COSIMO MONTEFUSCO di Nunziante, nato il 1936, aiuto bufalaro, Contrada Battaglia, Piana di Eboli, Salerno.

NOTA DI Rocco SCOTELLARO.

      Le piane di Salerno, di Eboli e di Paestum, nella bassa valle del Sele, che si estende, lungo la fascia costiera, dal fiume Forni, subito dopo Salerno, fino ad Agropoli, sono da poco meno di un ventennio soggette alle opere di bonifica e di irrigazione, che hanno seguito le alterne vicende, il più spinto investimento pubblico e privato e le brusche interruzioni, imposte dalla tecnica agraria, dalla politica di bonifica e dalla guerra. I due Consorzi di bonifica, quello in Destra e quello di Paestum in Sinistra del Sele, su una superficie di circa 38.000 ettari hanno eseguito ed eseguono importanti opere di irrigazione: dalla diga di sbarramento del Sele, presso Persano, ai ripartitori di acqua, ai canali diramatori, agli impianti idrovori, e strade di bonifica, elettrodotti; hanno costruito alcune borgate rurali e molte stalle, hanno sistemato una vasta estensione di terreni; hanno largamente sostituito alle antiche colture tradizionali, cerealicole e zootecniche, le moderne e industriali del tabacco, del pomodoro, della barbabietola da zucchero. Niente o quasi niente è invece mutato nei rapporti tra proprietà e lavoro, mentre l’impresa della terra si è associata all’impresa industriale e i nomi dell’onorevole Carmine de Martino e dell’ ingegnere milanese Bruno Valsecchi, figlio di Antonio, stanno dietro alle Società anonime (la SAIM, Società Anonima Industrie Meridionali costituita per la grande concessione di tabacco, del De Martino; la SAB, Società Anonima Bonifiche, dell’ ing. Valsecchi, un uomo che non nasconde le sue intenzioni: egli non è un benefattore del Nord, egli investe nell’acquisto di terra e nella trasformazione fondiaria, sussidiata dallo Stato, i larghi profitti delle tante opere pubbliche eseguite dalla sua azienda). La SAIM (De Martino) arriva fino al Tusciano e confina con la SAB (Valsecchi con 800 ettari) che si trova oltre questo fiume. L’assoluta maggioranza della superficie coltivabile della bassa valle del Sele è nelle mani dei grandi proprietari capitalistici e dei grossi affittuari (oltre a De Martino e Valsecchi, i fratelli Pastore, i fratelli Scaramella, il senatore Mattia Farina e figli, il principe Colonna, i fratelli Alfano, Conforti, Mellone, Garofalo ecc.). Bisogna dire che non sono i soliti padroni meridionali, conosciuti come assenteisti : sono degli abili imprenditori, fatti audaci e sicuri dai profitti delle produzioni di pomodoro e di tabacco e degli allevamenti zootecnici. La piccola proprietà è soprattutto quella costituita in seguito alle quotizzazioni del Comune di Eboli che risalgono al principio del secolo e all’altro dopoguerra con piccole quote da uno a due ettari, lontanissime, a San Berniero, nel Campolungo a 18 chilometri da Eboli e quindi molto meno migliorate perché gli intestatari non avevano mezzi propri e non ottennero mai il credito. Pochissima terra hanno le varie cooperative costituitr in questo dopoguerra: La Falce, l’Achille Grandi, la Reduce, il Contadino, L’Aratro, La Spiga di Grano, La terra, L’Aurora, Il Corno d’Oro, sparse nei comuni di Eboli, Battipaglia, Pontecagnano[1]. I contadini sono, nella grande maggioranza, compartecipanti e salariati fissi e avventizi. Questa antica realtà sociale non è affatto mutata, ed esiste tuttora nelle zone a vigneti, nei pressi di Eboli, il vecchio rapporto tra il direttario e l’utilista, denominato «la quarta ebolitana», per cui l’utilista, che è il contadino, che ha praticamente impiantato la vigna e gli alberi da frutto, deve corrispondere al direttario un quarto del prodotto. Una volta gli avventizi scendevano nella piana, durante le lavorazioni stagionali per la semina e per il raccolto, dalla collina ebolitana e dai monti di Capaccio, in « compagnie », pigiati nei carretti; oggi scendono le ragazze per la raccolta del pomodoro e del tabacco, pigiate anche esse nei camion. Resta il problema del ripopolamento della Piana, perché le opere pubbliche sono ancora insufficienti e a causa degli immutati rapporti sociali. Lentamente si popola la pianura che fu abbandonata, più che per le invasioni barbariche dal mare, in seguito all’abbassamento del terreno lungo la fascia costiera avvenuto in epoca imprecisata e per cause geologiche incerte: Paestum, nel IV secolo a. C., era alta 25 metri sul livello del mare; e si ebbero la palude e la malaria e la popolazione si stabili nei centri di collina. È tale il ricordo della infestazione malarica, che la libellula, con le sue quattro ali e il lungo addome, dai vivaci colori – se ne vedono rosse e verdi sui canali – è qui chiamata « ‘a morte» ed è scambiata per l’anofele. Il ripopolamento della Piana data, tuttavia, dal 1857 allorché il governo borbonico, che già, per un rescritto di Ferdinando II, aveva iniziato opere di bonifica con le colmate dei terreni più depressi mediante le torbide dei fiumi, stabili in 120 case alcune centinaia di persone scampate al terremoto di Melfi. Era questa la prima colonizzazione e quelle case formarono il primo nucleo di Battipaglia, nuova cittadina che conta oggi 16.000 abitanti e che pare lo specchio di certi aggregati agricolo-industriali del Settentrione con le. sue case recenti di un secolo e recentissime perché ricostruite dopo questa guerra. Dalle prime colmate là dove le acque mangiavano il terreno, è passato quasi un secolo: sono opera recente la diga, i canali di irrigazione, i colatoi per la raccolta delle acque di scolo nei terreni sottostanti all’estrema fascia dunosa, gli idrovori del torrente Asa, dell’ Aver sana, della Foce del Sele, che sollevano l’acqua e la versano in mare, e i canali di dispensa delle acque alle aziende, sopraelevati, di cemento, ma che sembrano di legno come truogoli cavati con la scure nel tronco delle quercie, uniti tra loro, e i canali con gli argini, che le squadre degli operai passano a pulire dell’erba alta. E qui nella piana tutto ancora bolle: ci sono gli acquedotti rurali, ma più importanti sono i pozzi; c’ è la luce elettrica, ma più numerose sono le case di campagna con l’illuminazione a petrolio, ad acetilene, a candela; ci sono i canali di cemento, ma anche quelli in terra e i fossi, i pantani, i ‘tonzi ‘ per la bufala; i pascoli si trovano in mezzo ai terreni coltivati e nel Campolungo, e il travertino affiorante nella zona di Paestum. L’industria, che è giovane e appare solida nelle mani degli stessi terrieri, concorre ad animare l’ambiente sociale. Della SAIM (De Martino) sono gli stabilimenti per la lavorazione (essiccamento e imballaggio) del tabacco a Picciola (Pontecagnano), a Fiocche, a Persano, a Santa Lucia (Eboli), a Santa Cecilia (Battipaglia); un conservificio e un caseificio a Battipaglia; una filovia da Battipaglia a Mercato San Severino, che dicono una delle più importanti d’ Europa, estesa per un tratto di circa 80 chilometri. Della SACER (Valsecchi) uno zuccherificio. Molte sono le fabbriche conserviere: di Cirio, Baratta, Garofalo, Rago. La ciminiera della fabbrica di quest’ultimo sovrasta il Palazzo comunale di Battipaglia di cui il Rago, prima di scomparire, ora è un anno, rapito o ucciso o emigrato o suicida non si sa, fu sindaco, prima monarchico e poi socialista e impiegò nella campagna elettorale amministrativa del maggio 1952 un elicottero per lanciare i manifestini « Vota Rago ». Era un modesto proprietario di terra, ma grande affittuario di terreni del Comune di Eboli, che egli ha migliorato, pagando tuttavia al Comune canoni irrisori. Numerosi sono i caseifici per le mozzarelle e le famose provole affumicate, i pastifici, i mulini moderni e imponenti, i bar; nuovi sono i cinema di Eboli, dove con 5 lire si potevano vedere, nel 1950, due film e in più si aveva un buono per una tazza di caffè, per ragione di concorrenza tra i due proprietari. Vicino a Pontecagnano il dottor Morese alleva i migliori cavalli da corsa e ha una stanza della masseria piena di coppe di argento e di trofei per le tante vittorie. Dai centri abitati si stende alla campagna una costellazione di case coloniche, diversissime tra loro, senza pretese, gialle o bianche di travertino o di pietra calcarea, oltre il viale di pioppi della grande strada asfaltata, la Tirrena. Da Battipaglia si scende per questa strada verso il mare e si attraversa il Compolungo dove la bonifica fa ancora la figura che fanno le rose davanti ai ternpli di Paestum. Nel Campolungo le stradette sono polverose e bianche e il silenzio è rotto, nelle grandi chiazze del pascolo, dal muggire delle bufale nere. Si vedono i monti di Capaccio come segno certo di orientamento perché la Piana ingoia. Siamo, si dice, nel cuore della bufàla, nella zona, tra tutte quelle già paludose dell’ Italia centro-meridionale, che ha il più gran numero di bufali, più di 6000 capi su 12.000 che ancora ne esistono in Italia. Sovrasta e circonda questa zona la più arretrata agricoltura del Cilento povero, degli Alburni e della montagna lucana. Anche per le bufale c’è qui chi pensa, e giustamente, alle forme più moderne di allevamento semibrado o stallino, c’ è chi ha costruito delle vere piscine, anzi il signor Signorini ha adottato le doccie nel recinto al posto dei’ tonzi ” fossi pieni di acqua melmosa, che le bufale si scavano nel terreno acquitrinoso; ma bi- sogna fare i conti con l’intelligente, selvatico animale, iroso quando partorisce, docile quando il figlio succhia i capezzoli, pronto a muoversi al suo nome cantato dal bufalaro e a farsi mungere da lui soltanto se ha sotto anche il figlio, e, se questo muore, deve annusare la sua pelle indossata a un altro vitello. La bufàla ancora contrasta col suo nero mantello fangoso ai canali prefabbricati, al pomodoro e al tabacco, alle file di pioppi giovani, che, dopo dodici anni, si vendono per legname con un profitto già colato in gola al proprietario. Montefusco Cosimo fu Nunziante è un ragazzo di 17 anni che fa l’aiuto bufalaro a Campolungo e che non sa ancora, come si dice, il mondo: è l’erede del secolare mestiere del padre, ma si indovina che, malgrado sia analfabeta, egli resisterà poco ancora con le bufale, perché sente che il suo lavoro è in liquidazione, che i pascoli sono accerchiati dai pomodori e dal tabacco, che i ‘tonzi’ di acqua melmosa dove le bufale vanno a bagno si asciugheranno; e se anche questo non avvenisse, egli sa che c’ è Salerno, c’ è Napoli più in là, che non ha visto, ma ha visto Eboli e c’ è suo zio a Eboli che ha la radio « che suona le canzoni ». Ogni bufala ha un nome che è un versetto e i nomi di una mandria di bufale fanno un poema. Cosimo, che non sa leggere e scrivere, recita il poema con dolcissima cantilena tante volte al giorno, quando chiama all’alba le bufale a una a una per mungerle e quando al pascolo le richiama se scantonano fuori le staccionate nei parchi degli altri o sulla via. Cosimo è un pezzo di ragazzo con gli stivali di gomma, alto, bruno, con le carni cotte e sode, e così pare pittato perché non parla e se parla o dice i versetti è come se non capisse il significato delle parole: è una creatura che deve ancora parlare. _________________ [1]     La Lega Provinciale delle Cooperative di Salerno assicura che in tutta la Valle del Sele le cooperative agricole conducono oltre 3000 ettari di terreno. In realtà queste cooperative costituite per la Legge Gullo, dopo il 1944 ed in seguito alle occupazioni di terre, sono scarsamente efficienti e molte in via di liquidazione. Basterà notarne la varia ispirazione politica e la scarsa consistenza di ognuna, A Eboli esistono queste Cooperative: L’Aurora, monarchica, con 88 ettari; L’Aratro, democristiana, con 30 ettari; La Falce, comunista, composta di 480 soci, di cui 203 in possesso di 276 ettari; la Reduce, dell’Associazione Combattenti e Reduci, di 209 soci, di cui 80 in possesso di 70 ettari; Il Corno d’Oro, con 11 soci senza terra; l’Acille Grandi, democristiana con 165 ettari. A Pontecagnano: L’Aurora, con 313 soci, di cui 22 con terra per 92 ettari. A Battipaglia: La Terra, con 66 soci, di cui 20 con terra per 24 ettari.

 

One Response to NEL CUORE DELLA BUFALA (Cosimo Montefusco) _ Nota di R.S.

  1. giovanni pisano ha detto:

    Breve ma interessante spaccato di bonifica e riforma fondiaria nella Piana del Sele.

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