Paese mio!  Mi vogliono fuori scacciato

gli uomini che solo loro parlano
attorno al monumento due faccie.
Ognuno di noi vuole essere il padrone
della nostra città medioevale
ed è geloso a morte dell’uguale.
Io me n’andrò, sono un cane di nessuno
senza sua porta da guardare
nelle notti di luna.
Per questi vicoli insonni
nell’alba le donne
andranno a infornare
e passerà la guardia urbana
col libretto in mano
delle contravvenzioni.
Chi mi curerà lontano
la crudele scalmana?
(1948)

  La mia bella patria  Io sono un filo d’erba

un filo d’erba che trema.
E la mia Patria è dove l’erba trema.
Un alito può trapiantare
il mio seme lontano.
(1949)

 Fresco era il mio limbo

Come fresco era il mio limbo
amici forestieri partiti per sempre.
Voi quando ve ne andate
partite davvero per sempre
miei amici forestieri
che venite a godere
i palmi di terra vergine
sotto i boschi incendiati.
Venite a scoprire i sacri altari
ove è sommersa l’anima d’un arabo
del greco che si mise
la prima volta a cantare.
Vi ho fatto bere sotto le viti
vi ho fatto sapere dallo spiritato
i suoi discorsi col cimitero.
Avete tremato ai laceri gridi
del suino ucciso col rito antico.
E voi avete rovistato
gli angoli della casa come ladri.
(1949)

  Lezioni di economia  Ti ho chiesto un giorno chi mise

le sentinelle di abeti
visti alle Dolomiti.
Ti ho chiesto tante altre cose
del cisto, del mirto, dell’inula viscosa,
nomi senza economia.
Mi hai risposto, tra l’altro,
che un padre che ama i figli
può solo vederli andar via.
(Portici, 18 dicembre 1952)
 

P.S. Al saggio di Vitelli Ritorno a Scotellaro seguono quattro poesie di Rocco Scotellaro, che, in uno col saggio, hanno un senso del ritorno a Scotellaro. Sarebbe pertanto fuori luogo che provassi a commentarle. (a.m.)

 

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