Un nuovo libro sul brigantaggio meridionale e recensione dell’Avvenire
Non ho (ancora?) letto il libro sulla cui uscita informo e il quotidiano L’ Avvenire ha pubblicato la recensione di Antonio Giuliano, che si può leggere di seguito.
La cadenza delle pubblicazioni delle poesie di E’ fatto giorno proseguirà regolarmente e nel pomeriggio spedirò la poesia «Pozzanghera nera il 18 aprile» e il commento.
L’ Avvenire venerdì 27 febbraio 2015
Insorgenti e briganti, uniti nella difesa della tradizione
ANTONIO GIULIANO
Furono tutti chiamati sprezzantemente ‘briganti’. Erano coloro che dopo l’Unità d’Italia (1861), nell’ex Regno delle Due Sicilie, si opposero al processo unitario. Se però ‘brigante’ è diventato solo sinonimo di delinquente non si può liquidare la resistenza allo Stato unitario nel Meridione come fenomeno di mera criminalità organizzata. Una premessa da cui parte anche questo scrupoloso e interessante saggio di Francesco Pappalardo che si guarda bene dal mitizzare gli eventi o resuscitare antistoriche nostalgie. Anche il ‘banditismo’ che tra i secoli XVI e XVII raccolse soldati disoccupati e disobbedienti fiscali, manifestò una forte opposizione all’invadenza statale. Ma non può essere confuso con il brigantaggio postunitario, processo inedito e dai contorni più vasti, di cui la lotta armata fu solo un aspetto. Dentro c’erano senz’altro la fedeltà dinastica al regno meridionale, la resistenza all’invasore, la ribellione alle insopportabili misure del nuovo Stato unitario (come la leva obbligatoria e l’accentuata fiscalità), le diffuse tensioni sociali oltre all’inevitabile criminalità comune.
La storia stessa del termine ‘brigante’ è complessa: da soldato di piccole compagnie di ventura a fuorilegge, fino a oppositore del nuovo ordine politico dopo la Rivoluzione francese. Dopo l’Unità d’Italia fu usato per demonizzare i resistenti, ma brigands furono bollati per esempio anche i cattolici trucidati in Vandea. Senza dimenticare che prima del brigantaggio c’era stata in Italia e in Europa un’altra sollevazione popolare: l’«Insorgenza» (1792-1814), l’insieme cioè delle resistenze contro la Rivoluzione francese esportata anche in Italia dagli eserciti d’Oltralpe di Napoleone Bonaparte. Un vocabolo purtroppo sconosciuto nei manuali scolastici. Eppure intere comunità di connazionali abbracciarono le armi per difendere i propri costumi e la propria fede. Gli insorgenti erano cattolici italiani di diverse parti della penisola e morirono a migliaia testimoniando che ben prima di un organismo statuale unitario la nazione italiana esisteva già, con una sua precisa identità religiosa e culturale. Anche nella lotta dei briganti, sebbene la componente politica fu predominante, non fu estranea la difesa dell’identità religiosa. Frati e sacerdoti furono fucilati perché accusati di collaborare. Non a caso lo Stato unitario fu subito repressivo nei confronti della Chiesa con la confisca delle sue proprietà e centinaia di vescovi cacciati.
Pesa ancora però sul brigantaggio il filone storiografico marxista che lo identifica come lotta di classe dei ‘cafoni’. Un’interpretazione che il libro smonta, al pari della vulgata ‘criminale’, anche con l’ausilio dei registri del tempo. «Almeno 12 mila persone sono arrestate e confinate grazie alla legge Pica del 1863 – spiega Pappalardo – mentre i tribunali militari in diciotto mesi celebrano 3616 processi con 9290 imputati. Fra i denunciati 5816 sono contadini, 1266 possidenti e i rimanenti esercitano altre professioni. Questi dati provano la partecipazione di tutti gli strati popolari’. Al Sud si combatté di fatto una vera guerra civile fra italiani, frutto della volontà d’imporre un sistema politico a un regno secolare (quello di Napoli prima e poi delle Due Sicilie). Per esso e in difesa delle proprie tradizioni civili e religiose perseguitate, si sollevò un intero popolo e non un manipolo di delinquenti.
Francesco Pappalardo
DAL BANDITISMO AL BRIGANTAGGIO
La resistenza allo Stato moderno nel Mezzogiorno d’Italia
D’Ettoris Editori. Pagine 210. Euro 17,90
Sulla rivolta del Mezzogiorno pesa ancora il filone storiografico marxista che l’assimila alla lotta di classe. Ma fu animato da valori, come la rivolta contro l’ideologia giacobina.
ANTI-RISORGIMENTO. Briganti in Lucania dopo l’Unità (Fototeca)
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