ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – NEVE

PER IL CAMPOSANTO

Quando passo, per la passeggiata,

avanti il tuo cancello,

papà mio bello

che stai di casa oltre la murata,

allora c’è la pica, se è sera, che ride,

sono scostumato ché non ti saluto:

mi rimandavi indietro sulla porta,

avevi ospiti e forestieri,

perché imparassi a dirti buonasera.

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II ed. di E’ fatto giorno dicembre 1954 con
10 Tavole di Aldo Turchiaro
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     La lirica «Per il camposanto» apre la Sezione «Neve», che prende il titolo dalla quarta poesia della Sezione stessa.
     «Neve» comprende 12 poesie, che descrivono l’atmosfera mirabilmente resa nell’omonima poesia e in «Desiderio», «Già si sentono le mele odorare», «La luna piena» e, come motivi prevalenti, gli affetti familiari: per il padrePer il Camposanto», «La benedizione del padre», «Mio padre», «Nel trigesimo», «Così papà mio nell’America», la madre A una madre»), la sorella («Mia sorella sposata», sorella ricordata anche in » «Già si sentono le mele odorare».
     In questa prima poesia, che apre la Sezione, Rocco chiede scusa al padre se, passando davanti al cimitero per la passeggiata, non lo saluta. E ricorda.
     «Per il camposanto» è la poesia che ho sentito recitare più spesso dallo stesso Rocco. Recitare è la parola giusta, perché Rocco si divertiva a rifare la scena, sceneggiando il gesto imperioso e la voce severa del padre. Tornando dopo i giochi e avendo salito di corsa le scale, irrompeva in casa tutto accaldato, sudato e ansimante, senza salutare. Specialmente se c’erano ospiti, il padre levava il braccio con l’indice teso verso la porta, intimandogli : « Fuori! Esci fuori! Poi torna e dici buona sera » (sono scostumato ché non ti saluto:/mi rimandavi indietro sulla porta, /avevi ospiti e forestieri,/ perché imparassi a dirti buonasera).
     Allora non c’erano automobili, tranne quelle dei noleggiatori. Nella passeggiata sulla via Appia, fino a Santa Maria, si riversava tutto il paese. L’aria era fresca e profumata dai fiori d’acacia, che ornavano la chioma degli alberi ai margini della via, i ragazzi, incuranti della polvere che si era accumulata, mangiavano i fiori, che avevano un dolce sapore e lasciavano la bocca fresca e profumata, e le more, e ammiravano le ragazze. Era un bel momento di svago e di serenità e, passando davanti al cimitero, qualcuno faceva il segno della croce, qualcun altro rivolgeva un pensiero ai suoi morti, molti passavano indifferenti.
     I miei compagni di passeggiata ora stanno di casa oltre la murata, o in altri Cimiteri in ogni angolo del mondo, o in fondo al mare. Gli alberi di acacia sono stati eliminati per la sicurezza del traffico. Quando anch’io andrò a stare di casa oltre la murata, davanti al cancello sfrecceranno le automobili e nessuno saluterà i suoi morti. Così succede che il 25 Aprile, nessuno, ma proprio nessuno, abbia il pensiero di portare un fiore al Monumento ai Caduti.

 

 

 

 

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