Padre Gaetano
che parlavi al Verbo
tra lacrime e singulti
mentre l’azzurro fissavi rapito :
la dolce follia
ancora verdeggia nell’umile casa
di Santa Maria.
Col cilicio e il digiuno
sfioriva la bella persona
nel saio consunto batteva più forte
il tuo cuore
e il fermo passo portavi
per l’aie infocate
a chiedere grano per l’ultimo altare.
La pietra il tuo guanciale
la terra il tuo giaciglio:
così l’ultima sera ti colse serafico
il Padre
mentre i tuoi gigli
chinavano il capo.

 Enrico Buono

 Padre Gaetano o Fra Gaetano, l’eremita, nel mio tempo tricaricese si perdeva nelle fitte nebbie di racconti sfuocati e leggende e fantasie e miti. Nebbie diradate al tempo di Enrico Buono, come attesta questa sua poesia in possesso di Enza Spano, che ringrazio sentitamente per avermene inviata una copia e autorizzato a pubblicarla.

Di fra Gaetano ci ha lasciato un ritratto Rocco Scotellaro nei Frammenti dell’Uva puttanella (in Uno si distrae al bivio, pag- 127). Scotellaro ha tratteggiato nel breve frammento, che riporto, la figura sia reale sia morale e religiosa di fra Gaetano.
«     Chiese Monsignore a fra Gaetano che aveva al petto una croce fatta di due stecche: « Cos’è quel coso di legno? » con profondo disprezzo e sapendo di rappresentare lui solo il Cristianesimo.
     « Legno da legno» fece fra Gaetano, « la tua testa è fatta di legno ».
     Fra Gaetano quando pregava singhiozzava come una colomba, piangeva cucù cucù. Fra Gaetano era stato pastore e carabiniere, si dette alla penitenza e vestì un saio paesano che aveva soli il ricordo di certe immaginette di santi antichi. Morì combattuto dai preti e dalla chiesa, dicono, in odore di santità, ma era un contadino, un profeta, dormiva con il capo sul sasso.
     Fra Gaetano, detto l’eremita.

 

 

 

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