ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – NEVE

COSI’ PAPA’ MIO NELL’AMERICA

E queste sono lucciole traverse

nella mia strada le ragazze pinte

e so che il mio nome non lo gridano

è scritto in un libro di pensione.

Così Papà mio nel’America

stette degli anni a camminare

e poteva anche cadere

nessuno lo avrebbe chiamato.

                                                     (1948)

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II ed. dicembre 1954
con 10 Tavole di Aldo Turchiaro, p.61
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«Così papà mio nell’America» è la quinta lirica che conclude, ricordando la vita di emigrante in America, la biografia del padre di Rocco tracciata nella sezione «Neve». Non può essere lasciato cadere il commento a questa lirica (e alla vita dell’emigrante) del prof. G.B. Bronzini «L’universo contadino e l’immaginario poetico di Rocco Scotellaro», p. 67 ss. Cito liberamente alcuni passi:

     « Il camminare è un bisogno della vita: si vive camminando, secondo un’antica concezione proveniente dal mondo primitivo e cristianizzata, che è rimasta profondamente impressa nella mentalità contadina. E’ naturale quindi che la parabola della vita umana venga delineata anche poeticamente con la metafora del cammino, che ben collima col nomadismo reale del Kirghiso pastore leopardiano errante per l’Asia ».

«In poesia scrive Scotellaro:

Per chi vuole camminare
dalle tombe alle case
dalle case alle tombe. (Le tombe le case in E’ fatto giorno 1954, p. 111)
La mamma cammina
dai letti al focolare. (Viaggio di ritorno, op. cit., p. 148)
Io mi ero messo in cammino
mi hanno mandato lontano. (Biglietto per Torino, op. cit., p. 134)
Però che lungo cammino ho percorso. (A giorno finito due voci, Margherite e Rosolacci, 1978, p. 47-48)
Di notte un quarto d’ora è così lungo
al camminante. (Giovane poesia, Margherite e rosolacci, p. 40)

      Lo studioso materano, in sostanza, ricerca i riferimenti al camminare e al camminante in poesia e in prosa di Scotellaro, che lo porta a delineare, dall’analisi dell’opera scotellariana, la straordinaria costruzione di un sistema paura ↔ ansia, « che riflette un antico e rinnovato comportamento di crisi esistenziale, di cui [si trova] un singolare ricalco dantesco ( di Dante personaggio che tenta di salire la montagna sacra ed è ostacolato dalle belve e sta per essere vinto dalla paura della loro ferocia nell’oscurità della selva, allorché si rincuora alla vista del sole) nell’episodio, rappresentato per iscritto da Chironna evangelico, del suo attraversamento della foresta di Brunswich (Canada), dove, emigrato col padre, all’età di 11 anni, lavorava per la costruzione di una ferrovia», come pure nell’analoga situazione esistenziale raccontata, « con lo stesso modulo medievale, da Giappone, compagno di carcere di Rocco, nell’ultima strofa delle «Memorie della mia vita»:

 E io, tra monti e valli, sfiderò la mia sorte
fra boschi fitti inzinnati pietre
sarà lì il regno della mia morte
con guardie gigantesche e bestie nere»

      « Ma, più della presenza nominale o letteraria, ci interessa quella sottesa e reale, che fa di Dante smarrito nella selva un personaggio simbolico in cui si riconosce il contadino o il pastore lucano, insidiato nella masseria o nell’ovile dalla paura, che il vento gli porta e gli toglie, del lupo. Una paura reale che viene così rappresentata dal vivo da Scotellaro:

 Ma là, fuori la masseria,
oltre il pontone
vicino alla pineta
è l’ululare del lupo inferocito
è il grido selvaggio delle agnelle
che corrono oltre il placido Basento.
Il vento che mi ronza tutt’intorno
m’appaura : giaccio.
Più tardi all’ombra della luna piena
è il cane, è il pastore
che lotta con la belva
e poi la fuga per la vita
là nel bosco dove il lupo azzarda
l’imboscata, dove rimane
con la gola squarciata.
E’ il vento che mi porta il sonno
ora che nell’ovile è morta la paura. (Dietro il Basento, Margherite e rosolacci 1978, p. 96-97)

        « Ciò non vuol dire – si badi – che Dante possa essere considerato un’altra delle fonti o suggestioni letterarie di Scotellaro, da affiancare tout court a quelle di poesia moderna e contemporanea (Pascoli, Leopardi, Corazzini, Moretti, Quasimodo, Ungaretti). Il problema è diverso, in quanto il poeta non sembra attingere e neppure ispirarsi direttamente: è la ideologia contadina che gliene propone strutture mentali análoghe della società e corrispondenti forme espressive, penetrate nella cultura popolare e trasmesse dal Medioevo a oggi. Certe fasi storiche della cultura, come quelle del cristianesimo evangelico e medievale, sono rimaste indelebilmente impresse nella ideologia contadina e ne fanno parte integrante »

 

 

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