ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – QUADERNO A CANCELLI

PALAZZO REALE DI PORTICI

Dai grandi archi della Reggia

il mare è il primo a farsi vedere

bianco sotto le luci nere

delle nubi lasciate dal giorno.

Verso le grandi chiome dei pini

spunta una Napoli corallina

con le sue luci di palco.

Degli amici vicini e lontani

cade il ricordo, come cade la ghianda

dalla nuvolaglia dei lecci.

(1952)

p. 196 della II edizione di E’ fatto giorno, dicembre 1954 con 10 tavole di Aldo Turchiaro

 
     Il Palazzo Reale di Portici fu costruito nel 1742. Siamo nel secolo XVIII, che può essere considerato uno spartiacque tra il passato e il mondo contemporaneo e pertanto ritengo di dover tracciare un brevissimo quadro storico, uno schizzo.
     Con Carlo Di Borbone – figlio del re di Spagna Filippo V e di Elisabetta Farnese – comincia una nuova fase nella storia delle terre meridionali e, dopo secoli di dominazione straniera, prima spagnola e poi austriaca, era sorto un regno autonomo e unitario, anche se, inizialmente, ancora legato alla Spagna.
     Il re aveva 18 anni. Incoronato col nome di Carlo VII, egli, per interrompere ogni continuità col passato e dare il segno di un nuovo autonomo inizio, ignorò la numerazione e si chiamò semplicemente Carlo.
    Durante il regno di Carlo di Borbone (1734 – 1759) fu concretamente avviata e diretta dal ministro Bernardo Tanucci una politica riformatrice, di cui era stato sostenitore e teorico Pietro Giannone. Tanucci tenne anche la reggenza del regno nel periodo della minore età di Ferdinando IV, dopo che Carlo si trasferì al trono di Spagna col nome di Carlo III.
     L’arrivo di Carlo di Borbone innescò per Portici un’evoluzione socioculturale con proposte innovative nel quadro topografico: la bellezza di questi lidi, infatti, colpì a tal punto il re il quale, essendo fortemente appassionato di pesca, alla quale era prevalentemente dedita la popolazione porticese, decise di situarvi la sua privata sede estiva con la costruzione del famoso Palazzo Reale, adibito quindi a sede della Facoltà di Agraria dell’Università Federico II di Napoli.
     Concludo ripetendo quanto, a proposito della Facoltà di Agraria di Portici, ho scritto altrove. Non mi azzardo a dire – per assoluta incompetenza – cosa è stato l’Istituto di Economia e Politica Agraria di Portici. Ma credo di poter dire che esso è stato ben più che una Facoltà di agraria universitaria. So che Manlio Rossi-Doria recensì un prezioso volumetto col quale Luigi Einaudi, nei suoi studi di economia, aveva dedicato un’attenzione non trascurabile ai problemi dell’agricoltura pubblicando, tra l’altro, nel 1939, una raccolta di scritti di Cattaneo dal titolo Saggi di economia rurale. Riferendosi ai saggi di Cattaneo Manlio Rossi-Doria così si esprimeva: «Sebbene egli abbia preferito la forma frammentaria e occasionale del saggio, il suo pensiero teorico ha la compiutezza e sicurezza della scienza ed egli resta uno dei più acuti e vivi economisti agrari di ogni tempo». Da ricerche empiricamente effettuate mi risulta che Carlo Cattaneo aveva svolto i suoi studi sull’agricoltura lombarda sul finire della prima metà dell’Ottocento e aveva avuto una parte rilevante nel dissodare il terreno a favore del crescere degli studi economici e sociali sull’agricoltura. Manlio Rossi-Doria, allora giovane economista agrario costretto per ragioni politiche a scrivere nell’anonimato, impegnato a riflettere sul futuro dell’agricoltura, vedeva negli scritti di Cattaneo le tracce che egli stesso aveva seguito nella propria formazione e la direzione da intraprendere per il dopo, quando diverrà uno dei massimi rappresentanti della Scuola agraria italiana. Uno dei massimi rappresentanti che aveva visto passare in quella Scuola personalità del calibro di Francesco Saverio Nitti e Oreste Bordiga, padre di Amadeo Bordiga, fondatore e primo segretario del partito comunista ed espulso dalla linea di continuità ritmata nei congressi del partito – Gram-sci-To-gliat-ti- Lon-go-Ber-lin-guer – e dal partito.
     Ho già azzardato troppo e chiudo l’argomento con la citazione di un libro che presumo utile ad esporre l’argomento accennato: Luigi Musella, Da Oreste Bordiga a Manlio Rossi-Doria. L’agricoltura meridionale nella Scuola agraria di Portici.

 

 

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