ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – AMORE E DISAMORE

 

COSTIERA AMALFITANA

Mare celeste di pozzi blu e lattee correnti,

l’abito di foglie del carrubo ti segna,

piega all’ansito tuo piano e indifferente

la sua chioma di onde sulle rocce violate e coperte.

 

L’amore non chiede nulla, né frutti né serti

nel giorno che ha colori aggrovigliati e soli,

nella notte quando cade l’abbondanza del cielo

fino ai piedi della marina punta di lampare.

 

Tu sola vorrei amare, bambina che ora spunti

e hai la piccolezza dell’arancia verde

e dovrai ingiallire per avere la mia età.

 

E’ sbocciata la silenziosa regina di una notte  *

che affascina il muro vecchio come una lampada

e l’alba tra un’ora la richiuderà

amante insonne affogata nei sepali biondi.

 

E noi fiorire e religioso andare,

ognuno nel suo turno di stagione,

nei giorni e nelle notti senz’amore.

 

(1952)

* fiore del cereus nycticalus (nota di R.S.)

p. 172 della II ed., dicembre 1954 di E’ fatto giorno con 10 Tavole di Aldo Turchiaro
pubblicata in Botteghe Oscure, Quad. XI, 1953.

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     Era una mattina di giugno o di luglio dell’indimenticabile estate 1949: la tragedia di Superga il 4 maggio, il doppio trionfo di Fausto Coppi al Giro d’Italia il 12 giugno e al Tour de France il 24 luglio, la mia maturità classica. Ero impegnato per gli esami presso il liceo di Amalfi. Quella mattina ricevetti l’inaspettata visita in collegio di Rocco Scotellaro. Da circa tra mesi Rocco era per la seconda volta sindaco di Tricarico, a conclusione (temporanea) di una «brutta storia», come lo stesso Scotellaro scriverà a Carlo Muscetta nel dicembre del 1949, della quale «varrebbe la pena di scrivere un libro». Chiuso con lo spoglio delle ultime schede il confronto con la lista concorrente cattolico-monarchica, si aprì un aspro contrasto nell’ambito del gruppo maggioritario spaccato in due,   che si compose dopo ben tre mesi, a marzo del 1949, con l’elezione a sindaco di Rocco e della giunta da parte del consiglio comunale. Si smise di tirare la corda quando oramai il pericolo che il consiglio fosse sciolto cominciò a diventare concreto.

     Uscimmo per una visita all’incantevole cittadina che da il nome alla divina costiera. Ebbi l’impressione che Rocco non fosse già stato ad Amalfi. Visitammo per prima la Valle dei Mulini, risalendo per un lungo tratto il corso del torrente che scende dai monti Lattari, tra Agerola e Pogerola, fornendo d’acqua le cartiere allora ancora in attività. Percorremmo all’incirca un paio di chilometri. Un tratto troppo breve per ascendere in cima alla valle, dove una fitta rette di sentieri fanno toccare con mano l’intimo dialogo tra mare e monti e conducono a luoghi naturali di grande interesse, da cui gli sguardi si aprono alla visione di panorami tra i più belli del mondo, detta con una frase non fatta. Nessuno di noi due era stato in cima, ma io ne avevo sentito tanto parlare, che mi pareva di aver visitato quei luoghi e di conoscerli, e li descrivevo a Rocco; e Rocco, estasiato, commentava la passeggiata.

     Al ritorno ci dirigemmo verso la cattedrale attraversando la casbah amalfitana. Visitammo la Cattedrale e il Chiostro del Paradiso (per visitare il quale occorse pagare 5 lire a testa, di cui Rocco si fece carico anche per me); raggiungemmo il porto, dal quale, attraverso la nota lunga scalinatella, salimmo all’ingresso dell’hotel Cappuccini. Più avanti c’è una galleria a sinistra della quale, scavato tra le rocce, c’è un sentiero da dove ammirammo il panorama del golfo di Salerno racchiuso a nord dalla penisola sorrentina e a sud dalla costiera cilentana fino a Punta Licosa e ad Agropoli e Castellabate. Una distesa del mare con una superficie di circa 2.500 chilometri quadrati, punteggiati di barche, sulle cui fiancate i pescatori battevano ritmicamente i remi  per richiamare i pesci per la pesca notturna.

     Ci sedemmo su un gradino roccioso e mangiammo un panino che ci eravamo procurati in una salumeria in piazza (sempre a spese di Rocco). A quell’altezza si sentiva il profumo salmastro del mare. Rocco mi disse: – Guarda questo mare cullato dal ritmo di tamburi quanto è bello. E’ un mare unico questo mare celeste attraversato da correnti color latte ed è diverso e unico: il mare celeste, le barche, le correnti color latte che lo attraversano e quelle larghe chiazze di colore blu cobalto -.

     La poesia porta la data del 1952, tre anni dopo quella visita ad Amalfi. Forse l’ho letta dopo la morte di Rocco sulla prima edizione dello Specchio. Mi ricordai di queste parole leggendo il primo verso (Mare celeste di pozzi blu e lattee correnti). E’ l’Amalfi che mi rimane negli occhi e nel cuore.

 

2 Responses to Rocco SCOTELLARO, COSTIERA AMALFITANA

  1. Angelo Colangelo ha detto:

    Bello, molto bello! È agevole comprendere perché alcuni momenti della vita lascino una traccia indelebile nella mente e nel cuore. Ed è bello poterli descrivere e condividere, come tu fai, con grande perizia e lidevole generosità. Angelo Colangelo

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