ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – QUADERNO A CANCELLI

 I PASTORI DI CALABRIA

Alle case arse di Paola sul mare
tra i fichi contorti e le fiumare,
che calano dai letti i sassi morti,
i Calabresi scesi dalla Sila
vanno a affondare le mazze nell’acqua:
non è più la pila per le vacche, è il mare.
 

(1952)

p. 197 della II edizione di E’ fatto giorno, dicembre 1954 con 10 tavole di Aldo Turchiaro

     La poesia I pastori di Calabria, del 1952,ricorda il viaggio in Calabria di Rocco Scotellaro dal 4 al 6 dicembre 1952. Il viaggio fu intrapreso da Carlo Levi, che, prima di rientrare a Roma dopo il suo viaggio in Sicilia attorno alle terre dell’Etna (viaggio raccontato nel libro Le parole sono pietre, Tre giorni in Sicilia, Einaudi, 1955), decise di addentrarsi nei paesi della Calabria per rendersi conto di “come funzionasse la Riforma, e di quali cambiamenti quel tanto di riforma agraria che era stata realizzata avesse portato nella vita e nei pensieri dei contadini”.
     In quel viaggio in terra calabra Rocco Scotellaro raggiunse Levi presso l’albergo Imperiale di Cosenza, viaggiando in treno di notte da Napoli. Per Scotellaro fu “il primo viaggio in Calabria” nelle terre della riforma. E forse fu anche l’ultimo. Egli in quei giorni era scaduto da consigliere comunale di Tricarico, perché, secondo la legge allora vigente, i consigli comunali venivano sciolti 45 giorni prima delle elezioni, che a Tricarico erano state indette, per la naturale scadenza del mandato, per il 7 gennaio 1953; e gli restava un anno di vita.
     In quel viaggio avrebbe trovato, come preannunciatogli “a viva voce” da Manlio Rossi- Doria, “un mondo sconvolto dal di fuori con l’applicazione della legge per la Sila e intimamente restio e incredulo e cinico come l’asino tirato a cavezza dal nuovo padrone su una nuova strada”.
     Una lunga descrizione, o racconto-inchiesta, di quel rapidissimo viaggio venne pubblicata su “L’Illustrazione Italiana” del 1953, nn. 5 e 6, a firma dello stesso Levi.
     Rocco Scotellaro, nella lettera indirizzata da Portici a Manlio Rossi-Doria, così sintetizzava quanto a lui detto da Carlo Levi nel corso delle poche battute scambiate tra di loro: «Ho l’impressione che due debolezze, le due parti politiche, si combattano tra loro; che è un errore far coincidere ogni atto dell’Ente con la politica governativa; che i tecnici vanno, gli altri no». E così puntualizzava: « …ho interrogato nel lungo giro di 2 giorni centinaia di contadini, parlato con Sindaci e preti, con tecnici e politici (Spezzano e Crotone deluse molto Carlo, che mi lasciava polemizzare e ascoltava pacifico e attento). Sono venute 15 cartelle di appunti. Te le manderei, non so che valgano. […] Da Cosenza a Spezzano Sila, Molarotta, S. Giovanni in Fiore, Santa Caterina, Crotone, Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, Melissa, Cirò Marina, Poderi San Nicola di Corigliano, Spezzano Albanese, Cosenza: due giorni sono certamente pochi, ma l’impressione generale si coglie abbastanza bene.
A Santa Severina abbiamo visto anche l’arcivescovo.
Ed eccoti che ne penso: Ti è mai capitato di vedere trasportato sul letto operatorio una persona la cui vita o morte interessa la famiglia e tutto il paese? Un piccolo paese meridionale, dove le donne si mettono a strillare e non muovono una mano, gli uomini si accalcano con le mani penzoloni, guardie e carabinieri accorrono a fare i cordoni, e i medici bisogna andare a cercarli a casa e arrivano alla spicciolata, e la malattia e l’intervento del povero uomo vengono discussi mille volte, e quello sta lì con gli occhi feroci, non parla e non si muove, ma, dicono le donne, l’angelo e il diavolo se lo litigano?».
     Le “15 cartelle di appunti” erano sicuramente note anche a Carlo Levi per la puntuale convergenza di vedute e di analisi riscontrabile negli scritti leviani e per il pregnante ricordo di quell’ultimo viaggio compiuto con Rocco contenuto nella introduzione a “Le parole sono pietre”. Da quel libro Levi, pur tra ripensamenti e rimpianti, decise di escludere il racconto “Contadini di Calabria” perché risentiva troppo dello stile dell’inchiesta.
     Nell’Introduzione a Le parole sono pietre Levi dichiara che Rocco «era presente in ogni pagina, in ogni parola». E ciò che aggiunge di lui –osserva il prof. Bronzini nell’Universo contadino e l’immaginario poetico di Rocco Scotelaro, p. 222 – è testimonianza che vale moltissimo per sapere anche noi di più di Scotellaro rilevatore di canti popolari, e non solo di canti, del suo modo di andare, oltre che di vivere, fra i contadini da intellettuale inquirente e insieme compagno partecipe dei loro problemi:
« Non mi aveva lasciato un momento in questa breve corsa nelle terre della Riforma; e volle prendere per me gli appunti, con l’affettuosa modestia dei suoi modi di ragazzo, scrivendoli, come era sua abitudine, su pezzetti di carta, su pacchetti di sigarette, su scatole di cerini; parlò con i contadini con quella sua capacità di rapporto diretto che riusciva ad aprire facilmente anche le bocche e gli animi più serrati, discusse con gli astratti propagandisti trovati a Melissa, cantò coi cantori albanesi quando ci fermammo la sera, che sull’altipiano cadeva un primo freddo nevischio. Fu lui a costringere, quasi aggredendolo direttamente con serrati argomenti e con lo sdegno di fronte al sopruso, il funzionario dell’Ente Sila di Melissa a riconoscere i suoi torti davanti ai contadini riuniti. Forse avrei fatto bene a riscrivere e a ripubblicare tutto questo brano raccontando di lui: del suo arrivo a Cosenza, all’albergo Imperiale, per raggiungermi, dopo una notte di viaggio da Napoli; della notte passata nel piccolo albergo di Crotone dopo aver passeggiato nelle vie notturne, sotto il palazzotto del barone Galluccio; della sua persona così giovane, espansiva e poetica, della sua fraterna capacità di rapporto. Sua è anche la lettera che ho citato, con il paragone della Riforma alla malattia improvvisa di un contadino; e le idee che espongo nel mio scritto sull’autonomia contadina erano anche le sue. Fu forse l’ultimo viaggio che abbiamo fatto insieme nei suoi paesi contadini, e mi è caro soffermarmi a rievocarlo».

 

 

 

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