UNIVERSITA’ DELLE TRE ETA’ – SEZIONE DI TRICARICO
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CORSO DI LETTERATURA LOCALE
Ia Lezione – Relatore Mons. Pancrazio Perrone

 

GIUSEPPE GIANNOTTA

Giuseppe Giannotta nacque a Tricarico il 10/3/1924 ed è morto il 31/5/1997. Professionalmente fu un giudice preparato e severo ma noi, in questa sede, lo vogliamo ricordare come poeta perché tale fu in realtà nel segreto più recondito del suo animo e nella sua espressione più nobile ed umana.

Pubblicò le raccolte di versi:

  • La casa sulla pietra-1957
  • Allegria del sole-1960
  • Le molteplici età-1967, edite da Rebellato di Padova
  • Una passera grigia, edita dalla MBS di Potenza.

E’ proprio del critico penetrare il più profondamente possibile nell’animo di chi è oggetto del suo esame ed il suo lavoro è tanto più meritorio e lodevole quanto più si avvicina alla misura psicologica ed intellettuale del suo personaggio.

Partendo da questa ovvia considerazione a me, come del resto ad altri, pur riconoscendo a Giannotta altre preoccupazioni intellettuali, altri orizzonti, altri interrogativi sulla problematicità della nostra epoca, è sembrato che la sua poesia attinge veramente tutto il suo lirismo ed esercita la sua presa allorquando alla soglia della coscienza, nella realtà o nel ricordo affiorano contatti e momenti vissuti.

Ben a ragione, ad esempio, Elsa Raimondi, recensendo sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 19 settembre 1960 “Allegria del sole”, scrisse: “un profumo di prati e uno sconfinare di distese e una gioia di corse nel sole, qualcosa di zingaresco, di nomade, ti avvolge e ti penetra sin dalle prime pagine…” Il professar Mario Sansone riscontrò in Giannotta ” un’alta serenità intellettuale, una pensosa tristezza e quasi… angoscia esistenziale e insieme un’obbedienza insieme schiva e ferma agli obblighi e comandi della vita.”

La letteratura in Basilicata “Atti del LIX Congresso della D. Alighieri- Potenza 8/12 settembre 1968). Del tutto condivisibile il giudizio di NERIO TEBANO sulla Tribuna del Salento: “Basta leggere la maggior parte delle liriche di Giannotta per accorgersi che esse prendono direttamente l’aria della terra dove son nate…Forse egli non le avrebbe mai scritte se fosse nato e vissuto altrove. Il clima della Lucania, di questa terra difficile, l’atmosfera mediterranea, hanno una influenza determinante sugli uomini e sugli artisti che vivono… Non possono vedere altro, non possono e non sanno vivere altrove, visceralmente legati alla loro terra e perciò passionali, comunicativi, vigorosi…” Ed in effetti l’ispirazione più genuina di Giannotta va rintracciata in questi motivi: la sua terra, il suo paese, la sua casa, il padre, la madre, l’infanzia, i giochi… Chi con lui e come lui ha vissuto i tempi, le situazioni, le vicende non può non sentirsi riassorbito da un mondo che ormai non c’è più ma continua a vivere nel ricordo e nella nostalgia.

Credo che ci siamo riuniti proprio per mettereci in ascolto di questo passato che forse non c’è più.

Dunque: nella lirica “LUCANIA” la sua terra gli appare una plaga inospitale, quasi una muraglia che impedisce di slargarsi sulle pianure, di aprirsi verso il mare:

“Che cosa puoi dare
terra di montagne gialle
e di querce silenziose
alle nostre bocche affamate
e alla nostra sete di spaziare lontano
nelle ridenti pianure verso il mare”.

Ma presto l’improvvisa e forse ingiusta denunzia si placa in un’atmosfera di gratitudine per i beni ricevuti:

”Già troppo ci desti
chè avremmo anche potuto perire
nel fredda delle nevi
e nella piena muggiante delle acque
e invece siamo vivi e ci scaldiamo al sole.”

Ed allora questa solitudine sconfinata, incombente. quasi tragica si trasforma, benevola, in una pista di lancio verso l’alto:

“Librati a voli audaci nei cieli per appenderci, di sera alle stelle”.
(Lucania, La casa sulla pietra – Pag.12)

In un quadro siffatto non ci meravigliamo del posto riservato al suo Paese. Leggiamo una prosa inserita nella raccolta “Le molteplici età”:

“Un’aria fresca viene dalla valle, dai pioppi
che circondano un rigagno.
Valle oscura è posta ai piedi d’una collina e lì
in cima v’è una statua con le braccia aperte e gli occhi al paese.
La posero anni addietro e, quel giorno la folla
guardava mesta e attendeva un miracolo.
Nulla è avvenuto al di fuori del Cristo che allungano scale ad occidente.
In fondo alla valle c’è una fontana in pietra viva, che servì a lungo,
quando l’acqua non correva in tubi di ghisa.
Se si muore si va per la rotabile tra la statua e la valle: è l’ultimo addio che la terra dà ai figli.
Quell’aria fresca continua per il vallone che cinge ad Ovest le case, appese a rocce lisce,
rotolanti a sambuchi allineati sull’acqua.
Il monte, la Fontana e via via la Rabata e la Saracena sono grappoli che si affacciano a pendii scoscesi,
prediletti dai pazzi.
V’è il posto delle viole, al di là delle colline
e lì ti coglie l’incanto perché l’acqua inverdisce la terra e le viole son fila d’un sogno.
Ho battuto le vie, i viottoli campestri, spesso si finiva su strapiombi orrendi;
si spalancava allora la vista nel mistero più puro chè cielo e terra fondevano linee.
Qui i bimbi crescono tra i profumi.
S’avverte il distacco poi per chi se ne vada.
Ho camminato, sofferto, pianto e urlato perché mi mancava la valle.
Poter tornarci è come riprendere il fiato. Noi tutti sappiamo che la vita è un piccolo libro, rileggerlo e passarlo a memoria allarga il domanì. La mia valle ha un ‘aria selvaggia, una magica ala: batte sul viso e lo rende più ampio, amante di colori nascosti, quelli che portiamo con noi, insieme a un’idea.”(pag. 63 di “ Le molteplicì età”).

In realtà è proprio vero che questo Paese diventa la soglia della sua coscienza. L’immagine è impressa dentro, indelebile:

“Presepe di luci
nella notte scura.
Ti guarda Gesù dolente
Sulla montagna con le braccia aperte.
Il convento di S. Antonio
Nella luce che lo attornia
Ha fiaccole bianche
Per la gente che veglia.”(Paese – pag.31 di ”La casa sulla pietra”)

La fotografia si arricchisce di altri elementi:

“Dritta tra due Serre
quella pietrosa
piena di crete
quella delle vigne
verde ad occidente
è luogo per poeti

A Tricarico
alligna il girasole
cantano i balconi
girano stornelli
sul cuore trafitto”.(Tricarico pag.32 di “Una passera grigia”)

E’ addirittura commovente come l’immagine di questo suo paese sia impressa dentro, nell’anima con i suoi tratti inconfondibili.

La sua terra, “le querce cantano all’alba”’, “l’allodola che saltella nei fossi”’, la sua casa “che pende sulla roccia”, sono tutte immagini ricorrenti che lo inchiodano in un fascino indicibile:

“Non voglio partire
alle prime luci con l’autobus
che mi spoglia il cuore
di foglia verde velluto.
Non voglio lasciare queste terre
Dove crescono lepri
E mia madre cancella il suo volto.
Qui l’amore ha un sapore
E bianca è la neve:
qui le rose crescono rosse.”
(Le rose crescono rosse pag.231 in La casa sulla pietra)

In questa fascinosa rimembranza rimangono le grandi nevicate e il nevischio che scompiglia le tegole e singhiozza tra i vicoli:

“come cade violenta la neve di sera
acceca i fili, i muri, le finestre
coi fiocchi di seta
e un vento di bosco avanza sottile
scompiglia le tegole
singhiozza tra i vicoli.
Le vampe han bagliori rossastri
E sotto roveri colme di neve
La terra è assente, è di pietra.” (Neve pag.3 in La casa sulla pietra)

In questo paese sono presenti, sono attori anche i morti; novembre è il mese

”in cui vivono i morti sepolti in terra rossa
s’accasciano i vivi e piangono sulle pietre che serrano i parenti”.

L’invito è ad accendere i ceri, andare in processione, a piangere

“Non si nasce e non si muore
senza il pianto delle donne”.

E’ come l’incidere raccolto di un corteo portatore di un soffio d’amore:

“Camminiamo in processione
come uccelli verso il fiume
guardiamo lontano
l’acqua viva del Basento
E’ un soffio di rugiada
Che giunge a questi morti
Un onda di giardino
Un fresco rosmarino.” ( In Novembre pag.26 in La Casa sulla pietra)

Ma su quest’onda suggestiva si rincorrono vivissimi anche i ricordi della sua infanzia: la strada eterna dimora dei fanciulli, le ansie delle madri, i prati verdi, le viole e bimbi che mirano le frecce sugli sparvieri:

“Non andrò più a salire
sulla Torre della Saracena
Aggrappandomi ai muri marciti dall’acqua.
Allora mia madre veniva tremante
Richiamata dai gridi dei ragazzi
E mormorava sottovoce una preghiera.
Allora i prati erano verdi
E le viole spuntavano tra le erbe
E primavera con le linfe nuove
I bambini correvano scalzi
Più veloci del vento
E scagliavano pietre agli sparvieri
Ferendoli al piede.
Allora la casa era la strada
E il sangue era rosso come rosa selvatica.” ( Allora la casa pag.l6 La casa sulla pietra)

I ricordi allora si trasformano in fiabe:

”Ignoranza magnifica
tornano in fila
i cerchi d’infanzia…” ( Le molteplici età ,pag.33)

“I sogni d’infanzia
rappresentano fiabe
invitte da pietra.” ( Le molteplici età pag.48)

In Giannotta sono presenti gli affetti famlliari del padre; ricorda le fatiche del vivere, il lavoro mai interrotto, l’esortazione a fermarsi per sfuggire alla morte:

“Soffristi tra genti straniere
per solcarci una vita
Sudi e fatichi ancora
Ma smetti il lavoro
La morte è là
A spiare ferina
Sotto il ciliegio in fiore”(Al Padre pag. 36 in Una passera grigia)

E poi la madre. Per il poeta non è più quella dell’infanzia; non ha più le chiome nere ma è la vita sempiterna che non sarà mai un crisantemo! Appeso alla sua veste potrà andare verso la luce.

“Ha chiome bianche e mani bianche
e parla con la Madonna…”

“Mamma non sarai un crisantemo
andremo insieme nella notte alta
ad annegare tra le nebbie delle selve
mi prenderò con fasce la tua luce
m’appenderò fanciullo alla tua gonna”. ( La Madre pag.13 in La Casa sulla pietra)

Dopo quanto siamo venuti dicendo non ci possono meravigliare versi come questi:

“Amo il mio paese
dove caddi la prima volta
e l’amore svegliò la prima fiamma” (Una Passera grigia pag.49)

o questi altri:

“Sagoma di treno che serpeggi a vuoto
tu sei la mia casa.
Il tuo marcio castello
Mi pare il cuore degli anni passati.
Gente che va, gente che viene.
Io torno a te
Ritrovo gli amici e i parenti
E la mia casa rifatta
Al di sopra dell’acqua infossata
Ritrovo l’amico morto
Che ci lasciò”. ( La mia casa pag.43 in Una Passera grigia)

Voglio terminare con un giudizio critico del Prof. Franco Vitelli “Letteratura Lucana del secondo dopo- guerra in Basilicata” sett.-ott.1976, pagg.55-56:”Una via tutta sua sembra seguire il poeta- magistrato Giuseppe Giannotta che dagli esordi della trasfigurazione lirica della realtà, quasi su:rreale, è andato man mano arricchendo il suo discorso fino a recepire  in “Allegria del sole” cerri stimoli etnografici dovuti probabilmente all’influsso degli studi di Ernesto De Martino e darci in ” Le molteplici età” squarci di poesia scientifica e spaziale con soluzioni stilistiche assai flessibili e interessanti.”
E’ vero e basta scorrere alcune pagine delle sue annotazioni per esserne convinti: Ad esempio a pag. 87 di “Una passera grigia” questa volta in prosa :”Oggi sono stato nella selva vicino a Fonti. Tutto era uguale , come quando ero bambino; gli alberi gli stessi e l’acqua della fontana nitida. Passavano i contadini con le braccia gonfie di vene. Con uno  di essi mi sono fermato a parlare e mi ha detto che l’argilla si spacca e il grano stenta a  crescere. C’è nei loro occhi una pazienza che rasenta quella dei cani, dei muli. Non si ribellano mai, tranne che in alcuni momenti quando la fame insulta i figli. Se fosse per loro, morirebbero dolcemente come gazzelle. E’ ammirevole questo senso che li lega alla prole , tanto che per essi sono pronti alla rivolta, al carcere e alla morte. Qui tutto avanza piano. Rina; non come nelle terre del Nord. La civiltà è quella di secoli fa e, come tu vedi, le donne hanno volti antichi, di divinità in fuga”-
Per l’oggettività storica dobbiamo dire che l’epoca in cui esternava tali giudizi, forse persistevano tracce in questo mondo ma sarebbe difficile oggi vederne espressioni generalizzate. Lo assalì, problematica anche l’introspezione dell’anima, della persona umana.
Scrive sgomento:

“La luce del centro
misteriosa pagella
non si decifra ” (Le molteplici età pag.31)

Neppure le conquiste della scienza riescono ad esaltarlo, a liberarlo

“Glenn, Titov e Gagarin
a bordo di una stiva
e io morente discepolo
sotto lo zenit” ( Le molteplici età pag.20)

Non ci meraviglia allora l’autocondanna senza possibilità di scampo:

“Siamo alterni di genio
in questo eterno girare di soli in marcia,
portiamo con noi il miraggio – d’esseri d’eccezione non abbiamo che un
cuore di gas- mettetevi, o tutti un casco, di cesio e di oro”. ( Le molteplici .età pag.15)

Non ci meraviglia così se la poesia di Giannotta solitamente assorbita in un alone di commossa serenità diventa filosofica e problematica:

“Ma perché devono esserci le lacrime
omeri torti e musi a doppio?
Perché la buca e la bara?
Questo dio ingoiala barca
I sassi e la notte.
Tutto si mangia.
Mandategli brocche di nebbiolo .” ( Le molteplici età pag. 13)

Leggendo questi versi ho riportato la convinzione di un’anima scevra da ogni appiattimento, lacerata si, ma tesa alla ricerca della verità:

“Inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te”.

E così come ricordo di questo nostro Concittadino poeta che amò la sua terra e trasformò in lirismo vissuto ed intenso questo sentimento mi piace leggere per il bene spirituale dell’anims una lirica dal titolo ”DIO”

”Dio discende paterno nei letti
la sera e di giorno
viene nei vicoli stretti
tra case gonfio di pianto.
Aiuta a tutti a varcare barriere
Di spine e di sangue, trascina
Pacato i suoi veli, i suoi occhi
Cresciuti nel cielo, tra mani e piedi spezzati.
Porta una luce che è nata
Da misteriose pianure
Dove crescono Angeli
Porta il mio cuore nell’acqua
Di mari irradiati.
M’inchino riverente al suo amore
Generoso quanto l’aurora.” (DIO pag.40 in La casa sulla pietra

 

 

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