Postfazione alla lezione di don Benì Perrone sulla poesia di Giuseppe Giannotta
Ho preferito pubblicare in formato word la lezione di don Benì Perrone sulla poesia di Giuseppe Giannotta, nonostante le difficoltà della conversione del testo originario e il prodotto non soddisfacente, per poterla presentare immediatamente sulla pagina senza dover ricorrere alla mediazione del link.
Su questo blog avevo pubblicato il 25 febbraio 2011 – nel primo mese della sua fondazione – un articolo su Giuseppe Giannotta poeta. Avevo pochissimi elementi per scriverne, benché abbia ben conosciuto Peppe Giannotta e avessi letto alcune delle sue poesie– me le inviava dall’America Pancrazio Desopo, che fu tra i più cari amici di Peppe –, mal conservate tra le mie carte e andate perse nel mio disordine: poesie che erano ben più delle cinque pubblicate nel detto articolo[1]: Empi giochi, Serpeggia l’anguilla, Giallo, Vedere perire, Orizzonti.
Non conoscevo le raccolte delle poesie di Giannotta e, quando aprii il blog, non mi riuscì di procurarmele presso le Case editrici che le avevano pubblicate, né di procurarmele in altro modo. Certamente non detti un grande contributo alla conoscenza della poesia di Giannotta, salva la diffusione telematica delle suddette cinque poesie[2]. Ritengo tuttavia di non dover cancellare tale articolo data la presenza di fatti e ricordi che, benché estranei all’argomento e di assai poco conto, mi piace non disperdere.
Grazie all’amicizia e alla cortesia di Salvatore Miseo sto venendo in possesso delle raccolte Una passera grigia, Orazio si confessa e Robbò – oltre che della citata lezione tenuta da don Benì Perrone presso la Sezione di Tricarico dell’Università delle Tre Età -.
Dopo tale lezione e la presente postfazione presenterò il libro «Una passera grigia», per riferire l’esergo e la nota di critica letteraria che precedono le poesie, e, quindi, pubblicherò le poesie con cadenza normalmente settimanale.
Don Benì Perrone, nella sua lezione, riferisce il seguente passo di un saggio su Giannotta di Nerio Tebano[3], pubblicato sulla «Tribuna del Salento»: «Basta leggere la maggior parte delle liriche di Giannotta per accorgersi che esse prendono direttamente l’aria della terra dove sono nate … Forse egli non le avrebbe mai scritte se fosse nato e vissuto altrove. Il clima della Lucania, di questa terra difficile, l’atmosfera mediterranea, hanno una influenza determinante sugli uomini e sugli artisti che vivono … Non possono vedere altro, non possono e non sanno vivere altrove, visceralmente legati alla loro terra e perciò passionali, comunicativi, vigorosi ». Non è un caso che Peppe, pur avendo conseguito le qualifiche più elevate della magistratura, abbia saputo compiere la scelta saggia e coraggiosa di non staccarsi dalla Lucania; e don Benì Perrone, nella citata lezione, richiamando il passo del Tebano, notò che «L’ispirazione più genuina di Giannotta va riconosciuta in questi motivi: la sua terra, il suo paese, la sua casa, il padre, la madre, l’infanzia, i giochi … Chi con lui e come lui ha vissuto i tempi, le situazioni, le vicende non può non sentirsi riassorbito da un mondo che oramai non c’è più e continua a vivere nel ricordo e nella nostalgia». La dicotomia ricordo/nostalgia sembra contrastare una rigida ed esclusiva operazione nostalgia ed evocare, con obbligato riferimento a Seneca, il bisogno che tutti facciano i conti col passato, che appartiene a tutti, a chi il passato ha vissuto e a chi è venuto dopo: rincorrere i ricordi del passato fa bene, sciuparli è un peccato. E’ colpa grave non perdonabile sconvolgere e mistificare il poetico ricordo del primo amore di Rocco Scotellaro[4]. «Per non essere provinciali occorre possedere un villaggio vivente[5] nella memoria, a cui l’immagine e il cuore tornano sempre di nuovo, e che l’opera di scienza o di poesia riplasma in voce universale » (E. De Martino).
[1] tutte facenti parte della raccolta Una passera grigia, MBS Editrice Potenza, 1986
[2] pubblicate nel libro di Ettore Catalano, Le rose e i terremoti – La poesia in Basilicata da Scotellaro a Nigro, Osanna, Venosa, 1986
[3] critico d’arte e cinematografico, pittore, poeta e narratore, nato a Taranto. Trasferitosi a Roma nel 1961, aveva dedicato prevalentemente al cinema la sua multiforme attivita’ artistica e culturale. Vincitore nel 1951 del premio di poesia ”Salvatore Di Giacomo” di Napoli, successivamente Tebano scrisse racconti e critiche cinematografiche su ”L’Unita”’, soggetti cinematografici e riduzioni teatrali. Fu amico di personaggi di grande notorieta’ del mondo del cinema e dell’arte come i registi Cesare Zavattini, Alessandro Blasetti, Vittorio De Sica e Massimo Mida, l’attrice Isa Miranda e il pittore Franco Gentilini, di cui fu assistente presso la cattedra di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Roma. La sua grande passione per il cinema si è intrecciata sia con l’attivita’ di pittore, con mostre dedicate ai famosi registi come Michelangelo Antonioni nel 1963 e Sergej Paradzanov nel 1991, sia con l’attivita’ di scrittore. Ha pubblicato diversi volumi: ”La scatola magica” (1983), ”Poesia del cinema” (1989) e ”Rudy, personaggio in famiglia” (1995). Collaboratore anche delle riviste ”Cinemasessanta”, ”Contributi” e ”Nuova rassegna”, nel 1985 Nerio Tebano prese parte al film ”Festa di laurea” del regista Pupi Avati. Nel 1995, in occasione del centenario del cinema, la Rai ha dedicato al professor Tebano un documentario intitolato ”Memorie di uno spettatore”.
[4] chi ha orecchi per intendere sa che alludo al vero Sopportico delle Api.
[5] Sottolineatura del blog
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