Rocco SCOTELLARO, FRAMMENTI ED EPIGRAMMI
rocco scotellaro, frammenti ed epigrammi
Con la pubblicazione di 33 frammenti e 10 epigrammi di Rocco Scotellaro Rabatana completa la pubblicazione della sua opera poetica e narrativa, in parte commentata con note stravaganti, ossia fuori del comune, in quanto divagano lontano dal campo letterario non di mia competenza e puntano l’occhio su personaggi e contrade ed eventi tricaricesi.
Il progetto è stato di mettere in rete, a disposizione di tutti quindi, in forma organizzata e ordinata una pila di libri di Scotellaro esposti in ogni contrada. Libri telematici, tuttavia, non stampati su carta, rivedibili correggibili e incrementabili, per quanto sarò capace, giacché mi riconosco semianalfabeta digitale.
L’opera poetica è sostanzialmente quella dell’Oscar a cura di Franco Vitelli del 2004, che comprende tutte le poesie. Dico sostanzialmente essendoci due differenze. Una è che l’Oscar giustamente assume l’edizione Vitelli, che, oltre ad apportare varianti minori all’originaria edizione di È fatto giorno, da questa ha espunto 35 liriche, raccolte in una Appendice. Rabatana ha invece assunto l’originaria edizione di Levi, naturalmente priva delle 27 poesie incluse nell’edizione Vitelli.
La seconda differenza riguarda le Traduzioni, che nell’Oscar sono una sezione delle Margherite, e su Rabatana una sezione autonoma di nove (e non otto) traduzioni, essendo stata qui inclusa O fons Bandusiae, che fa parte di È fatto giorno secondo entrambe le edizioni. Una licenza che mi sono presa in omaggio al più grande poeta lucano e della romanità.
Riassumendo, l’edizione poetica è composta di: È fatto giorno (135 liriche), Poesie incluse (27), Margherite e Rosolacci (236), Traduzioni (9), Frammenti (33) ed Epigrammi (10), Trascrizioni (10), Stornelli (4) e Poesie Dialettali (5) raccolte nella sezione Canti popolari.
La narrativa è rappresentata dalle tre opere principali, tutte tre commentate, L’uva puttanella, Contadini del Sud, Uno si distrae al bivio. Manca Giovani soli, pubblicato a cura di Rosaria Toneatto, Basilicata editrice 1984. Non posseggo il volume, che neppure è rinvenibile nel sistema bibliotecario della regione in cui abito. «Giovani soli» comprende alcuni tentativi teatrali e di sceneggiatura cinematografica. Il titolo deriva da un omonimo abbozzo di dramma, scritto tra il 1942 e il 1943, diviso in tre atti, i cui protagonisti sono studenti afflitti da uno struggente sentimento di solitudine. «La morte del suggeritore», scritto nel 1943, contiene una situazione di teatro pirandelliano. Pure del 1943 è «Il ritratto», nel quale la scena si svolge nel mondo contadino di Tricarico. «I fuochi di San Pancrazio» sono un soggetto cinematografico, alla cui stesura collaborò anche Carlo Levi. (V. Rosaria Toneatto, Scotellaro drammaturgo in AA.VV., Scotellaro trent’anni dopo, atti del Convegno di studi (Tricarico-Matera 27-29 maggio 1984), Basilicata Editrice, 1984, pp. 92 ss.).
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Nove dei dieci epigrammi, escluso La carogna, sono stati pubblicati da F. Vitelli in Un poeta come Scotellaro, Edizioni della Cometa, Roma 1994.
Vitelli, in Nota al testo dell’Oscar 2004, p. xxxv, da cui ricavo questa nota, riferisce che gli epigrammi, pervenuti in due fogli dattiloscritti non autografi, portano il titolo complessivo Paese, assegnato da Levi. In effetti si trovano delineate figure tipiche cui corrisponde un mestiere, ovvero, in due casi (La carogna e Il lutto) la condizione di immobilità e frustrazione del mondo contadino. Concetto, quest’ultimo, che si trova espresso in La ginestra con più fedele aderenza al detto popolare («Le fatiche, e le spighe e le viti in gola al vento»). Visti insieme, gli epigrammi farebbero pensare a una composizione concentrata in un tempo limitato, quasi per l’esecuzione di un preciso progetto.
La carogna è pubblicato con varianti in una lettera ad Amelia Rosselli, in Franco Vitelli, Il granchio e l’aragosta. Studi ai confini della letteratura, Pensamultimedia, Lecce 2003, p. 182. Il testo variato, preceduto dai seguenti passi, «Ti scrivo – forse lungamente – perché è la stessa sera – mezzanotte – ho bevuto un poco, mi concilio facilmente col mondo. Forse non vivo, ho trovato scritto su un appunto «at twenty». E sono folle di una gioia non mia», è: Menarmi in terra preso in tanto sonno// che la carne mi abbandoni //come alla carogna// beata al sole.
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Grazie, Antonio, per queste chicche di vita paesana. Non sfuggiva niente a Rocco. Tu ti dichiari semianalfabeta digitale; figuriamoci cosa sarebbe questo blog se tu fossi erudito digitale! A proposito dei tuoi 86, ho scritto pensando a te e a titolo di ringraziamento per questa tua opera assai meritoria questi modestissimi versi:
NOI CHE…
Noi che vivemmo
Tra quelle rovine
Noi che siamo sopravvissuti
Alle nostrane rovine
Non abbiamo ristoro.
Noi parlammo
Ascoltammo
La viva voce
Di chi prima di noi
Ha cantato
Cotante vestigia
Ecco il ristoro!
Le pietre
Son tornate nuove
Celano i ricordi.
Noi con i nostri
Umani cedimenti
Siamo quel che resta
Finché vivida
È la voce.
Mery Carol
1 febbraio 2016
Sei troppo generosa e buona con me, Mery. Sei un’amica, e ti dico solo grazie.
Caro Antonio,
ha proprio ragione la signora Mery Carol e condivido in pieno i simpatici versi inviati. Quante cose sarebbero andate perdute senza la Sua meritoria opera e lavoro di ricerca svolto.
Grazie, grazie di cuore.
Caro Dusco,
Anche se ci diamo il lei e mai passeremo al tu, lei è un carissimo e straordinario amico da tempo immemorabile. Pertanto, le sue lodi non sono ammissibili. Meglio prenderci in giro come siamo soliti quando siamo insieme e discutiamo fingendo di non essere d’accordo su nulla e ci becchiamo. UN abbraccio, Antonio
Per la proprietà transitiva a = b b = c, a = c. Dusco Jankovich, grazie per l’amichevole condivisione!
Antonio, sai bene che quando c’è da beccarti, lo faccio senza tanti riguardi.