ROCCO SCOTELLARO – E’ FATTO GIORNO – È CALDA COSÌ LA MALVA

SPONSALI

Un giorno di rigido inverno con la neve

quando le donne non amano i conversari

sedute e affaccendate attorno ai tavoli

dei loro uomini che bevono schiamazzano,

la mia vestale solitaria

del fuoco delle frasche

che attendi ch’io ti faccia

la visita di mezz’ora

ogni sera perché siamo fidanzati,

allora sarà il tempo maturo per le nozze

quando si vuole stare caldi insieme.

E fuggiremo dagli invitati acclamanti,

uno di loro girerà la chiave

e il nostro letto sarà pronto

e noi violeremo il segreto dei bianchi confetti

posati sulla coltre dorata tra i fiori

che il giorno dopo appassiranno

e gli alberi rifiniti alla finestra

ci saranno compagni e soffriremo

la beata solitudine di sposi,

quando sarà, mia cara.

Da allora vedrò la tua faccia gialla.

 (1946)

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II ed. dicembre 1954 di E’ fatto giorno con
10 Tavole di Aldo Turchiaro, p. 45
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     Sponsali, espressione enfatica e solenne di matrimonio, allude specialmente agli usi e ai costumi locali dell’unione coniugale (E fuggiremo dagl’invitati acclamanti / uno di loro girerà la chiave, / e il nostro letto sarà pronto / e noi violeremo il segreto dei bianchi confetti / posati sulla coltre dorata tra i fiori ). Qui la cerimonia è preceduta dalla stupenda descrizione invernale.
     «È calda così la malva», seconda Sezione di «È fatto giorno», è un meraviglioso canto d’amore di dodici poesie che sembrano fare da corona al giovanile amore tricaricese di Rocco, che «la vestale solitaria del fuoco delle frasche», invecchiata e con «la faccia gialla» sta ancora a testimoniare. Conosciamo gli sposi che animano questa lirica, sappiamo i loro nomi.
     L’apertura paesaggistica di «un giorno di rigido inverno» allaccia corrispondenze con la seconda parte, perché l’inverno era «il tempo maturo per le nozze / quando si vuole stare caldi insieme».
     Per leggere questa stupenda lirica ho seguito il suggerimento di Fr. Piergiorgio Taneburgo in occasione della presentazione degli Atti sui Cappuccini al Convegno di Pomarico del 18 aprile scorso. Fr. Taneburgo ha concluso il suo bell’intervento, ricco di profonda spiritualità e reso con straordinaria chiarezza, con un ricordo di Rocco Scotellaro e, evidentemente per l’ispirazione della ricorrenza della data del 18 aprile, della poesia «Pozzanghera nera il 18 aprile». Fr. Taneburgo ha quindi suggerito di prendere un foglio di carta e di copiare su di esso, a mano, la poesia. Il suggerimento mi ha fatto ricordare che non so nemmeno da quanti anni non impugno una matita o una penna per scrivere su un foglio di carta bianca. Le minute dei temi, in classe o a casa, le scrivevo con la matita, che, più della penna, mi rendeva più facile la scrittura e migliorava la costruzione sintattica. Ai concorsi, ai quali ho partecipato, il non poter adoperare la matita per scrivere la minuta, perché sarebbe stato segno di riconoscimento e avrebbe provocato l’annullamento della prova, mi provocava un certo disagio. Chissà quanto ha perso in qualità la mia scrittura in tutto questo lungo periodo in cui adopero esclusivamente la tastiera di un computer. Voglio quindi rendere grazie a Fr. Taneburgo, che mi ha dato modo di gustare questa lirica come altrimenti non avrei potuto, e voglio ancora rileggerla digitanto, lettera per lettera, e non con lo sbrigativo sistema del copia/incolla, la stupenda iniziale descrizione invernale:
Un giorno di rigido inverno con la neve
quando le donne non amano i conversari
sedute e affaccendate attorno ai tavoli
dei loro uomini che bevono schiamazzano,
la mia vestale solitaria
del fuoco delle frasche
che attendi ch’io ti faccia
la visita di mezz’ora
ogni sera perché siamo fidanzati.
 

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