GLI INEDITI _ Gruppo C)
Il gruppo C comprende quattro quadernetti:
1 ° «Canzone e proverbi popolari di S. Chirico Nuovo» raccolti da Michele Scaccuto.
È un quadernetto a righe di 5′ elementare di 11 pagine manoscritte, diviso in due parti. Nella prima sono trascritti in dialetto 108 proverbi, nella seconda 22 canzoni (quartine, ottave, decine, canzoni narrative e iterative [1, 13, 17, 18, 19]). Le traduzioni di alcuni di questi testi, trovate fra le carte dattiloscritte del gruppo A, il prof. Bronzini, che curato la raccolta e sistemazione, le ha qui riportate con asterisco.
2° È un quadernetto a righe di 4′ elementare, di 16 pagine manoscritte con dedica: «Al professore Pedio con molti ossequi. Maria Mastroroberto-Mazzasetta». Irsina, 30 novembre 1924».
Contiene 4 raccontini, 2 strofette religiose, 3 proverbi, 2 indovinelli, 1 brindisi e «cose che si dicono in dialetto irsinese» ossia filastrocche, formulette, ninne nanne ecc., e «usi di paese», ossia grida di venditori ambulanti. Il testo italiano è a fronte.
3° Quadernetto a righe di 5′ elementare di 13 fogli manoscritti.
Raccoglie versi per nozze datati nel 1886 e altri divertissements conviviali ed occasionali di Vito Sansone di Bella, che si definisce nella dedica del primo carme nuziale «un più che settantenne vecchio cucco di poeta». Sulla etichetta della copertina si legge «Sacco Giustino – Bella – 1927», forse il nome del possessore del quadernetto o di colui che ha trascritto i versi da altro vecchio quadernetto per tramandarli.
4° Versi popolari del sac. Nicola Tomasulo vergati da due mani su tredici pagine di un quadernetto a righe di 4′ elementare.
Una prima mano ha trascritto le prime tre pagine del quaderno (copertina, epitaffio funebre, l’ode per nozze d’argento di Umberto e Margherita di Savoia sovrani d’Italia), di altra mano sono le successive, dove leggiamo in rima schermaglie politiche fra don Nicola Tomasulo, aspirante alla carica di consigliere provinciale di Bella, e il suo avversario Paolo Ferrone; e fra don Pustulese e Grippo aspiranti alla carica di deputati in Parlamento.
Il paese è San Fele, l’anno il 1892.
E’ parso meritevole di un primo piano la riflessione manoscritta sul folklore, comunicata da Scotellaro a una sua amica del Nord, perché ci dà la prova più esplicita che a Scotellaro interessava non l’accademia del folklore, ma il folklore vissuto e prodotto dai contadini senza che ne sapessero il nome.
La trascrizione riproduce fedelmente gli originali nella grafia con qualche ritocco della punteggiatura. Delle poche e minime correzioni è data notizia nelle note”.
I testi di ciascun gruppo sono numerati progressivamente. Le lettere minuscole dell’alfabeto indicano altre versioni dello stesso testo rinvenute tra le carte.
L’apparato critico viene differenziato col corpo minore dagli Inediti scotellariani. Quasi ad ogni testo il curatore appone note testuali e linguistiche. La numerazione dei testi e dei versi è ovviamente aggiunta. Quindi il professore riporta, quando c’è, sotto lo stesso numero della versione dialettale unito alla sigla VS (= Versione [di] Scotellaro) la versione in lingua e in versi di Scotellaro, contrassegnata con un asterisco perché si trova per lo più dattiloscritta a parte. Quando è più d’una, ricorre anche qui alle lettere alfabetiche (es. 4 VS, 4 VS a).
Con la lettera T aggiunta al numero sono riportate le traduzioni dei corrispondenti trasmesse a Scotellaro insieme con i testi. Dove mancano, è data in corpo minore la traduzione in prosa. Seguono quindi i riscontri lucani, con riferimenti extra-lucani alla tradizione dei canti più noti.
Avverto l’esigenza di un rifacimento della parte del blog dedicata a Rocco Scotellaro, che spiegherò col primo post successivo alla prossima postazione delle poesie di Giuseppe Giannotta,
Gli Inediti di Rocco Scotellaro, in particolare, dovranno essere coordinati con Frammenti ed epigrammi, i Canti popolari, gli Stornelli e le Poesie dialettali.
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