Si stampi al più presto l’edizione riveduta e corretta del libro “Il prezzo della libertà”
Si stampi al più presto l’edizione riveduta e corretta del libro
«Il prezzo della libertà»
Rocco Scotellaro Sindaco sanzionò un dirigente del Comune, che ricopriva uno dei ruoli più alti dell’amministrazione, per gli errori di ortografia, grammatica e sintassi di cui erano infarciti i suo atti. C’era molta ironia nel gesto di Rocco, ben sintonizzato col temperamento del soggetto censurato. Che, infatti, reagì ironicamente in pubblico, nel caffè Scardillo nell’ora di punta: – Ninù, un caffè al Sindaco. Mi raccomando che sia cor-ret-to. Hai capito? Cor-ret-to! – Poi, rivolgendosi a Rocco, disse: – Rocco, ricordati: i Sindaci passano, ma i ***** restano -.
Chissà. Forse e senza forse una censura a Pasquale Doria per il libro «Il prezzo della libertà – Lettere da Portici», pieno di errori, alcuni anche madornali, Rocco l’avrebbe comminata.
Immagino il travaso di bile che ha avuto Carmela Biscaglia – e assumo il suo caso come esempio – nel vedere pubblicata una sua misteriosa «Nota bibliografica», dove non si parla di libri di o su Scotellaro, ma della sua vita dalla nascita alla morte. La nota è pubblicata senza firma sul sito del Centro di documentazione Rocco Scotellaro, di cui Carmela Biscaglia è la direttrice. Si tratta, quindi, di un editoriale del Centro e certamente Carmela Biscaglia avrebbe voluto che fosse pubblicato come tale e non come un suo articolo, che tale, formalmente, non è, anche se lo ha scritto lei. Esso, nel libro, peraltro, non è pubblicato come articolo «di» ma «a cura di Carmela Biscaglia», un’espressione che, detta dell’autore – ufficiale o di fatto notorio che sia – non ha alcun senso.
Carmela Biscaglia non avrebbe mai e poi mai dato l’ordine «si stampi» se lei non avesse visto, rivisto e controllato l’articolo e corretti tuti gli errori e i lapsus logici. So qualcosa del suo rigore e del suo scrupolo e, sia detto con tutto il rispetto, della sua pignoleria, giacché sono tre anni che tiene in ballo sul filo un mio articolo; con l’età che mi trovo, temo oramai, che, quando darà l’ordine di pubblicarlo, dovrà aggiungere un commosso mio necrologio.
Mi fermo qui, con un consiglio: si stampi una «seconda edizione riveduta e corretta» del libro, immacolata come se uscisse dall’Accademia della Crusca, e liberata di ogni aporia. Lo richiede il rispetto che si deve ai lettori e a Rocco Scotellaro in particolare.
Le copie anastatiche dei documenti e delle due pagine dell’ «Avanti» del 29 agosto 1954 giustificano, nel frattempo questa prima edizione, che, pertanto, secondo me, nonostante tutto, può utilmente circolare ed essere diffusa.
Io ho due motivi personali per perorare questa moratoria.
Il primo riguarda la suddetta copia anastatica dell’«Avanti». Essa fu affissa a una improvvisata bacheca sulla cancellata della cappella di San Pancrazio, dove la lessi la prima volta, e poi ne comperai una copia, che sono riuscito a conservare per molti anni, ma infine è andata smarrita. Ora è come se l’avessi ritrovata e ne sono felice.
Il secondo motivo riguarda l’accurata dimostrazione del rapporto che Rocco aveva col partito socialista nel 1952 e delle sua ripetuta opposizione alla proposta della sua candidatura per la prima elezione del Consiglio provinciale di Matera dopo la caduta del fascismo. Rocco, come è noto, dovette infine accettare. Le elezioni andarono male, «come forse aveva preventivamente intuito» (pag. 14). Antonio Albanese, al contrario, nelle sue «Memorie» inedite, delle quali conservo una copia, scrive che «Rocco risentì molto di questa sconfitta, come mi disse francamente, una sera, a Napoli, dove, allora, io mi trovavo…».
Quel periodo lo vissi a stretto contatto con Rocco e della candidatura al Consiglio provinciale si parlò molto. Io allora ero a pensione con Antonio Albanese – amico fraterno di Rocco – presso una tale signora Innamorato, in via San Domenico Soriano, alle spalle di piazza Dante. Rocco, «scendendo» a Napoli da Portici – come si dice a Napoli -, veniva a trovarci spesso e talvolta si fermava a dormire. Era una ospitalità clandestina, all’insaputa della padrona, senza disponibilità di letto: due dovevano sacrificarsi a capo e a piedi. Quando io tornai a Tricarico, Rocco dava ancora per certo che non avrebbe accettato la candidatura. A Tricarico trovai una situazione “rivoluzionaria” nella Democrazia Cristiana. Io, cattolico, non iscritto ad alcun partito e non avendo ancora votato per ragione d’età, simpatizzavo per quel partito. La “rivolta”, ispirata da ragioni altamente ideali e non mossa da alcun interesse personale o di gruppo, aveva tra i maggiori ispiratori il mio carissimo amico Benito Lauria, studente all’Università cattolica, che era tornato a Tricarico per trascorrere un periodo di convalescenza a seguito di una grave malattia. Non potetti che unirmi a quell’operazione, la sezione del partito fu sciolta e io, pur non essendo iscritto, fui nominato commissario straordinario. Improvvisamente fu annunciata la candidatura di Rocco e io mi trovai come imbottigliato in quella vicenda elettorale.
Dico la verità. Se avessi saputo della candidatura di Rocco non avrei votato per lui ma per il candidato della D.C., Ciccio Menonna, ma non mi sarei impegnato nella campagna elettorale né pronunciato. Insomma, per tutto l’oro del mondo non avrei voluto compiere la scelta che invece feci. Me ne rammarico tuttora e mi giustifico dicendomi che fui vittima delle circostanze. Passati decenni e decenni, mi prende il dubbio che la memoria mi inganna per darmi un alibi. Ora, il libro di Pasquale Doria mi serve la prova su un vassoio d’argento che la memoria non m’inganna.
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Il caso della prof. Carmela Biscaglia non è l’errore più grosso
Sono d’accordo. Ma è un errore molto significativo da valere come esempio. Esistono anche le opinioni: opinioni condivisibili, non condivisibili, erronee. Quando l’opinione è madornalmente erronea siamo fuori della grazia di Dio. Penso che l’espressione “errore madornale” si riferisca anche all’errore al quale tu verosimilmente alludi.