chiellino Filomena, via Margherita di Savoia, sette, Pisticci, con la bicicletta, ora appesa al chiodo, polverosa, egli andava dai salariati di San Basilio, si riassettava: – Fosse passato Tizio? lo vado cercando -, e quatto quatto , traeva uno in disparte: – Lo sciopero scoppia domani.
Questo solo sapeva dire e fare il portaordine con entusiasmo, come la sua parte in una grande scena.
E da San Basilio altrove per la litoranea, e sui tratturi.
– Posso dirlo forte, con la mia bicicletta portavo la bandiera, voglio dire che non mi batteva nessuno. Non diciamo niente a questi, il processo è in piedi da un anno, è meglio fingere – mi confidava.
Il suo berrettino a maglie di cotone lo rendeva più agile di quanto fosse, se lo menava sulle orecchie, sulla nuca quando era costretto a pensare e non c’era lavoro per le mani in camerata, o raccogliere carte o mettersi a lavare i panni e le lenzuola mie e sue, o addossare alle pareti le brande.
– Vedi questa lettera, qui mi dice gli scherzi del bambino, sì, è questa, leggila, dobbiamo rispondere con belle parole e incoraggiarla – disse leccandosi le labbra.
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