A Ferrara, quando viene il caldo e l’umidità cresce, e sei condannato ad uscire per adempiere a una qualche esigenza di sopravvivenza, hai l’impressione di immergerti in un vapore di brodo grasso. Ti senti sporco, la camicia, il pantalone e le calze umide, bagnate si incollano alla pelle ed emanano un puzzo sgradevole. Hai voglia a fare docce prima di uscire!

Vedi gruppi di fanciulle in short e top, che ridono e parlano tutte assieme: sono così disinvolte e naturali che le immagini fresche come la rugiada e profumate come le rose, e tu ti senti più sporco, e un senso di infelicità ti soffoca.

Andai ad ora tarda, illusoriamente scelta, a comperare magliette a giro collo, che mi sembrano le più adatte da indossare in questa stagione. Nel negozio c’è un grande specchio, dal pavimento al soffitto, che cattura la immagini e non le molla.

Io, che non mi specchio mai, mi vedo come sono ridotto! Spalle curve, pancia prominente, fianchi larghi, sedere cascante, pantalone di cotone leggero le cui tasche pendono da ogni parte, cariche del portafoglio, portamonete, cellulare, portachiavi e di fazzoletti di carta e di cotone, giacché non porto giacca e non ho in uso borsellini. Curvo, spalle cadenti, quasi calvo come Tersite, con radi capelli umidicci attaccati al lucido cranio, ptosi dell’occhio sinistro, occhio destro dilatato. Espressione intontita in un momento di calma follia.

Nel cervello ingrippato si fanno spazio le Memorie della mia vita di Giorgio De Chirico. Quello che soprattutto colpì De Chirico nei ferraresi fu una specie di pazzia, più o meno latente. Oltre a questa latente pazzia, De Chirico vedeva nei ferraresi altre caratteristiche, come il pettegolezzo e la libidine. Io, che ferrarese non sono – e a Ferrara giunsi in età matura, quando le condizioni ambientali, di cui dirò tra poco, si erano mitigate – non mi riconosco queste altre due caratteristiche, bensì nel tipo di lucano descritto da Leonardo Sinisgalli – anzi, sono quel tipo di lucano -, e mi riconosco la coerente saggezza con cui ho maturato la mia tarda età.

A De Chirico il prof. Tambroni, insigne nefrologo, che allora dirigeva il manicomio di Ferrara (nonno di un mio carissimo amico, che non c’è più, come non ci sono più la maggioranza dei miei amici) spiegò che questo stato anormale dei ferraresi era dovuto alle esalazioni della canapa e alla continua umidità: infatti tutta la città è costruita su antichi maceri.

Di analoghi effetti per le esalazioni dell’hashish parlava Baudelaire nel suo libro Piccoli poemi in prosa.

Quali essenze distilla ora quel vapore di brodo caldo dell’afa ferrarese? Ah! le nostre interminabili discussioni al fresco della sera attorno al pozzo di Monsignore.

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