Sei racconti dell’avvocato Domenico DE MARIA
Rabatana pubblica sei racconti dell’avvocato Domenico De Maria. L’avvocato De Maria (don Mimì) era uno straordinario affabulatore. Senza nulla togliere ai racconti qui pubblicati, sentirlo raccontare era altra cosa, a lui piaceva parlare, raccontare, incantare in modo piacevole e accattivante, mutare le parole in musica. Non saprei come illustrare la sua virtù e il suo piacere di affabulare meglio di come è emblematicamente reso dal racconto La lotteria di Tripoli, non suo, ma che parla di lui e di questa sua qualità, e a tale scopo inserito dopo i racconti.
TARAS
Taras è il racconto che fu senza dubbio il più noto e di maggiore successo dell’avvocato. Letto a richiesta nelle affollate serate nell’ospitalissima sua casa o dato in copia dattiloscritta a chi la richiedesse, piacque a Carlo Levi, che corrispose con l’omaggio, con dedica, di una copia dell’Orologio, che conservo tra i nostri libri: «All’avv. Domenico De Maria ringraziandolo per il piacere provato nel leggere la sua bellissima storia di Taras, con viva cordialità e amicizia. Carlo Levi. Roma, 18 giugno 1950».
Cosimo, un contadino tricaricese, scavando con la zappa trova una monetina d’argento insieme ad una pignatta che aveva sopra delle figure nere. Un altro contadino – Donato – gli consiglia di non continuare a scavare. Sollecitato dall’avvocato, Donato racconta, si dilunga, divaga dalle più lontane origini e dalle cause più remote, che si diluiscono nei dettagli più particolareggiati, tracciando una storia d’Italia – spaccato della “occupazione” piemontese del Sud – .
LA COLLERA DI SAN ROCCO
La collera di San Rocco è la cronaca fedele e divertita, ancora in forma di bozza, della fantasiosa interpretazione popolare di un incidente mortale occorso il 16 agosto 1947 in occasione della festa di San Rocco. I fatti furono visti come manifestazione della collera di San Rocco contro il sindaco, che era Rocco Scotellaro, per uno sgarbo ricevuto.
UN PROCESSO A LORO (CRISTO E MARX IN PRETURA)
Cristo e Marx in pretura è il titolo dato alla cronaca di un processo avanti il pretore di Tricarico dall’avv. Tommaso Pedio, pubblicata su un periodico potentino da lui diretto. La cronaca era dovuta alla buona penna condotta con mano lieve dall’avv. Domenico De Maria. Il titolo originario, dato dall’avvocato, era Un processo a loro. Si trattava di un processo a carico di alcuni grassanesi per turbamento di funzioni del rito cattolico nella Chiesa di San Giovanni Battista di Grassano. L’accusa era di aver ripetutamente contestato la predica in preparazione del precetto pasquale. Attori del processo erano gli imputati, comunisti, e i testimoni a carico, cattolici. Ma anche i comunisti si professavano cattolici. Gli uni e gli altri marcavano nel linguaggio la loro diversità e separatezza: gli uni si riferivano agli altri, e viceversa, col pronome ‘loro’. «Chi?» domandava il pretore. «Loro» era la risposta. Un piccolo episodio di cronaca locale assurgeva a rappresentazione simbolica della divisione ideologica del mondo in due blocchi. I prenomi e le iniziali dei cognomi dei personaggi sono reali e dei personaggi è ancora vivo il mio ricordo, ma, a distanza di tanti anni, non ha alcun interesse individuarli. Traggo dall’ombra solo il pretore Mario V. Il suo nome è Mario Valiante. Egli, come si ricorda nel racconto, era stato candidato alla Camera dei deputati, nelle elezioni del 7 giugno 1953, con la lista della D.C. nella circoscrizione di Salerno, Avellino, Benevento, risultando il primo dei non eletti. Fu candidato con successo alla successiva tornata elettorale del 1958 e alle tre successive elezioni della Camera dei deputati, per essere poi eletto al Senato in altre due legislature. E’ stato sottosegretario alla sanità ai tempi del colera di Napoli
LE SORELLE TAGLIABOSCHI
La storia delle sorelle Tagliaboschi è collocata negli anni Quaranta, racconta le diverse esistenze di due sorelle, assumendo il carattere di un piccolo saggio sulla pubblica beneficenza e sulle sue contraddizioni.. Il detto “meglio essere ricche di carne che non di danaro”, ossia “i figli sono una benedizione, non s’applicava allo stesso modo alle sorelle Cristina e Antonia Maria Tagliaboschi. A Cristina, ragazza madre, con i figli arrivavano le benedizioni, ad Antonia Maria «il Signore si scordava sempre di mandarle, con i figli avuti dal marito, le benedizioni.
SUOR GIUSEPPINA
Una storia di cui i vecchi bisbigliavano, dicevano e non dicevano, e noi giovani ascoltavamo e non capivamo, chiedevamo e non avevamo risposte. Il racconto è stato rinvenuto tra le carte dell’avvocato in bozza manoscritta, in cui è detto tutto, un tutto che lascia vibrare il mistero e suscita pietà e simpatia per la misteriosa suor Giuseppina.
NENNELLA
Nennella è una ragazza di Accettura, Comune di cui il padre dell’avv. De Maria era medico condotto e in cui l’avvocato era nato. Nennella appare come un’ombra tra le ombre del sogno-incubo di un ammalato grave, che ha subito gravi mutilazioni e mostrerà di sapere vivere normalmente, più normalmente d’ogni persona «normale», e si rivela una consolazione nel ricordo di un tempo felice.
Nennella è anche un racconto che esprime l’amore tenero e fiero per la Lucania e la natia Accettura.
Angelo Labbate di Accettura mi chiese il permesso di pubblicarlo su «Paese», la rivista del Comune che dirigeva, e mi informò che ad Accettura, nei più anziani, era ancora vivo il ricordo di don Mimì (l’avvocato De Maria) e si tramandavano ancora aneddoti su don Giovanni (il padre), «burbero, ma valentissimo medico».
Nennella non fu pubblicata. Tra Tricarico ed Accettura era scoppiata la guerra del cannone, che ritengo sia ancora ricordata nei due paesi (e, comunque, si può leggere su Rabatana). Angelo Labbate raccontò e commento la comica vicenda con alcuni articoli, che non piacquero al sindaco di Accettura. Angelo mi scrisse: «Il cannone ha fatto bum e “Paese” è morto»
LA LOTTERIA DI TRIPOLI Rabatana racconta un episodio sulle doti affabulatorie dell’avv. De Maria.
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Ho letto tutto d’ un fiato, nell’arco di circa due ore, i “racconti dell’avv. Domenico De Maria” (don Mimì) ,pubblicati da Rabatana.
E’ stata una piacevolissima lettura conoscere un don Mimì scrittore, brillante come il suo carattere, noto a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo ed apprezzare le sue qualità oratorie.
I suoi racconti sono tutti accattivanti, coinvolgenti e piacevolissimi .
Ma quello che mi ha coinvolto emotivamente è stato: ”Nennella”, che raggiunge l’apice della bellezza, per il rimpianto struggente della gioventù , dell’amore per Nennella e per la integrità fisica perduta, che colpiscono l’autore e coinvolgono emotivamente il lettore.
La trama del racconto, poeticamente malinconico e struggente, concentrate nelle intense e poetiche parole della introduzione : “…..La mia infanzia è morta, la mia giovinezza è morta, tante cose che sono state mie sono morte, ed io vivo. Dove siete andati anni di spensieratezza e di bontà?…..ed io sono qui rudere di una colonna granitica…..” si adatterebbe molto bene ad essere tradotto in una pellicola di Giuseppe Tornatore . Davvero commovente!!! Grazie mille ad Antonio martino che li ha fatto conoscere