Silvia MELE, giovane lucana laureata all’Università di Parma, ha pubblicato presso l’Editrice Ermes di Potenza un saggio intitolato «Io sono uno degli altri» LA POESIA DI ROCCO SCOTELLARO, con Introduzione di Paolo Briganti.
         Ringrazio Angelo COLANGELO di avermi informato  ed avermi inviato la sua recensione, già pubblicata sul sito «Stigliano.net La voce del popolo» http://www.stigliano.net/rocco-scotellaro-uno-degli-altri/ e una foto della copertina del libro, di seguito riportate:

 

copertina-libro-mele

Rocco Scotellaro, «uno degli altri»

«Io sono uno degli altri». Così, ben a ragione, scrive di sé Rocco Scotellaro. Come annota, infatti, Gilberto Marselli, suo fraterno amico e compagno di lavoro a Portici, egli «ama stare tra i contadini e sa stare in mezzo a loro, pur non essendo esattamente un contadino», perché, essendo vissuto in città, fa l’esperienza di «stare nel cambiamento tra due mondi».

Scotellaro, insomma, si considerava uno come gli altri, che con gli altri e per gli altri intendeva vivere la sua vita quotidiana, dando senso in tal modo alla sua intera esistenza. Nel segno dell’appartenenza, della condivisione e della solidarietà, le linee guida che orientarono il suo impegno civile e politico e ne fecondarono la  poetica.

Non stupisce, dunque, che la semplice ma pregnante espressione, emblematica della  breve ma intensa biografia dell’intellettuale e poeta tricaricese, sia stata utilizzata da Silvia Mele nel suo bel saggio critico, ancora fresco di stampa, «Io sono uno degli altri» La poesia di Rocco Scotellaro (Ermes, Potenza, 2016).

Frutto di un accurato lavoro per la preparazione della tesi magistrale, il libro si avvale di una limpida e suggestiva introduzione del relatore Paolo Briganti, docente di letteratura italiana contemporanea dell’Università di Parma, il quale, nel richiamare il suo primo incontro ideale con l’autore lucano, evoca la pubblicazione della poesia Cena nel Raccoglitore, importante supplemento letterario quindicinale de La Gazzetta di Parma negli anni Cinquanta. Ciò avvenne, per volontà del giovane direttore Mario Colombi Guidotti, il 10 dicembre 1953, vale a dire appena cinque giorni prima che Scotellaro si spegnesse, improvvisamente, a Portici.

Il saggio della lucana Silvia Mele, dopo una sintetica ma utile nota biografica, si articola in tre parti, che rappresentano le diverse fasi della produzione poetica scotellariana, secondo la tripartizione delineata da Manlio Rossi-Doria, che al periodo delle prime prove poetiche fra il 1940 e il 1945, fa seguire quello della «maturazione, in senso umano e in senso poetico», compreso fra io 1946 e il 1949.

Il terzo periodo, infine, comprende gli ultimi tre-quattro anni di vita del poeta, per molti versi sconvolgenti e drammatici: la dolorosa esperienza del carcere, la conseguente rinuncia alla politica attiva, il sofferto distacco da Tricarico per Portici. Le ferite laceranti, provocate dalla detenzione e dallo sradicamento, trovano voce poetica in alcuni bei componimenti degli ultimi anni, fra cui spiccano le liriche Al padre e Passaggio alla città, che è ben nota per il suo memorabile incipit: Ho perduto la schiavitù contadina, / non mi farò più un bicchiere contento, / ho perduto la mia libertà.

La Mele, seguendo pazientemente il non lineare iter della prolifica ma convulsa produzione poetica di Scotellaro e delle sue tormentate e discutibili vicende editoriali, ne enuclea con puntualità i temi ricorrenti e significativi, evocanti amore e dolore, fatiche e miserie, persone e affetti, eventi ed occasioni, che ne alimentarono l’ispirazione. E anche i luoghi, tanti, che entrarono nella sua vita: Sicignano degli Alburni, Cava dei Tirreni, Trento, Bari, Napoli, Roma, Parma, Torino, Amalfi, Capri, Portici. Ma, anche quando sono luoghi “altri”, sempre agita il cuore e domina la mente del poeta la terra di origine, per la quale egli nutre il duplice contraddittorio sentimento di morboso attaccamento e di desiderio di fuga, sicché il «Sud è amore condannato».

Ne è emblematica testimonianza il componimento Biglietto per Torino, in cui la città piemontese scatena il ricordo dei «duri padri saraceni» e delle «belle donne nere» della Lucania. O Invettiva alla solitudine, nei cui versi iniziali il «tuono di ferraglie sul Rettifilo» a Napoli è «… lo stesso / del vallone squarciato del paese, / dove ai piedi delle case il Milo, / torrente  dell’inverno e dell’estate, / annacqua gli orti pingui sulle pietre». O, infine, Il primo addio a Napoli, quando il poeta, dopo aver ricordato di essere «un uomo di passaggio», così continua: «Il treno al binario numero otto / ci vogliono ancora molt’ore / fin che stiri le sue membra con un fischio. / Non voglio più sentire queste rauche / carcasse del tram. / Non voglio più sentire di questa città, / confine dove piansero i mie padri / i loro lunghi viaggi all’oltremare. / Ritorno al bugigattolo del mio paese, … ».

La fine degli anni Quaranta, poi, registra un più forte impegno sociale e civile di Scotellaro, protagonista delle lotte con e per «la turba dei pezzenti, / quelli che strappano ai padroni / le maschere coi denti», non disgiunte dalla speranza che «Altre ali fuggiranno / dalle paglie della cova, / perché lungo il perire dei tempi / l’alba è nuova, è nuova».

Richiamando brani di altri scritti scotellariani e facendo riferimento ad un’ampia ed esaustiva bibliografia, utilizzata con sapienza a supporto della propria analisi critica, la Mele fa risaltare la ricchezza dei contenuti dell’opera del poeta lucano. E mette in evidenza, con la varietà dei toni, di volta in volta discorsivi o lirici o elegiaci o epici, l’originalità dello stile, cui concorrono le strutture grammaticali e sintattiche, le opzioni lessicali con l’impiego di dialettalismi e calchi della lingua popolare, le relazioni foniche. Ma anche i ritmi e le cadenze, che talora assumono la solennità dei salmi, talaltra la pacatezza delle formule oracolari, talaltra ancora l’energia dell’epopea, quando il poeta si fa cantore delle lotte contadine e, come ricorda opportunamente Giovanni Caserta, dà «voce al popolo, cantando con esso e vivendo tra esso».

In conclusione, è da considerarsi davvero pregevole il lavoro della giovane lucana Silvia Mele, che non poco aiuta a comprendere e a gustare l’arte poetica di Rocco Scotellaro. Ed invita anche a riflettere su alcuni  importanti messaggi dell’opera dell’autore tricaricese, che risultano più che mai attuali in un tempo di grande disorientamento politico e di relativismo etico qual è quello in cui ci tocca di vivere.

Angelo Colangelo

Con l’occasione informo che nei prossimi giorni sarà pubblicata la tesi di laurea di Martina FAENZA “Rocco Scotellaro, Poesie d’amore e disamore” discussa presso l’Alma Mater di Bologna e approvata col conferimento della lode. Martina Faenza è pronipote di Vincenzo Faenza, fratello del nonno di Martina, uno dei ricercatori presso l’Istituto di Economia Agraria di Portici, poi professore presso le Università di Pavia e di TRieste, che con Rocco Scotellaro divideva la camera della pensione. 

 

10 Responses to Recensione di un saggio di Silvia MELE su Rocco Scotellaro e avviso della prossima pubblicazione di una tesi di laurea su Rocco Scotellaro discussa all’Alma Mater di Bologna

  1. Gilberto Marselli ha detto:

    Caro Antonio, sono stato io a dare a Colangelo il tuo indirizzo, consigliandolo di tener presente il blog £La Rabatana”.. Come vedi, concorro a pubblicizzare i tuoi canali. Con affetto GILBERTO

  2. Silvia Mele ha detto:

    Gentile Antonio Martino,
    La ringrazio per aver pubblicato la recensione del professor Colangelo sul mio libro. È davvero un piacere, soprattutto per poter condividere con voi la passione per Scotellaro.
    Silvia

  3. Domenico Langerano ha detto:

    Caro Antonio,
    piacerebbe leggerlo anche a me, tienimi informato quando esce e dove comprarlo
    Mimmo

  4. luigi ha detto:

    Sarà un piacere enorme leggere il Suo libro, appena ruiscirò a comprarlo.Grazie in ricordo di Rocco.
    Luigi Lavista Ass.Lucania Viva Centro Culturale ” Rocco
    Scotellaro ” P.zza S.Rocco,6 Rivoli (TO)

    • Antonio Martino ha detto:

      Il piacere totale sarà leggere libri su Scotellaro e, soprattutto, diffondere testi di Scotellaro. Luigi La Vista cugino di Rocco era suo nonno? Dio mio, come sono vecchio!

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