Come della maggior parte delle poesie di Giuseppe Giannotta, anche delle tre poesie qui pubblicate si sente l’aria dove sono nate. L’aria della pace all’ombra del pergolato d’uva, in «Serpeggia l’anguilla», l’aria  del bel terrazzo in fiore (e come non avvertire anche l’aria del «Giardino dei poveri» di Rocco Scotellaro?), dove il garofano, il giglio e l’oleandro, affratellati, si difendono dal gelo o dai dardi del sole, l’aria dei lontani e pur lieti ricordi, quando si possedeva un solo paio di scarpe, inevitabilmente consunte, per l’estate e l’inverno, per i balli, le passeggiare nel corso o sulla via nuova e per dare calci al pallone.
     L’immagine del fresco sotto il pergolato di «Serpeggia l’anguilla» mi offre l’occasione di ricordare un romanzo «La pergola dell’uva clinta» di Maria Luisa Busti. Vi si narrano vicende che si snodano tra fine dell’Ottocento e i primi del Novecento.  Sembra che nulla possa cambiare in questo mondo immobile, dove, peraltro, la vita percorre il suo viaggio nel tempo. I personaggi devono fare i conti con avvenimenti che li sovrastano, travolgendoli nei loro drammi privati. tradimenti e amori rifiutati. Gli uomini e le donne della Cascina Grande resistono alla bufera vivendo spalla a spalla e sorreggendosi a vicenda. In quel misterioso viaggio nel tempo, la pergola dell’uva diventa il luogo della tregua, dove per un poco tace il rumoreggiare inquieto della Storia e dove si placano anche i sentimenti più dolorosi.
     Il verbo «serpeggiare» mi ha rimandato a un appunto giacente tra le mie carte, di cui non ho riportato la fonte e l’autore, che suona: «Il fumo della sigaretta sale serpeggiando, sinuoso attorno a quello del caffè. Un gioco amorevole di abbracci tra le mie droghe». Un gioco amorevole di abbracci che, per me, è cessato senza rimpianti e nostalgia il primo maggio 1976, dopo aver fumato, al preciso spirare del giorno precedente, l’ultima mia sigaretta. Solitario, dopo il pasto di mezzogiorno, serpeggia il fumo del caffè.
     E’ il caso si ricordare, riguardo alla poesia «La terrazza» che l’oleandro è uno dei fiori più affascinanti. Per celebrare il fascino, poeti, pittori e musicisti hanno dedicato versi, pennellate o note. Ma tutta la pianta è tossica, in ogni sua parte sono contenuti glicosidi cardioattivi capaci di alterare il ritmo cardiaco, causando aritmie di varia natura. Bellezza e crudeltà

 Serpeggia l’anguilla

Non voglio venire
dove striscia il serpente
o nei rovi
dove feriscono le spine
e nemmeno fra le ginestre
dove stanno talpe bigie
o fra l’erbe stinte
della palude limacciosa:
vi è l’anguilla che serpeggia.
Stamane voglio rimanere
a godermi il fresco
delle pergole d ‘uve acerbe.

Terrazza

Il garofano il giglio e l’oleandro
sono le piante della mia terrazza.
Tutti e tre si dicono a vicenda
quando il gelo li affratella:
– Difendiamoci con muraglie
dal bisturi che arde.

Il vento

Il vento che mi fascia
è caldo gentile,
la terra che m’accoglie
è pulita soffice,
la pietra che tocco
è liscia lucida,
il giardino che posseggo
è fresco arioso,
il fiume che mi bagna
è verde agile,
il cavallo che mi porta
è alto trotta,
la frusta che tengo
è gialla schiocca,
i capelli sottili
son lunghi, lucenti,
e le scarpe che calzo
son lacere, rotte.
Perché le scarpe che calzo
battono brecciame
 

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