Orizzonti, Giallo, Voli di gazze

      Pubblico altre tre poesie di Giuseppe Giannotta tratte dalla raccolta «Serpeggia l’anguilla»: Sorridono ambigui, Giallo, Voli di gazze. Leggendole, mi è tornato alla mente il giudizio riferito da don Benì Perrone nella lezione su Giannotta, detta all’Università della Terza Età di Tricarico, che ho riportato in un precedente post e qui ripeto. «Basta leggere la maggior parte delle liriche di Giannotta per accorgersi che esse prendono direttamente l’aria della terra dove sono nate … Forse egli non le avrebbe mai scritte se fosse nato e vissuto altrove. Il clima della Lucania, di questa terra difficile, l’atmosfera mediterranea, hanno una influenza determinante sugli uomini e sugli artisti che vivono … Non possono vedere altro, non possono e non sanno vivere altrove, visceralmente legati alla loro terra e perciò passionali, comunicativi, vigorosi». Non sono queste le sole poesie di Giannotta che reclamano questo giudizio, che forse potrebbe estendersi a tutte. L’ho ripetuto perché, come ho detto, leggendole, mi è tornato alla mente. E il ritorno è il moto di un sentimento di nostalgia .

     In Voli di gazze si avverte l’eco delle vaste letture di Giannotta, e qui si avverte, come uno scherzo, e il tono della ballata e l’inusuale verbo “m’adergo” (M’adergo su frange di nubi), l’ispirazione scherzosa della «Leggenda di Teodorico» di Giosué Carducci.

     Teodorico, re degli Ostrogoti, secondo la leggenda, ebbe una triste fine: un cavallo indemoniato lo scaraventò nell’Inferno, facendolo precipitare nel cratere di un vulcano.

     E’ mezzogiorno ed il re Teodorico sta prendendo il bagno, quando ode il suono di un corno da caccia.

Su ‘l castello di Verona

batte il sole a mezzogiorno,

da la Chiusa al pian rintrona

solitario un suon di corno,

mormorando per l’aprico

verde il grande Adige va;

ed il re Teodorico

vecchio e triste al bagno sta.

     Mentre Teodorico si abbandona al ricordo degli anni giovanili, gli si annuncia l’apparizione di un cervo straordinario. Chiede in tutta fretta l’occorrente per la caccia e balza in groppa ad un cavallo nero che gli era apparso vicino. Il destriero, che è una creatura infernale, schizza rapido lontano e, con una corsa pazzamente fantastica, giunge all’isola di Lipari e fa precipitare nel cratere del vulcano il re, colpevole di persecuzioni e di omicidi contro gli italici di fede cattolica.

Via e via su balzi e grotte

va il cavallo al fren ribelle:

ei s’immerge ne la notte,

ei s’aderge in vèr le stelle.

Ecco, il dorso d’Appennino

fra le tenebre scompar,

e nel pallido mattino

mugghia a basso il fosco mar.

Ecco Lipari, la reggia

di Vulcano ardua che fuma

e tra i bombiti lampeggia

de l’ardor che la consuma:

quivi giunto il caval nero

contro il ciel forte springò

annitrendo; e il cavaliero

nel cratere inabissò…

Ecco, infine, le annunciate tre poesie..

Sorridono ambigui

I colli verdi sorridono ambigui.

Sotto il verde c’è lo spirito

del mondo che sparge la vita.

Lo spirito del mondo cuce e scuce:

scotenna il vecchio e lo sprofonda.

Giallo

Giallo …

È lo stupore delle foglie

quando vivono i morti

d’arancia vernotica.

È il colore dei vivi

se s’insinua la maJaria

d’alba percossa.

È di rame il cielo;

la ginestra inzolfa

di giallo la creta.

 Voli di gazze

Vado nel tempo che fugge

tra le aiuole dei recinti

e mi figuro un viandante sospinto

da voli di gazze.

Porto il mio cuore

tra i sassi aspri delle vie

e non mi trafigge la luce

se il sole rischiara

i rettangoli dei tufi.

Mi trascino sui fusti

d’alberi con guglie di nebbia

e se arrivo alla cima

mi bagno il volto di stille.

M’adergo su frange di nubi

rotte da borea,

e lassù il mio cuore

per non brevi cammini

cambia in aria vetrina.

 

 

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