ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – CAPOSTORNO

CAPOSTORNO

 E’ fredda del primo verde bottiglia

che mi gioca negli occhi

la terra delle quote scarnita.

Hanno incendiato le coste dei monti

di fiaccole a olio,

scortano il cammino dei muli

tra gli specchi delle pietre e i pantani.

Sono i quotisti affamati

nella processione notturna,

ricercano con gli occhi tutto il piano

ma si hanno ognuno un ennesimo lotto.

Vengono alla terra gravida

e i solchi sono numeri e segni

e sventola la giacca di velluto

su una canna

bandiera alla miseria contadina.

 

La scure che lampeggia ha reso

i tronchi lacerati delle quercie

ossame sparso di calcare.

Sgombra è la terra

come un cielo, senza chioma,

come un’ampia cancellata riflessa

ha l’aria del fulmine gialla.

 

Il primo letto tenero di grano

l’hanno razziato a notte i pastori

di stanza al di là del fosso Acquanera.

E la bestemmia si leva lontana

con la piena fervente del Bilioso

ha tremare la lana sulla gregge.

 

E l’erba ria annacqua il cervello

alle pecore stanche ora d’inverno.

Prese dai mulinelli

rigirano intorno alla coda,

sbattono la testa a pietre e tronchi.

E’ come si perde l’orizzonte

ai contadini nella sera.

                                           (1947)

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II ed. dicembre 1954 di E’ fatto giorno con
10 Tavole di Aldo Turchiaro, p.77
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     Il capostorno è un’affezione cerebrale dei cavalli, bovini, ovini, cani, caratterizzata da indolenza, stordimento, alterazione della coscienza e della motilità.
     La poesia «Capostorno», «Premio L’Unità 1947», rievoca il paesaggio e la processione notturna dei quotisti che andavano e prendere possesso dei loro miseri lotti di terra, delusi per la sproporzione tra la loro fame di terra e quel pezzo di terra che gli era toccato in sorte, dove l’erba verde del grano appena spuntata era già stata razziata di notte dai pastori. I quotisti si sentono allora smarriti e presi da “capostorno”, come pecore stanche d’inverno quando “prese dai mulinelli / rigirano intorno alla coda, / sbattono la testa a pietre e tronchi. E’ come si perde l’orizzonte / ai  contadini nella sera”. Un’immagine pittorica “E’ fredda del primo verde bottiglia”, (iniziale ricordo letterario di un verso di Alfonso Gatto [Carlo Muscetta, «Rocco Scotellaro e la cultura dell’Uva puttanella”, p. 20]) rievoca il paesaggio, ma da essa il poeta non si lascia distrarre e va al cuore della delusione dei contadini.
     Il prof. Bronzini ricomprende anche i versi della prima strofa nella visione, che ho ricordato nel commento alla poesia «Gli abigeatari», della tradizione mistica medievale: cammino e luce.
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