In occasione di un turno di elezioni per il rinnovo del consiglio provinciale (a Tricarico elezioni provinciali e comunali si tenevano in tornate diverse), io, che ero segretario della sezione della DC, me ne andavo in giro per le sezioni elettorali a informarmi sull’andamento delle votazioni. Mentre mi dirigevo verso l’edificio scolastico, dove erano istituite un paio di sezioni, ne stava uscendo un anziano contadino, notoriamente elettore della sinistra. Comunisti e socialisti avevano presentato lista unica, avente come simbolo l’aratro con cappello frigio e, come al solito – e gliene va dato merito – avevano conquistato il primo posto in lista, in alto a sinistra.

Appena mi vide atteggiò una smorfia non cattiva e mi apostrofò: – Siete proprio dei grandi imbroglioni -. Sembrava che mi riconoscesse il diritto di imbrogliare alle elezioni come rappresentante del partito di maggioranza.

– Che ti abbiamo fatto? -, gli risposi ridendo. Egli prese un fac-simile di scheda, lo spiegò e, tenendola stretta tra i grossi pollici e gli indici, rispettivamente all’estremità superiore di sinistra e inferiore di destra, mi disse:

– Che avete fatto? Bel coraggio che tieni. Sapete che sono compagno e mi avete dato una scheda senza l’aratro…. Sì, non dire di no, non negare, non ridere, che mi fai incazzare. Mi avete dato una scheda senza l’aratro. L’aratro l’ho cercato, ho voltato e rivoltato la scheda e l’aratro non c’era -. E, continuando a tenere ben stretto il fac-simile, lo voltava e rivoltava. – Ma io il voto alla croce non l’ho dato. Ho guardato che c’era sulla scheda, ho visto i cagnolini e ho dato il voto ai cagnolini. Ma alla croce no. – I “cagnolini” erano i due leoni del simbolo del partito monarchico di Lauro. La croce era il simbolo della D.C.

Scoppiai in una bella risata alla quale si unì anche lui, quando gliene spiegai il motivo.

– Pezzo di minghiarilo: ti sei imbrogliato da solo. Non hai trovato l’aratro, perché l’avevi coperto col tuo ditone. – e gli mostrai come s’era imbrogliato.

Ci rimase male, si sentì mortificato, ma subito si riprese, fece gli occhi piccoli e la faccia furba e si consolò dicendo: – Ma croce sopra croce nun l’aggia fatta -.

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