Peppino Passarelli, marito della poetessa veronese più tricaricese dei tricaricesi Silveria Gonzato, con espresso riferimento all’articolo riguardante il rito dell’informata del pane pubblicato su quueso blog, mi ha inviato una mail, che ha una propria autonomia e unità di racconto intitolato U’ cr(e)scent, che pubblico con la sua autorizzazione, di cui lo ringrazio.

Credo che attualmente i buoni panificatori, alla ricerca di sapori tradizionali, abbiano scoperto l’utilizzo del crescente, o pasta madre o pasta acida, e lo ritengano indispensabile nella preparazione di dolci come il panettone, la colomba pasquale, il pandoro, ecc. o per particolari tipi di pane, tra cui, ad esempio, il pane di Altamura.

Invito Peppino a dare corpo ai fantasmi, sia pure cari, e a fare una ricerca sul nuovo utilizzo d’ u’ cr(e)scent. (a.m.)

 

Cari fantasmi sono i lontani ricordi della nostra giovinezza nel paese natio; un caro fantasma è il rito dell’infornata del pane raccontato da Antonio Martino nella premessa al bel racconto del tempo d’inverno di Enrico Buono; rito che accende un caro fantasma nella mia mente.

E’ il ricordo di mia madre, che impastava 25 kg di farina per farne pane per una diecina di giorni. Allora si mangiava “Pan, scorzle e mddic”. C’era tutto un cerimoniale: Si andava a segnarsi da Annozz ‘a Frnar, poi si andava in prestito ru’ cr(e)scent. La mattina alle 3 passava Annozz e chiamava a gran voce le persone che si erano segnate precedentemente. Mi ricordo il timbro in legno per marchiare il proprio pane. La prima infornata era ‘a fcazz seguita da ‘u rukkl. e poi c’era il pane. Per la massaia, solo per il pane, cominciava alle 3 di mattina e finiva alle 11 o mezzogiorno e intanto che si cuoceva il pane la mamma faceva le fcazzole fritte nella sugna o, per i più benestanti, nell’olio d’oliva.

Mia sorella a 10 anni si alzava, con entusiasmo, e aiutava la mamma a impastare.

Il ricordo che più tuttora mi affascina era il rito del tramandarsi di generazione in generazione e di famiglia in famiglia u’ cr(e)scent. Quando si impastava il pane, si metteva da parte in una scodella una manata di pasta fresca, che lievitava naturalmente, diventando u’ cr(e)scent. La lievitazione inizia immediatamente, non appena l’acqua viene a contatto con la farina, ed è favorita dal caldo. Per questa ragione gli ebrei preparavano in gran fretta, in una fredda cantina, l’impasto del pane azzimo, che infornavano immediatamente.

U’ cr(e)scent passava di mano in mano tra famiglie amiche e rafforzava a quasi parentela l’amicizia di queste famiglie, la parentela d’u’ cr(e)scent si potrebbe dire .

Giuseppe Passarelli

 

 

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