ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – VERDE NASCE

 VERDE NASCE

 E sono bastimenti le colline

quando il sole è sui laghi di nebbia.

Verde nasce ai pirastri lucenti,

anche la macchia è in fiore,

frasca alla montagna, erba alle marine.

 

O campi quanto campa quercia d’oro

cinta dai carpini molli

sulla strada vaccaglia!

I cani sentirli ansimare

e la scure del boscaiolo

ai primi caldi accesi nelle terre.

 

Hai rivisto i fanciulli dei tempi

spingere i cerchi d’acciaio

nella corsa tra i cardi e il polverone.

Hai giocato con le còccole leggere:

tu eri a sbattere i cagnoli sulle pietre!

Hai rovistato l’uova calde dei nidi,

hai stretto nel pugno il ventre alle passere;

spezzasti i nervi alle foglie del verbasco

per sfilare l’iniziale di Gesù.

E la campagna aveva tanti amori,

tu eri l’amante che non sa parlare.

Perché i frutti sono a maturare

la capra ti guarda se la mungi,

ma nel cammino che ti mena lungi

dalla quercia d’oro

cinta dai carpini molli

sulla strada vaccaglia,

troverai la spoglia del serpente

nelle spine ammollite

della bava delle vacche

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II ed. dicembre 1954 di E’ fatto giorno con
10 TAVOLE di Aldo Turchiaro. P. 103-4
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 Questa poesia è la terza dell’ottava sezione di E’ fatto giorno e le da il titolo. Scelta felice, perché questa, a mio avviso, è una delle più belle poesie di Rocco, il cui godimento sta nella lettura dei suoi sublimi versi. Mi limito a due brevi notazioni. I primi due versi suscitano un’emozione indicibile. Scendendo col postalino alla stazione di Grassano, dall’altezza della Pietra e per tutto il percorso della via Appia che, aggirando la Serra, dominava la valle del Basento invasa dalla nebbia scintillante sotto il sole, e da cui sbucavano le cime delle colline dolomitiche, che sembravano bastimenti. La terza strofa, nell’insolita struttura di venti versi, richiama un universo di ricordi (Hai rivisto), specialmente di fanciulli, e, nei versi finali, il mito del serpente (sulla strada vaccaglia, / troverai la spoglia del serpente / nelle spine ammollite / dalla bava delle vacche). Piegata accuratamente e gelosamente conservata, la spoglia del serpente portava buona fortuna.

Ritorna il mito eterno e onnipresente del serpente, frequentemente presente anche in tutta l’opera scotellariana. In questi versi si ritrova il serpente dopo aver letto della sua presenza nei primi versi della prima poesia della sezione: Eli Eli (Un mezzogiorno colmo di silenzio / correvo da mio padre che potava / (dovevano fare all’amore i serpenti / sulla rotabile distesa, / la prima volta che fui solo / forse con la morte). Nel momento in cui nasce il dio, re del cielo, nasce il serpente, re dell’inferno. Ecco l’inizio del mito, ripeto, così presente, in tutte le manifestazioni, in tutta l’opera scotellariana. Il prof. G.B. Bronzini ha il merito di aver efficacemente reso il mito nell’opera scotellariana nel capitolo III del suo L’universo contadino e l’immaginario poetico di Rocco Scotellaro, pp. 89 ss., e il mito del serpente nel secondo paragrafo dello stesso capitolo, intitolato Il serpente e gli altri animali simbolici, pp. 90 ss. Mi permetto di consigliare, a chiunque ne abbia la possibilità, di leggere almeno il paragrafo.

 

 

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