ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – NEVE

NATALE

Si cammina su e giù

lungo le stazioni e queste vie.

C’è chi mi dice: Abbandona la nebbia,

abbandona l’asfalto grasso,

le vetrine: luce di dieci candele

pende su baschi e giocattoli.

Le mie famiglie riempiono le case,

hanno lasciato la tavola intatta

per il bambino della mezzanotte.

_________________________
II ed. dicembre 1954
con 10 Tavole di Aldo Turchiro, p. 55
_________________________________

 

     Natale. Al freddo e al gelo nasce il Bambino Gesù. Al Natale Scotellaro dedicherà pochi versi nella sezione «Quaderno a cancelli» (E’ bello fare i pezzenti a Natale. / Perché i ricchi allora sono buoni; è bello il presepio a Natale / che tiene l’agnello / in mezzo ai leoni.) Pochi versi amari, dettati dall’esperienza dell’ingiustizia sociale, che è tutt’uno, nell’opera di Scotellaro, con la terra stessa di Lucania. Nei primi due versi c’è l’enunciato della poesia: i ricchi amano, una volta all’anno, sentirsi buoni e perciò a Natale sono generosi. Nei tre versi successivi lo stesso concetto è ripreso attraverso la metafora dell’ agnello tra i leoni: un’immagine di pace natalizia, che suggerisce (per contrasto) ciò che non è detto  esplicitamente, e cioè che nel resto dell’anno il destino dell’ agnello è, naturalmente, di essere sbranato.
     Il Natale incluso in questa sezione «Neve» si riferisce, negli ultimi tre versi (Le mie famiglie riempiono le case / hanno lasciato la tavola intatta / per il bambino della mezzanotte), a una ignota e forse inesistente o inventata tradizione. Ricordo invece la tradizione di lasciare la brace viva nel braciere o nel camino, per tutta la notte di Natale, consentendo alla Madonna, che sarebbe passata nella notte, di asciugare i pannolini di Gesù. E’ una tradizione che a casa mia ancora si osserva supplendo elettricamente alla brace viva con una stufetta elettrica tenuta accesa tutta la notte davanti a un piccolo stenditoio.
     Non escluderei che Rocco abbia “inventato” la tradizione della tavola intatta per il bambino della mezzanotte ispirandosi alla tradizione della Pasqua ebraica (Pesach) o abbia voluto adattare Pesach in ambito cristiano o, meglio, abbia voluto adattare il motivo poetico (e messianico) del quinto bicchiere di Elia. Pesach significa passaggio: passaggio del mar Rosso del popolo ebraico, liberato dalla schiavitù, e passaggio di Gesù dalla morte alla vita, primizia di vita eterna.
     Pesach si rifà al comandamento dell’Esodo 13, 8 « In quel giorno tu istruirai tuo figlio: È a causa di quanto ha fatto il Signore per me, quando sono uscito dall’Egitto ». Uno dei doveri di Pesach è quello di tramandare il racconto dell’Esodo da una generazione all’altra secondo un rituale, chiamato Haggadah di Pesach, che significa racconto del passaggio, ossia racconto della liberazione dall’Egitto, rituale che si svolge durante la cena tenuta in casa le prime due sere di Pesach. Affinché il comandamento del “raccontare” sia adempiuto, è necessario che anche i bambini vengano inclusi nella conversazione in modo tale che il ricordo della persecuzione, dell’esilio e della liberazione diventi importante e pieno di significato per loro.
     Per adempiere nel modo migliore al comandamento, ai quattro bicchieri richiesti dal rituale, si aggiunge un quinto bicchiere riservato al profeta Elia, per quando egli verrà. Il quinto bicchiere, quindi, accompagna l’auspicio della redenzione messianica.
Tagged with:
 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.