FANCIULLO PROTETTO DA DEI

Carm. 3,4 vv. 9 – 20 Traduzione di Giannotta

Me fabulosae Volture in Apulo

nutricis extra limina Pulliae

ludo fatigatumque somno

fronde nova puerum palumbes

texere, mirum quod foret omnibus

quicumque celsae nidum Aceruntiae

saltusque Bantinos et arvum

pingue tenent humilis Forenti,

ut tuto ab atris corpore viperis

dormirem et ursis, ut premerer sacra

lauroque conlataque myrto,

non sine dis animosus infans.

Sottratto all’occhio vigile di Pullia

stanco di sonno e di gioco

sull’appulo Vulture bambino

colombe misteriose

mi coprirono di foglie fresche,

miracolo che fosse noto a tutti,

agli abitanti dell’alta Acerenza,

delle balze bantine e delle terre

feconde della bassa Forenza;

perchè dormissi al sicuro

di nere vipere e orsi

sotto una coperta di mirto e alloro:

animoso fanciullo protetto da dei.

 

La quarta ode del terzo libro  (la sconfitta dei giganti) è composta di 80 versi, dei quali Giannotta ne sceglie 13, dal 9° al 20°, che ricordano un momento felice della sua fanciullezza, dopo aver invocato la discesa dal cielo di Calliope, la musa della poesia epica e la preminente fra tutte le muse. (Discendi dal cielo e qui col tuo flauto intona un canto solenne, o Calliope mia regina, o, se vuoi, con la tua voce squillante o con le corde delle cetra di Febo).

     Il senso di questa ode  è affermare la vittoria dell’ordine (consilium) sul caos.  Vis consili mole ruit sua; / vim  temperatam di quoque provehunt / is maius; idem odere vires / omne nefas animo moventis  vv. 65-68 (La forza insensata crolla al suo stesso peso; gli dei che odiano tutti i violenti dediti a ogni sorta di delitti, coltivano quella governata da saggezza).  Consilium e ordine sono un tutt’uno con l’ordine augusteo, vincitore sui suoi nemici, identificati con le forze del male. Ma la Musa, cioè il poeta stesso, è accanto al principe come ispiratrice di consilium, di ordine, di armonia. Descende caelo et dic age tibia / regina longum Calliope melos, / seu voce nunc mavis acuta / seu fidibus citharave Phoebi, vv. 1-4 (Discendi dal cielo e qui col tuo flauto intona una canto solenne, Calliope mia regina, o, se vuoi, con la tua voce squillante o con le corde della cetra di Febo).

     Veniamo ai versi scelti da e tradotti da Giannotta. In questa tra le più solenni delle odi romane, al culmine della sua fortuna, Orazio non si dimentica della terra natale e recupera con la memoria i luoghi della sua infanzia, situando proprio sul monte Vulture, dove probabilmente arrivavano le terre del padre, la sua investitura poetica. Qui il poeta, per riportare già nell’infanzia la sua predestinazione poetica, trasfigura un episodio dei tempi di Venosa, allorché, sfuggito alla custodia della sua nutrice e arrivato sulle pendici del Vulture, dice di essersi addormentato in un luogo pericoloso pieno di vipere e di belve. Ma nella rasfigurazione del sogno era stato salvato dalle colombe che lo avevano ricoperto di lauro e di mirto, le piante sacre alla poesia e all’amore: Me fabulosae Vulture in apulo, /nutricis extra limina Pullia / ……

     Non sono infrequenti nelle opere oraziane richiami al suo paese di origine: negli anni romani della sua prima giovinezza, a contatto con una realtà sofferta giorno dopo giorno, il poeta venosino, per confortarsi, si rifugiava talvolta nella memoria evocando, come in quest’ode, il favoloso tempo della sua infanzia. Il ricordo della terra natale ed immagini caratteristiche del paesaggio circostante  accompagnano, si può dire, tutto il corso della vita del poeta, attestando attaccamento alla terra d’origine, dove egli visse qui solo i primi dieci anni della sua esistenza e, forse, non vi fece più ritorno, non fosse altro perché, come sostiene lo stesso Orazio nell’epistola a Floro, dopo che la nequizia dei tempi l’ebbe sottratto agli studi del soggiorno ad  Atene, per aver preso parte allo scontro di Filippi a favore dei cesaricidi, perduti definitivamente la casa e i poderi paterni, era stato ridotto in povertà dalla confisca subita: « Unde simul primum me demisere Philippi,/ decisis humilem pinnis inopemque paterni/ et laris et fundi paupertas impulit audax,/ ut versus facerem ». ( Epist.II 2, 49) >> .

     Mi scuso se annoto che la mia famiglia ha avuto origine nei luoghi oraziani, dove io ho vissuto fino all’età di nove anni e ho frequentato le elementari fino alla terza.

 

6 Responses to “Orazio si confessa” – Omaggio a Giuseppe Giannotta – FANCIULLO PROTETTO DAGLI DEI

  1. Mery Carol ha detto:

    Belli,bellissimi questi versi che alimentano a dismisura il fiume perenne della nostalgia! Mio marito, anch’egli di origini lucane, avrebbe detto: “La nostalgia? E’ propria di una certa età, la nostra.” Mery Carol

  2. Antonio Martino ha detto:

    A me hanno fatto tornare la nostalgia, che fu lancinante quando a nove anni mi allontanai dai miei luoghi natii; a me che, poi, sono diventato tricaricese fin nel profondo del midollo.

  3. Langerano ha detto:

    La dedica a me sul libro é del 1992, credo alla data delle presentazione a Potenza.
    Grazie a te Antonio sto rileggendo Orazio tradotto da Giannotta che, a dire il vero, a una prima lettura di quel tempo, per qualche verso, non fui benevole ad accettare, ora però, sto apprezzando la piacevolezza proprio della traduzione per la fluidità che l’abbandono letterale di qualche lemma ha consentito.
    Grazie Antonio
    Mimmo

  4. Antonio Martino ha detto:

    E’ una grossa sorpresa apprendere che la dedica sul libro è a te. L’ultima lettera del nome, infatti, appare chiaramente una ‘a’, quindi si legge Mimma, ma che si trattasse della figlia mi aveva lasciato perplesso la firma con tanto di nome e cognome.
    Di Peppe avevo già pubblicato tutte le poesie di “Una passera grigia” con i disegni di Gerardo Corrado (che rividi in occasione del 50° della morte di Rocco, al quale egli aveva contribuito con un suo quadro), ma quelle pubblicazioni passarono sotto silenzio. Mi pare che le traduzioni di Orazio suscitino invece interesse. Il mio scopo era di ricordare e far ricordare Peppe Giannotta e sono contento di esserci ora riuscito.

    • Langerano ha detto:

      Caro Antonio, la dedica autografa é sulla pagina bianca del libro, non che il libro é dedicato a me, per cui non ho capito a che ti riferisci quando nomini Mimma
      Un caro abbraccio e … niente di nuovo per la tua venuta a Tricarico?
      Mimmo

  5. Antonio Martino ha detto:

    Caro Mimmo, Ho commesso due errori che hanno creato una bella confusione. Il primo errore è che ho scritto che il libro “è dedicato a …”, invece di scrivere che la copia (non cartacea) in mio possesso “c’è una dedica autografa a …” . Il secondo errore è stato l’aver scritto che il libro è dedicato a te, mentre sulla pagina bianca della suddetta copia c’è la dedica autografa a “Mimma Giannotta” (A Mimma Giannotta perché in Orazio trovi una guida Giuseppe Giannotta). Dopo aver letto il tuo commento ho pensato che invece di Mimma si dovesse leggere Mimmo, non ricordando che di Mimma c’è pure il cognome.

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