«Lo Straniero» chiude nel silenzio assordante
Corriere della Sera – 6 Sett. 2016
di Paolo Di Stefano

Incredibile che nessuno, o quasi nessuno, abbia ancora sentito il dovere di rendere omaggio all’esperienza de Lo Straniero, la rivista di Goffredo Fofi che, come annunciato un paio di mesi fa, chiuderà in dicembre dopo vent’anni di attività. Più che domandarsi perché chiude (lo spiega Fofi nell’editoriale di giugno), ci sarebbe da interrogarsi sul silenzio e sull’indifferenza in cui è caduta la notizia. Eppure Lo Straniero ha rappresentato, per tanti scrittori critici intellettuali, un importante luogo di dibattito, di novità, di libertà, di confronto. Se il difetto era l’esiguità degli abbonati, va detto che le riviste (anche nei momenti migliori) sono sempre state pane per pochi lettori capaci di parlarne e parlandone di correggere o cambiare la percezione della cultura, della politica, della società e delle cose quotidiane, magari per promuovere nuove idee e nuovi comportamenti. La cultura funziona così ancora adesso, al tempo dei social. Questo è, in fondo, lo scopo dichiarato di qualunque foglio militante: e una rivista è necessariamente partigiana. Lo Straniero lo è stata sin dal richiamo a Camus, in questo vedendo davvero molto lontano. Al punto che, dopo vent’anni, bisognerebbe ripartire proprio da lì: dal senso di estraneità che viviamo, attivamente, o cui assistiamo, passivamente, essendo tutti noi sempre più, stranieri tra stranieri. La rivista di Fofi è (stata) uno spazio di straordinaria vitalità critica e un laboratorio accogliente di voci, aperto alle esperienze marginali senza aspettare che arrivassero al grande pubblico. Lì si è cominciato a parlare di racconto della realtà e di narrazioni ibride quando ancora Saviano non era previsto, degli scrittori esordienti che avrebbero mantenuto le promesse (Scarpa, Ammaniti, Lagioia, Falco, Bajani, Leogrande…), dei vecchi di cui non si parlava più, di Emma Dante quando nessuno sapeva chi fosse, di Svetlana Aleksievic quando non si sospettava che potesse mai avere il Nobel, di Carrère molto prima che scrivesse Limonov, di Elena Ferrante quando non era stata scoperta negli Stati Uniti (e tanto meno in Italia), di poesia sempre anche quando le collane poetiche chiudevano, di graphic novel prima che diventasse un genere da catene librarie, di altri mondi e di letterature al plurale. E di comunità sociali, di mercati dei rifiuti, di nuove povertà, di periferie urbane. Ora che annuncia la chiusura, il silenzio è assordante. Ma la gratitudine per Lo Straniero, come per tutte le grandi riviste, dovrebbe essere un dovere civile oltre che intellettuale.

Rabatana in un paio di occasioni è ricorsa a «Lo Straniero» per ricordare e aggiornare la conoscenza di Rocco Scotellaro. Goffredo Fofi chiude il suo annuncio facendo gli auguri ai lettori e agli operatori della rivista che chiude. Rabatana nel suo piccolo, nel suo insignificante piccolo, ne ha bisogno. Lascerà un ricordo della rivista pubblicando nella prossima uscita un articolo di Alessandro LEOGRANDE «Ernesto De Martino e la frontiera meridionale» sugli anni 50 che videro il fiorire in tutta Italia di una costellazione di iniziative e segnare il tempo e il clima letterario in cui escono le poesie e il romanzo incompiuto di Rocco Scotellaro.

 

 

2 Responses to ” Lo Straniero ” chiude nel silenzio assordante

  1. Gilberto Marselli ha detto:

    Fa bene la Rabatana a ricordare l’amico Goffredo Fofi. che mi piace ricordardarlo quando era ancora mio allievo al Cepas di Roma, poi negli incontri frequenti a Portici e Napoli quando con Rocco Scotellaro studiavamo il Syd, ancora a Partinico quando lui raggiunse Danilo Dolci e, ultima occasione, in un viaggio in Calabria per incontrare un gruppo di giovani che si opponevano alla ‘ndrangheta.
    Un intellettuale senza pose, un meridionalista impegnato, un critico ed uno scrittore di tutto rispetto, un sociologo ed un profondo conoscitore del Mezzogiorno; ma soprattutto un vero amico…..

  2. Mery Carol ha detto:

    Signori, si chiude! Quante volte l’abbiamo sentito? Io mi impongo di non rattristarmi. Penso ad Anna che racconterà del tempo in cui le rane avevano la pelliccia e sarà lei a rinverdire i ricordi anche sulla Rabatana.

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