Il posto è una poesia di Rocco Scotellaro, pubblicata sulla rivista materana «Basilicata» vent’anni post mortem, poco nota, incompresa, la cui lettura lascia piuttosto indifferenti. Giovanni Caserta, nel suo manuale di Storia della letteratura lucana, l’ha definita “assolutamente insopportabile”.

In effetti, invece, si tratta di una bella poesia dal punto di vista letterario, frutto di un meditato percorso di formazione. Nei «Frammenti dell’Uva puttanella» Scotellaro aveva annotato: «La faccia del pane è quella che assume l’impiegato e l’operaio anche, sapendo che andrà a lavoro sicuro, inghiotte saliva fuma e si dice: – Sono a posto, tanto al mese –» Inoltre, un appunto scritto a Portici il 17 dicembre 1952, che si legge nelle Note del libro «Margherite e Rosolacci» del 1978 a cura di Franco Vitelli, così riferisce sulla genesi e il processo di formazione della poesia e rende giustizia alla tranciante e superficiale critica di Caserta. « “Chiangne, chiangne, core contento / nun te puie cchiù lamentà.” “ Piangi, piangi cuore contento/ non ti puoi più lamentare”. La traduzione italiana dei due versi venutemi in un’aria di canzone (invenzione sincronica di parole e musica) non mi appaga. Ma la poesia da fare in italiano deve muovere dal fondo di questo lamento felice. O tentare, altrimenti, tutta la canzone come fanno i Totò e gli altri? No.» Un No gridato.

Insopportabile, invero, è il giudizio del professore e storico materano, a cui oppongo quello di una giovane studiosa, Francesca Cosentino, che nella sua tesi di laurea magistrale in Italianistica, scrive: «Al di là del contenuto questa poesia di Scotellaro è molto bella anche dal punto di vista stilistico. Se la paragoniamo alle prime poesie di Scotellaro ci rendiamo conto di come il suo poetare avesse, con il tempo, subito un’evoluzione. Trovo di gran classe l’uso della rima all’interno di questa poesia. Scotellaro utilizza sapientemente la rima interna al verso già dai primi due versi oltre ad alternare l’uso della rima alternata e della rima baciata. In questo modo la poesia è molto musicale e piacevole alla lettura».

La poesia, letta la prima volta su «Basilicata», lasciò indifferente anche me. Riletta cinque anni sulle citate «Margherite e Rosolacci», attrasse la mia attenzione per tre particolari, esterni al testo poetico e non presenti su «Basilicata», che mi emozionarono sensibilmente: la dedica, la data della poesia e la nota d’autore riportata nelle Note appena richiamate. La dedica è Senza dedica, che non può non essere allusivamente riferita allo stesso Scotellaro; la data è Portici 6 gennaio 1953; la nota dice «Importante tema da riprendere».

La dedica fu l’elemento che più mi emozionò e mi indusse a riflettere sugli altri due e a richiamare un amaro capitolo di storia tricaricese, noto e trascurato. Non potetti non rivolgere il mio pensiero al periodo poco felice, decisamente difficile, che Scotellaro stava vivendo e non potetti non immaginare il suo stato d’animo quel 6 gennaio 1953, quando si decise a firmare la poesia Mancavano venti giorni alle elezioni (25 e 26 gennaio) per il rinnovo del consiglio comunale di Tricarico e la campagna elettorale era appena iniziata, sancendo la chiusura di un capitolo della storia amministrativa di Tricarico da non dimenticare. Invero, questa storia l’ha scritta Paola Scotellaro (non parente di Rocco) nella sua tesi di laurea su «Rocco Scotellaro sindaco». La storia ebbe inizio con l’elezione del consiglio comunale che ora si rinnovava. Le elezioni ebbero luogo il 28 novembre 1948. Furono presentate due liste non di partito. Una faceva riferimento al partito socialista e al partito comunista, con la presenza di indipendenti; la seconda faceva di fatto riferimento alla democrazia cristiana, ma aveva ostentatamente occultato tale riferimento e richiamato, nel capolista, quello al movimento monarchico. Le elezioni furono vinte di misura (dettaglio di rilievo politico, su cui nessuno storico o politologo ha fermato l’attenzione) dalla prima lista, che si aggiudicò sedici consiglieri su venti.

La lista era stata presentata in ordine alfabetico, turbato da un lapsus di scrittura al primo posto e scrupolosamente osservato per l’ultimo posto, dove fu relegato Rocco Scotellaro. Un lapsus che mostrò immediatamente la sua ragion d’essere, atteso che i vincitori, divisi in due gruppi contrapposti, si mostrarono incapaci di eleggere sindaco e giunta. Infatti si riuscì solo dopo quattro mesi, a marzo del 1949, a comporre (momentaneamente) la crisi, con l’elezione del sindaco e della giunta. Sindaco fu eletto Rocco Scotellaro, che si impose sul suo concorrente. Ho scritto che la crisi si compose momentaneamente, perché passarono circa sette mesi quando, assente il sindaco per la partecipazione a Macerata al «Convegno per la cultura nelle Province», il 7 novembre 1949, fu presentata in consiglio comunale una mozione di sfiducia con cui si chiedeva che il consiglio eleggesse un nuovo sindaco e una nuova giunta. La mozione non fu votata per abbandono dell’aula da parte di consiglieri fedeli a Scotellaro, che facevano mancare il numero legale, e, dopo alcuni falliti tentativi, fu abbandonata.

Quattro mesi dopo Rocco fu ingiustamente arrestato e dovette scontare 45 giorni di reclusione. All’uscita dal carcere si dimise da Sindaco (ma non da consigliere comunale!). Su Wikipedia, l’enciclopedia libera del web, leggiamo: «L’ingenuità politica, forse determinata dalla sua giovanissima età, si palesò al momento dell’arresto, che scatenò in lui una delusione tanto amara da indurlo ad abbandonare gli incarichi istituzionali, senza però farlo mai disamorare della sua gente». Non intendo affrontare la questione con la mia testimonianza personale, ma sicuramente ingenua è la tesi di Wikipedia. C’era, sì, il problema se Rocco dovesse restare a Tricarico o trovare un’altra strada per se e i suoi interessi letterari, ed era un problema che non coinvolgeva solo Rocco, ma soprattutto, e dividendoli, contadini e intellettuali come Rossi Doria, Carlo Levi, Giorgio Bassani, Amelia Rosselli, che Paola Scotellaro documenta, sia pure brevemente. Ma assolutamente ingenua è la tesi di Wikipedia, essendo assolutamente inimmaginabile che Rocco Scotellaro, dopo che la questione del sindaco di Tricarico, date le vicende che sono state ricordate, si potesse risolvere con le sue dimissioni quando si concluse la sua ingiusta vicenda giudiziaria. Le dimissioni furono l’esatto opposto di ciò che Scotellaro avrebbe dovuto e, soprattutto, voluto fare.

L’avv. Rocco Benevento, che aveva contrastato il posto di capolista a Scotellaro, la sua elezione a Sindaco e l’aveva sfiduciato, fu il suo successore. Sostengo, tra parentesi, che il comportamento dell’avv. Benevento fu politicamente legittimo, gli eventi ricordati sono da ascrivere ad esclusiva responsabilità delle federazioni provinciali di Matera del partito socialista e del partito comunista. Politicamente censurabile fu invece l’aver consentito la candidatura di Benevento, che tre anni prima militava nell’esercito fascista di Salò ed era giuridicamente ineleggibile e politicamente impresentabile in liste democratiche e antifasciste.

Benevento restò in carica per poco, perché fu riconosciuta e dichiarata la sua ineleggibilità per la sua passata appartenenza alla R.S.I.; a lui subentrò il falegname Nicola Locuoco, detto simpaticamente «porco giuda» per la sua abitudine di adoperare troppo frequentemente questa innocua invettiva..

L’excursus brevemente tracciato è di per se fin troppo eloquente. Il colmo fu che il conto fu presentato a Scotellaro, che era la vittima. Scotellaro pagò e continuò a bere il calice fino all’ultima goccia. A maggio del 1952 furono indette le elezioni per la nomina del primo consiglio provinciale. Scotellaro fu costretto (costretto: questa volta chiamo in causa la mia testimonianza personale) a candidarsi e non fu eletto. Rimase profondamente amareggiato, confidandosi ad Antonio Albanese, che ha lasciato testimonianza scritta in sue inedite Memorie, di cui conservo gelosamente una copia.

Dopo otto mesi si procedeva al rinnovo del consiglio comunale, di cui Scotellaro era sempre rimasto, disciplinatamente e fedelmente, fino all’ultimo giorno, suo componente. La lista di sinistra, dati i precedenti, di certo non affrontava serenamente le elezioni, ma compì il miracolo di impostare la difficile campagna elettorale nel modo più sgangherato immaginabile, sotto la guida di un funzionario comunista di Irsina, assistito da uno stuolo di funzionarie mandate a Tricarico dal PCI dell’Emilia-Romagna. Il suddetto funzionario impostò la campagna elettorale sulla geniale trovata che l’amministrazione comunale uscente (di cui Scotellaro era componente!) aveva operato così male che non poteva essere considerata un’amministrazione di sinistra, bensì democristiana, e quindi la sua cattiva condotta doveva essere addebitata ad esclusiva colpa della democrazia cristiana! Rocco sopportò ancora. E dedicò a se stesso la poesia, che riporto.

 

 

   IL POSTO

                                                   (senza dedica)

E ora ti sei messo a posto

tieni il posto e mangi pane.

Piangi piangi cuore contento,

non ti puoi più lamentare.

Hai fatto la faccia del pane

con la crosta e la mollica

ti diverti con la fatica,

con le femmine ti arrangi.

Piangi piangi cuore contento

non ti puoi più lamentare.

Dicevi una volta che quelli dei posti

camminano col culo

e con la faccia di pane.

E’ vero. Quelli fanno finta

di essere chissà che cosa

e fanno finta di essere niente.

Piangi piangi cuore contento

non ti puoi più lamentare.

Poi si sposano e portano la tasche

piene di chiavi ed hanno

figli femmine e maschi

e si chiamano e sono soavi.

Ma tu che hai tradito patria e onore

sei punito e non trovi l’amore,

ma tavola pronta e mangi tonno.

Piangi piangi cuore contento

Finita è la fame, la sete e il sonno.

(Portici, 6 gennaio 1953)

 

2 Responses to Un amaro capitolo di storia tricaricese riemerso annotando una poesia di Rocco Scotellaro

  1. Gilberto Marselli ha detto:

    Grazie di questa ricostruzione di quella brutta esperienza vissuta e sofferta da Rocco….

  2. antonella carbone ha detto:

    ciao antonio, leggerti è sempre un piacere

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