Non ricordavo più le tarde serate estive trascorse a sciorinare lo scibile intorno al pozzo nella piazzetta di Monsignore. Di solito ne discutevamo: io, Gino e Benito Lauria, Antonio e Nicola Albanese e Nicola Scaiano. Antonio reagiva ai nostri discorsi frivoli, pretendeva che discutessimo esclusivamente dei grandi problemi dell’umanità, che per lui erano le verità svelate da Lenin in «Stato e rivoluzione» sul conflitto inconciliabile tra le classi. Alla fine anche lui si piegava all’ovvietà che dei grandi problemi dell’umanità non potevamo farci carico solo noi e prendeva parte attiva alle nostre discussioni, serie o facete che fossero.

     Alcune sere le dedicammo alla ricerca, tra le ragazze tricaricesi, delle divine Tre Grazie. Lo diceva Concetto Valente che Tricarico è vocabolo greco, che può avere due derivazioni: treis-charis-chora, la città delle tre grazie, o treis-chariaris, la graziosissima. Nessun dubbio, almeno da parte nostra, che Tricarico fosse città graziosissima. Ne dubitava, invece, l’avvocato De Maria, alla cui fornita biblioteca facevamo ricorso, col permesso di consultare liberamente la mitica Enciclopedia Treccani, e ricavavamo materia per le nostre discussioni intorno al pozzo.

     L’etimologia che fa di Tricarico la Città delle Tre Grazie non voleva infatti farci sapere, come scetticamente pensava al contrario l’avvocato, che a Tricarico c’erano (e ci sono e ci saranno) anche più di tre fanciulle che meritano l’appellativo. Attorno al pozzo i nostri cervelli sprizzavano scintille alle ricerca del significato vero e profondo della etimologia in questione, con le radici piantate nella mitologia e nella Magna Grecia. Antonio si arrabbiava, ma poi si quietava e collaborava alla ricerca.

     Fu seria la nostra ricerca. Molte cose stabilimmo, ma non tutto. Giunse il tempo delle responsabilità, abbandonammo il pozzo e ci sperdemmo per le strade mondo. Infine, uno per volta, i miei compagni del pozzo mi hanno lasciato solo. Sono sicuro che mi aspettano intorno al pozzo nella piazzetta di Monsignore oltre la linea d’ombra che hanno attraversato.

     Stabilimmo che le Tre Grazie fossero tre ragazze tricaricesi, belle come le tre dee che si contesero il pomo che Paride concesse ad Afrodite, creature dell’Olimpo e della Terra, di quella Terra che si chiama Tricarico, Tre Grazie che ogni generazione di tricaricesi avrebbe riconosciuto e ammirato.

     Erano ( e sono e saranno) ben più di tre le fanciulle di Tricarico degne di essere annoverate tra le divinità apollinee, ma noi prendemmo troppo sul serio il nostro compito.

     Fummo incerti se le Tre Grazie fossero figlie di Zeus e di Mnemosýne. Ci fu chi di noi scoprì e lesse la Musognìa di Vincenzo  Monti e ci lesse le due ottave che cantano la nascita delle Muse, figlie di Giove e di Mnemosýne. Le Muse sono nove. Come scegliere tre tra loro? Cerca e ricerca scoprimmo le Tre Grazie figlie di Zeus e di Eurinone, personificazioni della grazia e della bellezza, che dispensavano a piene mani: Aglaia la splendente, Eufrosine la rallegrante, Talia la fiorente.

     Le cercammo tra le ragazze di Tricarico in carne e ossa, con le quali avessimo un certo rapporto di amicizia e tuttavia fossero lontane come dee. Per dirla come va detta: bisognava anche che ci considerassero dei mocciosi. Non riuscimmo a individuare in questa stretta comunità tutte tre le Grazie. Sapevamo chi era Aglaia la splendente ed Eufrosine la rallegrante, ma non chi fosse Talia la fiorente.

     Io appartengo a una generazione che compì il primo prodigioso salto tecnologico passando al pennino Cavallotti, in lamina d’acciaio, che non si spezzava come il precedente pennino in lamina di rame, ma che ugualmente, come questo, intingendolo nel calamaio talvolta infilzava una mosca. Lascio figurare quanto sia lontano dal comprendere i misteri dei moderni mezzi di comunicazione, che oggi non sono più gli stessi di ieri e domani non saranno più quelli di oggi. Faccio una enorme fatica a muovermi nei socialnetwork, che infatti non frequento e lascio raramente scorrere velocemente.

     Lasciando scorrere velocemente Facebook mi è parso di riconoscere Talia. Era una fotografia condivisa da M.D. con V.S., che ritrae la più bella del reame. Ma non spetta a me riconoscere Talia e mi permetto di esprimere il desiderio che i visitatori di F.B., gli amici di coloro che hanno condiviso la foto, o almeno alcuni tra loro, riescano a passare dalla favola alla mitologia per dare a Tricarico le Tre Grazie della nuova generazione.

 

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