La tragedia ferroviaria di Baragiano (12 dicembre 1942)
Impegnato a scrivere il racconto del disastro ferroviario di Grassano del 20 ottobre 1888, mi tornarono alla mente le due tragedie ferroviarie di Baragiano e di Balvano, che causarono un più pesante tributo di morti e di feriti.
Sulle due suddette tragedie le informazioni furono negate per due diversi ordini di motivi e in entrambe le tristi circostanze i familiari delle vittime non potettero recare l’estremo saluto ai loro cari e neppure seppellire i loro corpi nei luoghi di origine.
Col tempo furono eseguite indagini, raccolte testimonianze dei superstiti e dei ferrovieri, i cui risultati, facendo una paziente ricerca, possono leggersi su Internet. Luigi Luccioni, medico a Potenza, amico di Roccop Mazzarone, nel suo volume edito dall’editore Congedo, Frammenti di cronache e ricordi (Potenza 1939 – 1944), pubblicato nella serie di Fonti e Studi per la storia della Basilicata dalla Deputazione di Storia Patria per la Lucania, ha raccontato i due eventi con accurata precisione di dettagli.
Quando emigrai dalla Basilicata, mi pare che il ricordo della tragedia di Baragiano si fosse offuscato e fosse rimasto un confuso ricordo della tragedia di Balvano, ricordata, peraltro, col nome di Baragiano.
La tragedia di Baragiano, la vera tragedia di Baragiano, accadde il 12 dicembre 1942. Io – precisazione non inutile nell’economia di questo racconto – frequentavo la II media a Potenza, come convittore del Convitto Nazionale Quinto Orazio Flacco.
Una tradotta militare, composta di una trentina di veicoli, trasportava giovani reclute prevalentemente lombarde ed emiliane. Dopo la stazione di Tito, avvicinandosi alla stazione di Picerno, il treno cominciò a prendere velocità, a causa di un guasto, oppure di errori nella frenatura, o nelle verifiche, o a causa di un sabotaggio: Luccioni intitola il VII capitolo del suo libro, che tratta di questa tragedia, A Baragiano fu fatalità o sabotaggio ? (dicembre 1942). L’impianto di frenatura iniziò a non funzionare adeguatamente proprio nel tratto di maggior pendenza dell’intera linea. Il personale si rese conto che il treno stava procedendo senza controllo e non c’era alcuna possibilità d’intervento: alcune carrozze non frenavano e le altre, a causa della disperata sollecitazione della frenatura, viaggiavano con le ruote bloccate in una nuvola di scintille.
Il treno percorse una dozzina di chilometri a velocità sempre maggiore, ormai incontrollabile, in un crescendo di panico dei suoi occupanti. Per chi era a bordo furono momenti tremendi: il treno correva sempre di più e le scintille avevano iniziato a incendiare alcuni dei vagoni di legno. Non sembravano esserci possibilità di scampo. Il treno transitò in velocità nella stazione di Picerno e, proseguendo nella corsa incontrollata, si spezzò in due parti. Tre carrozze si schiantarono contro alcune querce, nello schianto perirono ventinove reclute, tutte comprese tra i 19 e i 23 anni, e centocinquanta risultarono più o meno gravemente ferite. La parte del treno che proseguì la corsa fu fermata poco dopo la stazione di Baragiano-Ruoti. Erano le 17 circa.
Gli abitanti di Baragiano si prodigarono nei soccorsi immediati, anche se, secondo alcune fonti, non mancarono episodi di sciacallaggio. I corpi delle vittime furono inumati nel cimitero di Potenza, dal quale furono traslati nei luoghi d’origine, durante e dopo la guerra.
Mi ha confortato apprendere, raccogliendo notizie per raccontare questa tragedia, che in occasione del sessantesimo anniversario, l’Amministrazione comunale e i cittadini di Baragiano vollero rievocare la sciagura con l’apposizione di una lapide nella stazione ferroviaria. Alla commemorazione parteciparono anche familiari dei militari deceduti e superstiti della sciagura. Sulla lapide sono incisi i nomi e le città di provenienza dei ventinove militari deceduti nell’incidente.
La censura dell’agonizzante regime fascista impedì che fosse data notizia dell’evento, del quale si ebbero notizie dirette a Baragiano e paesi limitrofi e a Potenza. Ma gli italiani furono bene informati da Radio Londra, il canale d’informazione radiofonica di cui oramai ci si fidava e che veniva ascoltato senza alcuna remora e preoccupazione. Riguardo alla tragedia di Baragiano, peraltro, io ho una curiosa esperienza personale di crisi di credibilità di Radio Londra, che ritengo interessante riferire. Bisogna, quindi, , aprire una parentesi.
Radio Londra era l’insieme dei programmi radiofonici trasmessi, a partire dal 27 settembre 1938, dalla radio inglese BBC e indirizzati alle popolazioni europee continentali. Le trasmissioni in lingua italiana della BBC iniziarono con la crisi di Monaco e, con lo scoppio delle ostilità, aumentarono fino a superare la durata di quattro ore giornaliere. La fortuna delle trasmissioni di Radio Londra derivò dal fatto che il Ministro della Guerra britannico, anziché gestire in proprio le trasmissioni di propaganda, le aveva affidate ad un ente autonomo, la BBC, già allora fiera per il proprio stile giornalistico indipendente, secondo il quale le notizie venivano separate dai commenti.
La redazione di Radio Londra diventò famosa per la sua tempestività nel trasmettere informazioni nel mondo, con il suo tipico stile inglese, diretto e pragmatico. Nel Servizio Italiano si impose la carismatica figura del Colonnello Harold Stevens – il famoso “Colonnello Buonasera” – ufficiale militare britannico vissuto a Roma, che, grazie ai suoi commenti pacati e ragionevoli, ben diversi dalle prosopopeefasciste, trasmetteva un senso di serenità e speranza nel futuro. Da Radio Londra parlava anche Paolo Treves, socialista esule, che nel dopoguerra sarà deputato socialdemocratico e avrà incarichi di governo Ruggero Orlando, che divenne famosissimo telecronista da New York, col suo saluto «Buona sera. Qui Nuova York. Vi parla Ruggero Orlando”, trasmise qualcuno dei suoi servizi. (E, a proposito di Ruggero Orlando, non resisto alla tentazione di aprire una parentesi nella parentesi. Carlo Levi, nel Cristo si è fermato a Eboli, parlando di una sua conversazione, quando era confinato a Grassano, con un tale Orlando del posto, riferisce che costui fosse fratello del famoso radiocronista presso la sede Eiar – Ente italiano trasmissioni radiofoniche – di New York. Questa notizia non sta né in cielo né in terra e sono convinto che l’abbia consapevolmente inventata e che Orlando abbia saputo dell’esistenza di un paese in Lucania che si chiama Grassano solo dopo aver letto il famosissimo memoriale leviano. Si tratta, dunque, di una mera invenzione di Levi – che, peraltro, non è la sola – che non mi risulta siano state notate e di cui non riesco a darmi una spiegazione).
Torno a Radio Londra, completando la sua breve presentazione.
Il suo ruolo in guerra diventa cruciale nello spedire messaggi speciali, redatti dagli Alti comandi alleati e destinati alle unità della resistenza italiana.
La trasmissione si annunciava con quattro colpi in percussione leggermente sordi. I quattro colpi corrispondevano ai segni dell’alfabeto Morse punto, punto, punto, virgola, che rappresentano la lettera V = Victory, cui seguivano le prime note della Quinta Sinfonia di Beethoven.
Due mesi di arresto, mille lire di multa (equivalenti a più di uno stipendio medio-alto) e la confisca dell’apparecchio radio era la sanzione prevista per chi veniva sorpreso nell’ascolto della radio nemica. Ma oramai non vi era esortazione della stampa o delle autorità fasciste, non vi era minaccia di pene, non vi era sanzione effettiva che potesse circoscrivere o fermare il continuo allargarsi della massa di ascoltatori di radio Londra.
All’ora di Radio Londra giungevano in strada i quattro suoni in percussione e, mentre venivano trasmesse le note della Quinta Sinfonia, si sentiva abbassare il volume della radio e si potevano immaginare tutti con l’orecchio incollato all’ascolto del colonello Stevens. Ma non si abbassava il volume della radio di donna Michela (se non ricordo male, questo era il suo nome), sorella del medico don Ettore Bruno, che evidentemente non doveva avere un orecchio fine. Sotto la sua finestra, in via Monte, subito dopo San Francesco, all’ora di Radio Londra si radunava tranquillamente un drappello di persone e i carabinieri evitavano di pattugliare quel tratto di strada.
Chiusa la parentesi, torno al fatto.
Luigi Luccioni riferisce che dalla sua casa, molto vicina a Piazza Sedile, udì il suono di una fanfara militare, che eseguiva marce funebri, le cui note erano particolarmente solenni e toccanti. Subito dopo iniziò per via Pretoria il passaggio di un corteo composto da affusti di cannone della Scuola per allievi ufficiali, che aveva sede al rione Santa Maria, di fronte alla villa comunale, sui quali erano state sistemate le bare delle vittime avvolte da bandiere tricolori, seguite da picchetti armati e da bandiere listate a lutto. Ricordo che l’indomani questa solenne e triste cerimonia ci fu raccontata da compagni di scuola esterni, non convittori.
Quando tornai a Tricarico per le feste di Natale, trovai molto scetticismo sul racconto della tragedia comunicato da Radio Londra, che, peraltro, aveva taciuto sulle onoranze rese alle povere giovani vittime. Non intendo affatto generalizzare e non generalizzo e sottolineo che tale scetticismo lo riscontrati nella ristretta cerchia di persone, comprese mia madre e mia sorella, che frequentai durante la mia vacanza. Per costoro a Baragiano non era successo niente e Radio Londra aveva mentito. Baragiano è vicina a Tricarico – dicevano – ma qui, a Tricarico, non si è saputo niente! Questa volta Radio Londra l’ha sparata grossa. Obiezione da lasciare sbalorditi: come si poteva essere altrimenti informati se l’unico mezzo di comunicazione era, per l’appunto, Radio Londra? La vicinanza non è un mezzo di comunicazione, ma una condizione che può favorire la comunicazione, se qualcuno o qualcosa comunica. Taci, il nemico ti ascolta, intimavano i manifesti di cui erano tappezzati i muri. Gli italiani tacevano e ascoltavano Radio Londra!
La tragedia di Balvano, che accadde poco più di un anno dopo, è stata la più grande tragedia ferroviaria del mondo. La racconterò in un prossimo articolo.
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Un anziano amico parmigiano, recentemente deceduto, mi ha lasciato alcune foto dei funerali delle vittime di un disastro ferroviario con un biglietto (allegato alle foto) che parla di una tradotta da Potenza a Metaponto con destinazione ignota. L’amico in quel periodo era militare nelle Puglie. Possono essere visionate per vedere se si riconosce la località dei funerali? Grazie per l’attenzione.
Senz’altro! Lei scrive del disastro ferroviario occorsa a una tradotta da Potenza a Metaponto (perché parla di destinazione ignota?). In questo caso si può trattare del disastro ferroviario di Grassano del 1888, ed è improbabile che vi siano fotografie di quell’evento.
Gli altri due disastri (Balvano (19 44) e Baragiano (1942) occorsero prima di Potenza, non nel tratto Potenza-Metaponto. IL disastro del 1944 fu tenuto segreto ed è improbabile che vi siano fotografie. Resta quello del 1942. Comunque, mi mandi le foto, anche se non sono sicuro di effetuare una precisa individazione.
Mio Zio è morto nel disastro ferroviario di Baragiano (1942).
Se qualcuno ha delle foto anche del giorno d’inaugurazione della lapide alla stazione mi contatti.
Sig. Martino guardi che erroneamente ha invertito le date degli incidenti.
La ringrazio per la segnalazione. Di primo acchito non ho capito quale sarebbe stata l’inversione. Comunque, approfondirò meglio.
E lei, se può e vuole, mi dia una mano.
Ho completato, grazie anche al suo aiuto, di cui la ringrazio, la verifica in merito all’inversione delle date delle tragedie di Baragiano e di Balvano, che lei mi aveva segnalato. In effetti l’errore c’è stato, ma non negli articoli riguardanti le tragedia, bensì nella mia mail del 6 gennaio c.a., in risposta al sig. Massimo, dove, invertendo le date, avevo scritto: “Gli altri due disastri (Balvano (1942) e Baragiano (1944) occorsero prima di Potenza, non nel tratto Potenza-Metaponto”. Informandolo che ho provveduto a correggere le date nella suddetta mail, confermo che la mia cronaca delle due tragedie è corretta e le date sono precise.