Sto per fare un “tagliando”, per cui, non so per quanti giorni – comunque pochi, mi assicurano – dovrò limitarmi nel leggere e nello scrivere. Metterò quindi da parte il blog. Arrivederci a presto. Saluti a tutte e a tutti. (a.m.)

 —————-

     Pubblico in questo articolo le prime tre poesie della terza sezione della raccolta di poesie di Giuseppe Giannotta «Serpeggia l’anguilla».
     Il linguaggio poetico di Giannotta – che ritengo sia un linguaggio ermetico, che persegue l’ideale di una poesia pura, essenziale, libera da ogni finalità pratica – mi ripropone il problema più volte postomi, di cui ignoro se sarò capace di cercare la soluzione, di capire la lingua in cui una poesia è scritta. Se non si comprende questo credo che non sia possibile capire ciò che appartiene allo stile individuale di un poeta.

     Sono un discreto lettore di poesie, mi abbandono al tono e al suono della parole, apprezzo se la poesia parla al cuore, ma inciampo sull’aspetto linguistico. Il proliferare di poeti non mi lascia perplesso, apprezzo il bisogno di dare libero sfogo ai propri sentimenti, ma non credo che per esprimere poeticamente i propri sentimenti sia sufficiente andare ogni tanto a capo. Sarà per questo che nel mio cassetto non ci sono poesie. Si dice che i cassetti di ognuno sono traboccanti di versi, ma nel mio cassetto sono riposti solo quattro versi. Secondo me sono quattro versi bellissimi, ma sono versi solo perché tre volte sono andato a capo: se cancellassi gli “a capo”, il testo in prosa sarebbe ugualmente bello. Giannotta in «Serpeggia l’anguilla» ci ha lasciato brani di poesia in prosa.

     Prendiamo la poesia Il posto di Rocco Scotellaro:
E ora ti sei messo a posto
tieni il posto e mangi pane.
Piangi piangi cuore contento,
non ti puoi più lamentare.
Hai fatto la faccia del pane
con la crosta e la mollica
ti diverti con la fatica,
con le femmine ti arrangi.
Piangi piangi cuore contento
non ti puoi più lamentare.
Dicevi una volta che quelli dei posti
camminano col culo
e con la faccia di pane.
E’ vero. Quelli fanno finta
di essere chissà che cosa
e fanno finta di essere niente.
Piangi piangi cuore contento
non ti puoi più lamentare.
Poi si sposano e portano la tasche
piene di chiavi ed hanno
figli femmine e maschi
e si chiamano e sono soavi.
Ma tu che hai tradito patria e onore
sei punito e non trovi l’amore,
ma tavola pronta e mangi tonno.
Piangi piangi cuore contento
Finita è la fame, la sete e il sonno.

      Essa ha una data significativa “Portici, 6 gennaio 1953” (se vuoi, leggi il mio commento postato il 5 aprile 2012) e giudizi opposti. Liquidatorio quello di Giovanni Caserta (Storia della letteratura lucana, Ed Osanna, Venosa, p. 345)«Come si giustificherebbe altrimenti la pubblicazione di una poesia come Il posto, assolutamente insopportabile? Se ne leggano i primi versi: [….]. Sembrano versi scritti in una cantina, tra le urla di gente semiavinazzata. …»

     Di segno affatto opposto il giudizio di Francesca Cosentino nel commento al seddetto mio post: « Al di là del contenuto questa poesia di Scotellaro é molto bella anche dal punto di vista stilistico. Se la paragoniamo alle prime poesie di Scotellaro ci rendiamo conto di come il suo poetare avesse, con il tempo, subito un’evoluzione. Trovo di gran classe l’uso della rima all’interno di questa poesia. Scotellaro utilizza sapientemente la rima interna al verso già dai primi due versi oltre ad alternare l’uso della rima alternata e della rima baciata. In questo modo la poesia é molto musicale e piacevole alla lettura».
      Bella mi pare la terza poesia qui postata I soli berci, a prescindere dal titolo e dal primo verso Bimba con soli berci. I berci sono urla sguaiate, grida volgari di ubriachi. Una bimba con soli berci non esiste, è uno sbaglio lessicale del poeta.
Stella sola
Quella stella in cielo
piange perché sola.
Fra poco altre stelle
la confonderanno:
e lei sarà scontenta
sultana dimessa.
Il verde
Il verde che mi prende
è quello della valle
che scorsi tra fasce
oblique di pioggia.
Erompe da finestre
da stagioni ferrigne
sotto l’acqua che colma
i nostri cieli bigi.
È immagine viva
accesa nel tuoocchio.
I soli berci
Bimba con soli berci
rifletti luci convesse.
Vorresti un cane che scivoli
la notte su specchi
una vespa in balia
a sinistri scirocchi
una tenda in pilacci
dove cadono i morti,
desideri il mondo a rovescio
bimba dagli occhi-stress.
 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.