I contadini e la loro cultura di Rocco Scotellaro
Per un libro su “I contadini e la loro cultura”
di Rocco Scotellaro
Il piano del libro Contadini del Sud, che qui riproponiamo, fu inviato da Rocco Scotellaro a Laterza il 24 giugno 1953. Il libro, che contiene solo cinque delle “storie di vita” pensate da Scotellaro più alcuni racconti di Francesca Armento, sua madre, sarebbe poi uscito postumo nel 1954.
I contadini dell’Italia Meridionale (il Mezzogiorno continentale e le isole) formano ancora oggi – sotto i colpi della più intensa circolazione di cultura nazionale conseguita dopo il fascismo – il gruppo sociale più omogeneo e antico per le condizioni di esistenza, per i rapporti economici e sociali, per la generale concezione del mondo e della vita.
L’analisi dei fattori componenti la “civiltà contadina” è stata fatta dai cultori interessati
secondo le varie direzioni: storiografica, economica, sociologica, etnologica, letteraria, politica.
Oltre i risultati degli studi secondo quelle direzioni, oltre le manifestazioni genericamente definite popolari o folkloristiche e di costume, oltre le tipiche espressioni della vita associata e del lavoro, la cultura italiana sconosce la storia autonoma dei contadini, il loro più intimo comportamento culturale e religioso, colto nel suo formarsi o modificarsi presso il singolo protagonista.
Chi volesse, pertanto, assumere il singolo contadino come protagonista della sua storia,
dovrebbe impostare la ricerca secondo la via più diretta dell’intervista e del racconto autobiografico.
Tale è il compito che spetterebbe al redattore di un libro sui contadini.
La ricerca presuppone, in ogni caso, una seriazione di scelte, genericamente tipiche per figure e zone agricole dell’Italia meridionale, e un quadro sommario di problemi di fronte ai quali il contadino reagisce col suo proprio atteggiamento.
Le zone agricole a economia e struttura sociale pressoché omogenee, nelle quali, in modo differenziato, operano i contadini sono state identificate nelle seguenti:
1) Zona di agricoltura intensiva
2) Zona di agricoltura promiscua
3) Zona di latifondo contadino
4) Zona di agricoltura capitalistica estensiva.
Il prof. Manlio Rossi-Doria ha ripartito in queste zone agrarie omogenee la realtà dell’agricoltura dell’Italia meridionale e insulare.
Il raggruppamento tende a illustrare meglio la situazione, ma viene sempre formulato in
base alla fondamentale distinzione del Mezzogiorno nelle due grandi realtà, stremamente distanti l’una dall’altra: quella nuda, estensiva a prevalente indirizzo cerealicolo-pastorale e quella alberata, intensiva a prevalente indirizzo viticolo, olivicolo e ortofrutticolo.
È necessario esaurire la ricerca, per un libro sui contadini, in tutto il vasto territorio meridionale secondo le zone che, sebbene abbiano attribuzioni anche storico-sociali omogenee, restano pur sempre realtà individuate dall’analisi economico agraria?
Evidentemente, una simile ricerca del protagonista contadino, oltre che le zone, interesserebbe ancora più opportunamente gli insediamenti umani, dalle grandi città ai capoluoghi di provincia, ai grossi agglomerati, ai paesi, alle frazioni e alle borgate agricole. E ancora, rispetto a situazioni particolari e ai recenti interventi quali quelli della Riforma agraria e della Cassa per il Mezzogiorno, diretti a modificare la vecchia struttura del mondo agricolo meridionale, dovrebbe essere perseguita un’ulteriore ripartizione del territorio a seconda che vi si riscontrano:
– zone interessate dal processo di bonifica;
– zone in cui operano in modo decisivo o gli Enti di Riforma o la Cassa per il Mezzogiorno;
– zone caratterizzate dalla tendenza all’equilibrio tra attività agricola e attività industriale
o artigiana.
Seppure nessuna delle possibili delimitazioni conseguenti ai diversi criteri di scelta può soddisfare a pieno la ricerca, e meno, d’altra parte, soddisfacenti risulterebbero le “guide” del Mezzogiorno storico, è necessario tuttavia adottare il principio di partire dalle realtà identificate in rapporto all’attuale struttura economica e sociale e in rapporto ai problemi del giorno che interessano quelle realtà, in modo che la civiltà vivente dei contadini sia colta nella varietà dei suoi valori sociali e culturali.
Si hanno poi le differenziate figure economiche e sociali, tutte in genere qualificabili come contadine: i braccianti, i salariati avventizi e fissi, gli affittuari, i coloni, i compartecipanti, i terraticanti, i mezzadri, gli enfiteuti, i coltivatori diretti e quelle categorie locali, specialissime rispetto o alla natura del rapporto contrattuale o alla specializzazione della cultura (es. canapicultori, ortolani, vignaiuoli, pastori ecc.).
Il profilo autobiografico e l’intervista per la maggior parte delle figure, ritenute indispensabili per ognuna delle zone indicate, dovrebbero partite dai bilanci economici delle famiglie e dai calendari di lavoro per delineare poi il comportamento del protagonista in seno alla società e di fronte ai suoi problemi, secondo lo schema sommario che segue:
1) I bilanci familiari, il tenore di vita e le sue manifestazioni:
– l’abitazione,
– l’alimentazione,
– il vestiario,
– le spese voluttuarie e varie.
2) Organizzazione e vita delle famiglie e i rapporti reciproci tra i componenti (rapporti tra membri attivi e non attivi, agricoli ed extragricoli; la divisione del lavoro. Occupazione e disoccupazione).
3) Caratteristiche psicologiche e culturali. Posizioni e atteggiamenti reciproci tra le categorie sociali. Partecipazione del contadino alla vita della comunità e suo atteggiamento rispetto al mondo esterno.
Ben si intende che uno schema del genere presuppone uno scambio di idee tra lo studioso e il protagonista sui grandi problemi della vita ( il lavoro, la religione, il destino umano, ecc.) e, più concretamente, sui fatti nuovi che si sono affacciati da un decennio nel mondo contadino:
– La democrazia
– Il socialismo contadino
– La vita pubblica (l’attività politica e la partecipazione diretta alle amministrazioni locali, alle cooperative, alle leghe di resistenza e di lotta)
– La bonifica agraria, la riforma agraria, le occupazioni di terre, i salari, ecc.
– L’alfabetizzazione
– I miti tradizionali, la religione cattolica, i nuovi fermenti religiosi (gruppi di evangelici ed altri)
– I nuovi rapporti col mondo esterno in conseguenza della guerra e della forzatura politico-culturale nazionale
– La funzione della donna nelle relazioni familiari e sociali: l’amore.
Da una simile impostazione della ricerca dovrebbero risultare, attraverso il vivo racconto
del protagonista, i due essenziali aspetti del mondo contadino all’attualità:
1) Il rapporto città-campagna come fattore di qualificazione della civiltà contadina;
2) La capacità di adattamento e di reazione individuale e collettiva a situazioni nuove o provocate nei centri contadini.
La letteratura, infatti, che si è occupata di questi problemi – salvo qualche eccezione – ha
trattato l’argomento distorcendo il racconto e l’osservazione scientifica per precostituiti
schemi culturali o ha solo indicato, in via teorica (per merito di Gramsci) le linee direttive e critiche per una visione più oggettiva e storica del mondo contadino.
Anche in Francia è sentita questa esigenza di appropriazione critica di quella civiltà, derivante probabilmente dal bisogno di superare la superstizione sia volgare sia colta che è alla base delle differenziazioni di civiltà e di culture coesistenti.
In un articolo recentemente apparso su “Lettres françaises” (n. 470 del 18-6-53) a firma di Pierre Gamarra, per una disamina su “I contadini nel romanzo francese” si legge tra l’altro: “Et c’est là l’essentiel: le paysan n’est presque jamais décrit au coeur de ses problèmes et sur
la route de son avenir; il est presque toujours un sujet de regrets que, la tête tournée en
arrière, le romancier traite en soupirant.”
Date queste premesse, si può delineate la composizione del libro nel modo seguente:
– Una introduzione che comprenda: la presentazione del problema “I contadini meridionali nella cultura italiana” alla luce della letteratura meridionalistica; l’illustrazione dei criteri metodologici, interpretativi e degli strumenti di ricerca adottati; il profilo sociologico delle figure
e dei tipi prescelti nell’ambito delle principali e più caratteristiche zone del Mezzogiorno.
– Interviste sui problemi esposti con un numero, per ora imprecisabile, di contadini scelti a seconda del loro vario grado di cultura nelle diverse zone.
– Racconti autobiografici di uomini e di donne che esprimano, seguendo i gradi della stratificazione culturale, la più avanzata coscienza dei problemi moderni.
Come si vede, a seconda della facilità o della difficoltà degli incontri con i soggetti interessati, una pubblicazione sui contadini può essere più o meno agevole e di utilità più o meno evidente.
Il tempo occorrente al redattore varierebbe in conseguenza. Si può indicare, di massima, un periodo di sei mesi per la raccolta del materiale e un periodo di tre mesi per l’ordinamento e la presentazione.
Rocco Scotellaro
(Dalla rivista letteraria Lo Straniero, n. 162/163 – pp. 69 ss.)
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