Trufelli dedica poche righe all’evento più incredibile della storia confinaria di Tricarico, compiendo una scelta minimalista che meglio non avrebbe potuto mettere in risalto lo scarto civile e morale rispetto alla storia che si conclude con la partenza degli otto confinati politici. Né la bella e pur tragica storia dei confinati a Tricarico si chiude con un ricordo di mafia, ma continua e si concluderà nel rinascimento civile sorto dalla sconfitta del fascismo e dalla fine della guerra. Sarà l’argomento del prossimo post.

Il prof. Martino, come abbiamo visto nel precedente post n. 11, informa nel contesto di una lettera a don Armando che sono arrivati due o forse tre confinati anomali – in realtà il confinato è uno solo, un uomo grasso e tranquillo, che l’altro, che gli sta vicino come un cane da guardia, chiama «don Carmelo». Don Carmelo è un personaggio reale, si chiamava Calogero Vizzini, possidente, com’era scritto sulle carte di polizia, che per alcuni mesi fu confinato a Tricarico: detto don Calò, era il capo supremo della mafia.

Il racconto che si legge in Quando i galli si davano voce – è breve: l’accenno appena fatto all’arrivo di don Carmelo e un altro alla sua partenza. Accompagnato dal maresciallo della milizia, che cortesemente gli apriva la portiera della Balilla che doveva condurlo alla stazione col suo guardaspalle, il confino di don Carmelo è bello e concluso. Se ne discute nel serale “conclave” che si tiene nell’ufficio dell’usciere giudiziario. Era oramai più che chiaro che quell’anziano signore siciliano era stato mandato al confino per fatti di mafia: era stato condannato ad alcuni anni di confino e solo dopo pochi mesi la pena gli fu commutata in ammonizione. Se questa non è opera della mafia … !» Durante la permanenza nel paese don Carmelo ebbe la visita a Pasqua di un fratello sacerdote, che non si fece vedere dai suoi confratelli, neppure in sacrestia, e non si sa dove avesse celebrato la messa della Risurrezione.

«Lasciamo stare il fratello prete che potrebbe aver ottenuto la dispensa dal suo Vescovo, ma noi possiamo far finta una volta tanto di non aver mai conosciuto quei due personaggi?»

Mario Trufelli aveva già raccontato la storia di don Calò in Carcere preventivo, uno dei tre racconti del suo volumetto Lo specchio del comò, che è un calmo ritorno agli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Carcere preventivo è una pagina di diario, appunti di quattro giornate, a gennaio, febbraio e marzo del 1936, in base ai ricordi di un bambino di sei anni. Soggetti del racconto sono quattro confinati, politici e comuni, dimoranti nell’albergo Valinotti, gestito dal nonno di Mario, don Michele. Sono due giovani poveri cristi, nuovi arrivati, un commerciante di Piacenza, proprietario della Val Padana, e un “comune” di rispetto, don Calogero Vizzini da Villalba, per l’appunto. Cinque anni dopo il reale periodo del confino di don Calò, l’albergo Valinotti, cessata l’attività, diventa per sette anni l’abitazione della mia famiglia e, nella finzione letteraria di Quando i galli si davano voce, diventa l’abitazione del prof. Fedele Martino.

Con lievi pennellate Mario descrive il clima del tempo e la coesistenza di quattro confinati così diversi per interessi di vita, età, condizioni sociali. Ma torniamo a don Calogero Vizzini. Un «vero signore» dice il nonno di Mario, al quale chiede di dare il “don”: a lui e a Luigi Gobbi, proprietario della Valle Padana. «Di Calogero Vizzini – è Mario Trufelli che racconta – non sappiamo nulla. E’ un siciliano, è piuttosto anziano, non parla quasi mai. E’ un uomo grasso e tranquillo, fischietta di continuo. Alla zia da fastidio quando se lo vede girare intorno in cucina per prepararsi i suoi pasticci di riso, latte e cioccolato». Quest’ospite siciliano anziano – aveva 58 anni – di cui non si sa nulla, taciturno, tranquillo e discreto, era don Calò, il capo assoluto della mafia, un grande criminale carico di assoluzioni, come lo definiva con compiaciuta ironia il suo avvocato. Indro Montanelli, che lo intervisterà anni dopo, scriverà che don Calò è stato l’unico vero indiscusso capo globale della mafia: mentre i successori sono anche stati generali a cinque stelle, don Calò è stato il solo generalissimo. Calogero Vizzini arriva a Tricarico il 19 luglio 1936. accusato di essere mafioso (oltre che di reati vari). La commissione di Caltanisetta gli ha inflitto 5 anni di confino. La prima settimana di confino l’ha passata a Grottole, ma poi ha ottenuto una sede più confortevole, ossia Tricarico, e qui attenderà che la pena gli sia ridotta e commutata in ammonizione, il 26 ottobre del ‘36.

Di don Calogero nel racconti di Carcere preventivo è dipinto un delicato ritratto. Come si concilia questo ritratto con la figura criminale del capo della mafia – si legge su internet – mandato al confino a Tricarico «e qui sicuramente ha lasciato il segno e ha seminato criminalità»? La verità la racconta Mario con l’aria innocente di bambino. La cifra del nonno, che chiese che a don Calogero fosse dato il “don” e capiva il mondo, fu la prudenza. La presenza del capo della mafia a Tricarico non ha seminato criminalità, ma è stata altrimenti e più gravemente maligna. Egli era troppo intelligente per non capire quale volto di sé e della sua organizzazione convenisse lasciare in una terra non di mafia i cui riferimenti linguistici al fenomeno mafioso, come in tutte le regioni meridionali, erano positivi e della mafia riflettevano una visione romantica e cavalleresca. La presenza di Calogero Vizzini a Tricarico è stata maligna quanto il suo “santino post mortem”, di cui dirò più avanti.

Don Calò tornerà alla ribalta nel ‘43 con l’arrivo degli Americani in Sicilia, che lo insediano sindaco di Villalba. Diventerà un esponente di rilievo della complessa situazione siciliana, con la ripresa della vita politica caratterizzata dall’insorgere del movimento separatista. La mafia riassume importanza, sia per volontà degli Americani, che di forze politiche e degli stessi organi di polizia. Don Calò allora dirà la sua «Adesso basta. La Sicilia deve avere tranquillità nell’isola e nelle strade. …. Oggi la Sicilia deve tornare ad essere considerata la perla del Mediterraneo dagli Americani». Forse per questa sua impostazione pacifica il 16 settembre ‘44 una sparatoria interruppe nella piazza della sua Villalba un comizio dell’On. Li Causi, zittito da don Calò; la sparatoria provocò 18 feriti, tra i quali lo stesso esponente comunista.

Don Calò muore l’11 luglio 1954. Il suo ‘santino’ mostra il volto mitico, romantico, ambiguo, camaleontico e insinuante della mafia, è un documento ipocrita e subdolo, inquietante quanto mai e pericoloso, che fa scorrere brividi nella schiena. In alto, al centro, c’è la fotografia di don Calogero (è come Mario diciotto anni prima lo aveva visto a Tricarico). Segue il testo tutto in lettere maiuscole: «COMM. CALOGERO VIZZINI/ N. 24-7. 1877 M. 11.7. 1954 /VILLALBA/ POCO GENEROSI/ SU LA SUA BARA NON ANCORA CHIUSA/ INVANO TIRARONO GLI ULTIMI STRALI / L’ODIO E L’INVIDIA / IN QUELLA ESTREMA ORA DI PIANTO / FU PIU’ FORTE L’AMORE / E CON VOCE DI VASTA RISONANZA / DISSE / A TUTTI GLI ONESTI /LA GENTILEZZA SUA DEL TRATTO / LA NOBILTA’ DEL CUORE. / DI VEDUTE LARGHE / NEI COMMERCI NELL’INDUSTRIA / RAGGIUNSE ALTEZZE MAI TOCCATE / CON FELICE INTUITO / PRECORSE ED ATTUO’ LA RIFORMA AGRARIA / SOLLEVO’ LE SORTI / DEGLI OSCURI OPERAI DELLA MINIERA / E RACCOLSE SIMPATIE E PRESTIGIO / NEMICO DI TUTTE LE INGIUSTIZIE / UMILE CON GLI UMILI / GRANDE CON I PIU’ GRANDI / DIMOSTRO’ / CON LE PAROLE CON LE OPERE / CHE LA MAFIA SUA NON FU DELINQUENZA / MA RISPETTO ALLA LEGGE / DIFESA DI OGNI DIRITTO / GRANDEZZA DI ANIMO / FU AMORE».

Don Calò aveva due fratelli sacerdoti, don Giuseppe e don Giovanni. Don Giuseppe è stato vescovo di Noto. Don Giovanni – come già detto – venne a Tricarico a far visita al fratello.

Concludo con una nota personale. Mario mi parlò del soggiorno di don Calò nell’albergo del nonno – che era diventato la mia abitazione. Da allora, per tutti i restanti anni in cui abitai in quella casa, provai l’imbarazzante disagio di usare la stessa tazza del gabinetto su cui sedeva don Calò … il capo della mafia!

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.