ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – QUADERNO A CANCELLI

RIPRESA

Le chiome degli alberi a marzo
sono mani perlate di giovani.
Non si cresce, lo sapete, in amore;
è sempre per giovani e vecchi uno sfarzo.
 
Da Solopaca a Poggioreale
fischiano treni e uccelli
alle case sparse, nidi e stazioni,
agli uomini che portano le pale.
 
Qui vicino cresce un nuovo quartiere,
dodici bambini che non vanno a scuola
tengono ai Granili un cantiere,
chi porta i tufi e chi tiene la cazzuola.
 
Il vecchio barcaiuolo parla del gabbiano
che non ha il nido né a terra né a mare.
All’orologio pare la tarantola
con le zampe alle sei e venticinque,
la mattina di sole ricomincia. 

(1952)

p. 198 della II edizione di E’ fatto giorno, dicembre 1954 con 10 tavole di Aldo Turchiaro

      Ripresa è una poesia di Rocco Scotellaro del 1952. Le deturpanti ferite lasciate dalla guerra erano ancora visibili, ma dalla guerra l’Italia usciva piena di speranze. Ricordo le macerie sin dal 1949, quando iniziai i miei studi universitari a Napoli, che si vedevano dal treno per lunghi chilometri prima di giungere alla vecchia stazione di Piazza Garibaldi.

     La poetica di Scotellaro esprime con vari toni, su uno sfondo di pessimismo, il clima di speranze, come nella poesia La stabilità della moneta e della strada,dedicata a Giorgio Bassani, e nella poesia Ripresa. Qui sono, quattro strofe di suggestioni poetiche. Un canto di speranza è la seconda strofa, dove da Solopaca, in provincia di Benevento, a Poggioreale, allora alla periferia di Napoli, fischiano treni e uccelli / alle case sparse, nidi e stazioni, / agli uomini che portano le pale.
     Nella terza strofa si vede crescere un nuovo quartiere ai Granili e dodici bambini, che non vanno a scuola, tenere un cantiere: chi porta i tufi e chi tiene la cazzola.
     Rocco non conosceva il libro di Anna Maria Ortese Il mare non bagna Napoli, che sarà pubblicato l’anno appresso nei Gettoni della Einaudi, con una presentazione di Elio Vittorini. Allora si discuteva di tutto e una discussione accanita e senza sconti si accese sul Mare non bagna Napoli, giudicato un libro contro Napoli, una passeggiata fra tre orrori napoletani, tra cui i Granili,. Una condanna che costò all’autrice un addio a Napoli, che si fece del tutto definitivo.
     Il libro fu ripubblicato da Adelfi quarant’anni dopo, ed Erri DE Luca, sul Corriere della Sera del 21 maggio, tornò ad accusare: Cara Ortese, questa non è Napoli. sono passeggiate tra gli orrori, in cui prevale il sentimento ingovernabile del panico. Introdursi nella miseria senza compassione è violazione di domicilio e intimità.
     I Granili, abbattuti nel 1953, erano un immobile di mastodontiche proporzioni, in cui ogni aspetto era assai notevole, costruito a partire dal 1779 lungo la linea costiera – lo ricordo impressionante dal tram, quando andavo a Portici -, destinato al deposito di granaglie e masserizie.
     La sua storia fu infelice: già poco tempo dopo la sua erezione, il palazzo sembrò troppo grande per essere adibito ad singolo scopo, che peraltro fu ritenuto improduttivo, dal momento che pochi sfruttavano gli innumerevoli ed enormi spazi interni per depositarvi le loro masserizie. In esso si impiantarono degli arsenali di artiglieria e una fabbica di cordami. Fu quindi adoperato come carcere per i sostenitori della repubblica napoletana del 1799, durante l’epidemia di colera
     Fu seriamente danneggiato durante i bombardamenti del 1943, ma non tanto da scoraggiare le tantissime famiglie che avevano perso la casa a prendervi alloggio. Nel Mare non bagna Napoli si racconta l’ultimo uso dei Granili, quello di rifugio per i senzatetto della città, in un edificio in parte crollato, crivellato di crepe e in generale e marcato degrado.

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