Avevo poco più di vent’anni. Una mattina, al risveglio, sento una strana sensazione di freddo al capo, esploro con le dita, che parvero scorrere su una palla di biliardo, quelle palle criminali di una volta, che ci voleva una zanna di elefante per farne otto. Corro in bagno: lo specchio conferma il mio sospetto: la tigna! Avevo la tigna: una chiazza tondeggiante della grandezza dell’attuale euro deturpava il mio aspetto. Ero un tignoso e, ahimè, tignoso sarei stato per tutta la vita e mi avrebbero appioppato il soprannome di tignoso. L’ha certificato Mimmo Langerano a pag. 354 del suo pregevole Dizionario del dialetto tricaricese che Tegñèuse –Tegñùse è anche un soprannome. Hai voglia a chiamarla alopecia: la tigna è tigna e a vent’anni non l’accetti.

In attesa di capire e decidere il da farsi, temendo che non c’era altro da capire e nulla da decidere, nascosi la chiazza tignosa con un cerotto. Uscito di casa, incontrai Pierino Pagliaminuto, un maestro di scuola originario di Trebisacce, che aveva sposato una sua collega tricaricese: per favorire gli studi dei figli, un maschio e una femmina, si trasferì a Pisa: uno della diaspora anche lui, uno dei tanti. Pierino mi chiese cosa avessi e, saputo l’accaduto, mi disse di non preoccuparmi: chè i capelli in pochi giorni sarebbero ricresciuti. – Ogni mattina – mi disse – strofina energicamente uno spicchio d’aglio sulla chiazza; poi gli dai una pennellata di tintura di jodio -. Il consiglio mi lasciò scettico: cosa avrebbe potuto fare l’aglio? E la tintura di iodio più che camuffare la tigna con un’apparente medicazione e il colore versato sull’osceno bianco della palla di biliardo, che funzione terapeutica avrebbe potuto esercitare? Comunque, seguii il consiglio. Benedetto Pierino: in una diecina di giorni la chiazza sparì e la partita con la tigna si chiuse definitivamente.

Per molti anni a seguire non ebbi bisogno dell’apporto terapeutico dell’aglio: ma quando ne ebbi bisogno, l’apporto fu tale e talmente miracoloso che convintamente sostengo che aglio devo la vita.

Secoli prima l’aveva sostenuto un tale sir John Harrington, di cui nulla sapevo. A cercare sulla rete si trova una miniera di informazioni sulle virtù terapeutiche e salutiste dell’aglio: Plinio il Vecchio nella naturalis historia elenca 61 utilizzazioni terapeutiche; Sir John Harrington, inventore della toilette, descritta nelle metamorfosi di aiace  (o dello sciacquone, per dirla con una parola d’uso quotidiano), riassunse straordinariamente i pregi e i difetti dell’aglio nell’opera the englishman’s doctor,scritta nel 1609, con netta prevalenza dei pregi, giacché, come accennato, giunse a scrivere che «l’aglio ha poi la facoltà di salvare dalla morte; sopportalo, anche se rende l’alito disgustoso e non disprezzarlo. Come taluni, convinti che faccia soltanto bruciare gli occhi, bere smodatamente e maleodorare».

Pare che recenti scoperte abbiano dimostrato che, per sedurre una donna, bisogna mangiare aglio. Secondo il prof. Craig Roberts, infatti, mangiare quattro spicchi d’aglio alla settimana renderebbe l’odore degli uomini più attraente per il sesso femminile. Come ricorderebbe the independent, in un esperimento pubblicato sulla rivista appetite nel 2015, ad alcune donne si sarebbe fatto annusare l’odore del corpo di uomini che avevano mangiato due spicchi d’aglio per una settimana e poi l’odore di chi ne aveva mangiati quattro: a quel punto sarebbe stato chiesto loro di valutare l’odore di ogni uomo in termini di attrattività, piacevolezza, intensità e mascolinità. Ebbene, quelli che avevano mangiato quattro spicchi d’aglio avrebbero ottenuto il punteggio più alto. «I nostri risultati – avrebbe scritto l’autore dello studio – indicano che il consumo di aglio può avere degli effetti positivi sul piacere che deriva dal percepire l’odore del corpo, forse a causa dei suoi effetti sulla salute. Alcune ricerche indicherebbero, inoltre, che molte specie animali usano alcuni segnali legati alla dieta per selezionare i compagni in buone condizioni fisiche”. Lo studio suggerirebbe che il consumo di aglio, con i suoi molteplici benefici per la salute, rende l’odore degli uomini sano e quindi biologicamente attraente per le donne. Mentre tra i benefici per la salute si ricorda il suo potere antiossidante, immunostimolante, cardiovascolare e battericida.

Dopo la vittoria sulla tigna, ho avuto ancora modo di sperimentare i benefici dell’aglio, fino al massimo beneficio di essere ancora in vita e vitale in età molto avanzata. Senza conoscere ciò che avevano scritto Plinio il Vecchio, Sir John Harrington e quant’altri, in modo del tutto accidentale, ho fatto (non feci: ché non ho mai smesso) ricorso all’aglio per fini terapeutici.  Ma le mie patologie e l’effetto terapeutico che l’aglio ha esercitato mi portano ad essere una vivente testimonianza della veridicità di quanto essi hanno affermato, ad eccezione dell’asserita forza d’attrazione erotica dei mangiatori d’aglio, che volutamente ho sepolto sotto una profluvie di condizionali. Ho cercato di sapere chi è questo prof. Craig Roberts, e sono solo riuscito solo a sapere che con questo nome esiste un attore e regista gallese. Testimonianze personali non ne posso dare: nessuna donna mi ha mai annusato; neppure mia moglie, che non mi annusa, ma vivendomi accanto è costretta a sopportare le mie maleodoranti effusioni agliacee – lei che non conosce il piacere (l’estasi, come si vedrà) della cucina!, limitandosi talvolta a consigliarmi di ridurre un po’ il consumo. Vengo ora alla mia personale esperienza.

Dal salvarmi dalla tigna al salvarmi dalla morte il passo è lungo: ma questo passo l’ho compiuto, per caso e con pieno successo.

Verso i quarant’anni fui afflitto da una grave, invincibile forma di bronchite asmatica. Respiravo grazie all’assunzione di un farmaco a base di salbutamolo solfato, che, in sostanza, è un betastimolante. Mio padre era morto in giovane età, ucciso da una grave forma di ipertensione, malattia ai suoi tempi incurabile. Il rimedio popolare dell’ipertensione era l’aglio, che, praticamente, mio padre non adottò: ogni tanto faceva un tentativo e, scoraggiato da mia madre a continuare, desisteva. Se ai suoi tempi fossero esistiti farmaci betabloccanti, sarebbe vissuto più a lungo, magari quanto me, che sono oramai un vegliardo.

Io, suo figlio, come tale con predisposizione all’ereditarietà dell’ipertensione, assumendo un betastimolante, affrettavo la riscossione dell’eredità, che non tardò di presentarsi all’incasso. Infatti, un valido farmaco anti-ipertensivo è a base di beta bloccanti: il betastimolante, che io assumevo, come ognuno comprenderebbe, la pressione la fa alzare. Arrivai a toccare punte incredibili: 240/125. Che fare? Come risolvere il dilemma betebloccante o betastimolante?. Piagnucolavo col mio cardiologo, un clinico di rinomata fama: senza betastimolante io non respiro, soffoco, muoio. L’illustre clinico ribatteva: – La tua malattia è l’ipertensione; dei tuoi starnuti non me ne frega niente e non deve fregarne niente soprattutto a te, se non vuoi morire più giovane di tuo padre.

Il problema me lo risolse Jacque Mayol, apneista rivale del nostro Enzo Maiorca, recentissimamente scomparso. Mayol raggiungeva livelli di immersione profonda impensabili. Contrariamente a quanto ritenuto, cioè che il torace dell’apneista rimane schiacciato dalla pressione idrostatica ad una profondità superiore ai 40 m, Mayol – che già in un primo scontro con Maiorca aveva raggiunto i 60 m. – dimostrava che per qualche motivo ciò non avviene e questo permette di scoprire il cosiddetto “bloodshift” (l’emocompensazione), fenomeno fisiologico che accomuna l’uomo e tutti i mammiferi marini: la diminuzione del contenuto d’aria del torace viene in parte compensata (secondo la legge di Boyle) con un aumento del volume del sangue nei capillari alveolari polmonari. Il sangue proveniente dalle zone periferiche del corpo, dall’addome e dagli arti, che possono subire pressioni crescenti senza particolari effetti negativi, si raccoglie verso il tronco formando una massa fluida incomprimibile che impedisce lo schiacciamento della cassa toracica.

Una sera in TV Mayol spiegava il segreto dei suoi successi, di cui nulla poteva importarmi di meno. Noi siamo il popolo della mezzacosta, nati e vissuti in paesi di collina – a mezza costa, per l’appunto -, dove non si può imparare né a sciare né a nuotare. Stavo per cambiare canale quando una sua frase mi fece drizzare l’orecchio. Mayol diceva che doveva i suoi successi all’aglio, che ne mangiava grandi quantità a bocconi e ad ogni boccone sentiva il torace allargarsi: e ciò dicendo mimava la mano che stringeva un grosso frutto, addentato con grossi morsi.

Non ebbi alcun dubbio. A mangiare l’aglio a morsi non sapevo come fare e come ci riuscisse a farlo Mayol, ma, spicchio dopo spicchio, cominciai a mangiarne grandi quantità. Gradualmente cominciai a ridurre le inalazioni di betastimolante e, col tempo, a farne a meno. Pagavo però lo scotto della difficoltà per la convivenza sociale, che cercavo di alleggerire con palliativi. Invece di masticare spicchi d’aglio, li tagliuzzano, raccoglievo e avvolgevo i pezzettini in ostie, che ingoiavo; scoprii un aggeggio che estraeva il suco dell’aglio, che mescolavo con whisky; masticavo molto prezzemolo; facevo due docce al giorno, mattino e sera, per attutire l’aroma agliaceo della pelle; tenevo a lungo aperta la finestra dell’ufficio anche d’inverno e spruzzavo deodoranti. Sentii la mia segretaria dire: – Oggi il dottore ha mangiato petali di rose! -. Alcuni, venendo a parlarmi, osservavano la stranezza di un odore di cucina che si annusava nel mio ufficio. In treno (facevo il pendolare da Ferrara e Bologna e ritorno, ovviamente) accanto a me si faceva il vuoto.

Ci sono tanti che puzzano, mi dicevo. Tutto sommato, mi pareva che i miei consimili potessero sopportare senza troppo soffrire i miei maleodori e me ne potessi fregare. I problemi respiratori sono un lontano ricordo, ma a decenni di distanza, l’aglio abbonda nelle mie insalate e nei miei soffritti e ogni mattina assumo una perla di estratto oleoso di aglio. Non ho mai saltato un giorno: se dovesse capitare – ma non può capitare, non capiterà – mi parrebbe di mettere a rischio la mia vita. Se invece capita, come in effetti talvolta capita, che mi scordo di assumere un farmaco, mi assolvo con una scrollatina di spalla.

L’ estratto oleoso di aglio è noto anche per la capacità di coadiuvare la fisiologica funzionalità dell’apparato cardiovascolare e per la regolarità della pressione arteriosa. Non penso che l’aglio possa da solo sconfiggere l’ ipertensione: la mia la controllo con molti farmaci, che assumo quotidianamente, appartenenti a ogni categoria di sostanze ipotensive, ma nessuno mai mi toglierà dalla testa che sono giunto a una età avanzata grazie all’aglio.

Il mio debito di riconoscenza, tuttavia, non finisce qui. Per aiutarmi a guarire dalla bronchite asmatica, smisi di fumare. Ero stato un forte fumatore, un pacchetto di sigarette al giorno non mi bastava. Ho fumato l’ultima sigaretta il 30 aprile del 1976, a mezzanotte. Ma non sono diventato uno di quei rompiscatole di ex-fumatori, che si assumono l’odioso compito di redimere il mondo.

Si sa che chi smette di fumare, ingrassa. Mia moglie, che nella sua vita non ha mai dato una boccata a una sigaretta, mi diceva: – Ora ingrasserai, ma resisti, continua a non fumare, non farti riprendere da questo maledetto vizio. Ebbene, io non sono ingrassato neanche di un grammo. E se fate una ricerca sulle qualità dell’aglio, scoprirete che l’aglio non fa ingrassare e, anzi, viene adoperato nelle diete dimagranti.

Chiudo proponendo questi versi di Pablo Neruda:

 

adesso

prendi

dell’aglio,

e per prima cosa accarezza

questo avorio pregiato

odora

la sua fragranza  iraconda,

allora

lascia che l’aglio tritato

cada con la cipolla

e il pomodoro

fin quando la cipolla

avrà un colore dorato.

….

Sono versi tratti dall’Ode alla zuppa di gronco del grande poeta cileno. Isabel Allende, in afrodita, un delizioso libro di racconti e ricette afrodisiache e di altri afrodisiaci, sostiene, a pag. 139, che la cilena zuppa di grongo, con meno pretese ed esigenze, è altrettanto afrodisiaca e deliziosa, della marsigliese bouiabaisse.Per questa ricetta serve un bel pezzo di grongo, quell’enorme anguilla dei mari freddi, e della mano esperta di un’umile cuoca o dei versi sensuali di un amante della bella vita.

Io sono un uomo che cucina. Cucino anche per sopravvivere, perché non c’è nulla di più incompatibile tra mia moglie e la cucina. La compiango per non essere riuscita a capire che cucinare non è affatto odioso, che la fatica del cucinare non è una punizione inflitta alle donne per il peccato di Eva. Pensate a cose semplici. Tagliuzzare l’aglio e lasciarlo cadere nell’olio caldo, sull’insalata dei pomodori rossi come il sangue, sulla lattuga verde come gli orti delle Fontana vecchia di Tricarico, fiutandone la selvaggia fragranza e lasciare che si fonda con l’odore emanato dalle foglie di basilico tagliate con le mani e delicatamente strofinate, come si accarezzerebbe la pelle di una giovane donna … .

 

 

14 Responses to Omaggio all’aglio

  1. Mery Carol ha detto:

    Nonostante i miei salti pressori molto simili ai tuoi,l’unica cosa che ho amato e continuo ad amare dell’aglio è il fiore.
    Mi piace questo tuo omaggio all’aglio. Mery

    • Antonio Martino ha detto:

      Suppongo che tu sia la capostipite per l’ipertensione e non hai avuto a che fare con l’alopecia.Ma almeno par fare un soffritto o condire l’insalata, l’aglio lo usi?

  2. Mery Carol ha detto:

    Uso l’aglio con “la camicia” per ripescarlo intero e buttarlo nell’umido. Non c’è più chi mi rimprovera per questa mia dissennatezza.

    • Antonio Martino ha detto:

      La sola camicia che mi è rimasta da sfilare per inebriarmi di erotiche fragranze è quella dell’aglio. E quando l’aglio è biondo, non lo “butto” nell’umido: lo mangio, non si può separare l’erotismo dal cibo.

  3. Gilberto Marselli ha detto:

    Antonio versus aglio 3-0
    In ben tre circostanze ripetute ennesime volte nel corso delle sue giornate) il nostro Antonio -al quale l’Alma Mater dell’Ateneo felsineo ha meritatamente conferito la laurea ad honorem in Medicina- ha esemplarmente dimostrata la saggezza delle tradizioni contadine, a dispetto degli intrallazzi delle industrie farmaceutiche. EVVIVA !!!!!

  4. Antonio Martino ha detto:

    EVVIVA a te, Gilberto, sempre pronto a cogliere l’essenziale delle cose e il loro spirito contadino.

  5. cesare monaco ha detto:

    Il tuo bel racconto su “de aglibus in tinea capitis” mi ha molto appassionato, [come del resto tutte le tue narrazioni, tanto che credo dovresti decidere di raccoglierli in una pubblicazione] per gli approfondimenti e riferimenti storici e terapeutici, svelando, finalmente, il segreto della tua longevità, riposto in un’erbacea perenne bulbosa e rustica, come viene definito l’aglio, dalle molteplici proprietà terapeutiche ampiamente conosciute dai nostri vecchi ed anche dal Maestro Pagliaminuto, che te lo consigliò per gli effetti antifungini (la tigna è un’infezione da funghi dermatofiti) insieme alla tintura di iodio.

    A proposito di Pagliaminuto, ricordo che aveva una figlia molto bella dagli splendidi occhi cerulei che si persero alla nostra vista con l’espatrio della famiglia.

    Districarsi tra α e β bloccanti non è cosa semplice per i non addetti ai lavori ma tu lo fai molto bene anche per le nozioni di Medicina Iperbarica riportate, che ti derivano dal mai sopito desiderio che ti anima, di conoscere te stesso (ϒνωϴϊ σαΰτόν) e il mondo che ti circonda (“nati non foste per viver come bruti ,ma per seguir virtute e canoscenza”).
    Abbiamo affinità di gusti in fatto di aglio, ma io non ho il coraggio di mangiarlo crudo – come dovrei per i numerosi acciacchi che sarebbero alleviati dal suo uso abituale. Mi trattiene il ricordo spiacevole dell’olezzo, che mi toglieva il respiro, profuso da un mio infermiere, che lo assumeva quotidianamente per un’eczema atopico, su base immunologica, dal quale guarì. Sotto la spinta del tuo racconto domani andrò in erboristeria a rifornirmi di “Perle di estratto oleoso di aglio!. Grazie per il consiglio.
    Al prossimo racconto. Ti abbraccio Cesare

    • cesare monaco ha detto:

      Sono io che ti ringrazio per avermi indotto a riconsiderare le virtù terapeutiche dell’aglio, che avevo messo da parte per i fastidiosi effetti collaterali.I tuoi risultati e la tua longevità mi spingono illusoriamente ad emularti, ben sapendo che un individuo è diverso dall’altro e che come dicevano i saggi clinici:”non esiste la malattia ,ma il malato”. Ciao Cesare

      • Antonio Martino ha detto:

        Caro Cesare, la mia attività mi ha portato a conoscere, apprezzare e stimare saggi clinici. Uno in particolare: era un clinico medico, che ritenevo immortale, tanto mi incantava la sua saggezza, la sua cultura, e con lui che vegliava sulla mia salute, mi ritenevo anch’io immortale. Ma ahimè! anche è lui è morto. Fu lui a dirmi, passando da lei che scambiavamo al tu, che dei miei starnuti non gliene fregava niente. Col rispetto che ho per i saggi clinici dico che l’aglio, d’accordo con loro, guarda al malato e non alla malattia. Ma l’aglio, a differenza anche dei saggi clinici, è davvero immortale. E qui nel ferrarese si produce la migliore qualità del mondo: l’aglio di Voghiera.

        • cesare monaco ha detto:

          La saggezza con la cultura è un binomio che come dicevi”incanta”e io aggiungo affascina.
          E’ però merce rarissima;sei stato fortunato ad incontrarla.Il mio carattere timido e chiuso mi ha forse impedito di incontrarla in questo mondo futile, fatto di pseudo amicizie e interessate conoscenze. Peccato! Talora la riconosco in qualche libro che mi capita di leggere; forse per questo sento il bisogno ora come non mai, di entrare nelle librerie e sentire il profumo della carta ricercando parole che mi aprano il cuore: Basta! la vecchiaia è una bella e nello stesso tempo brutta età che nonostante tutto a me piace ! Scendendo nel materiale ho letto che il vostro aglio è il migliore di tutti. Da queste parti si trova quello spagnolo, greco ecc. Quando vado a Tricarico mi rifornisco di aglio e origano selvatico ottimi per fare il pane e pomodoro come le nostre merende di un tempo che certamente ricorderai.Ciao Cesare

  6. Antonio Martino ha detto:

    Grazie, caro Cesare per la tua dotta dissertazione sull’aglio. Per non farla troppo lunga ho omesso di raccontare con quanta difficoltà si giunse a vendere, prima in erboristeria e poi anche in farmacia,le perle di estratto oleoso di aglio. Non danno rigurgito e nessun cattivo odore e si consiglia di non assumere più di una perla al giorno. Ne guadagnerai anche in sex appeal!
    Ricambio l’abbraccio
    Tonino

  7. Antonella ha detto:

    Ciao Antonio,sei incredibile,possiedi il dono del racconto coinvolgente sempre e a volte sei esilarante! Certo riesci a mettermi sempre di buon umore!condivido la tua passione per l aglio e quando lo mangio crudo mastico chicchi di caffè,quando riesco ad avere quello siciliano faccio il pesto con gli spaghetti e una volta l’ho anche messo sott’ olio,ma la sua fine è a crudo…saremmo stati tranquilli io e te sullo stesso treno!
    Saluti a Titina e un caro abbraccio a entrambi

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