LA NOSTRA PENA È IL TEMPO
a Francesco Nitti

Siamo gli uomini di sempre

e ci sentiamo nuovi.

Ogni lacrima è nostra

ogni angoscia che viene è antica.

La nostra pena è il tempo

che ci mette il viso nelle mani.

Nulla è nuovo nulla è passato,

inseguiamo ogni giorno il dolore

che passa ridendo per le strade.

(Paese giorno e notte in Prova d’addio, p. 39)

I lettori di Rabatana non confonderanno Francesco Nitti, cui è la poesia è dedicata, col primo presidente del consiglio dei ministri di origine lucana. Qualcuno, forse, si chiederà: – Chi è questo Francesco Nitti? – Gli anziani potranno ricordare un professore di storia e filosofia del liceo Edmondo Duni di Matera, ma quanto soddisfa il bisogno di sapere lo dice quella rapsodia enciclopedica che è il libro di Gilberto Marselli «Mondo contadino e l’azione meridionalista», dove l’autore, continuando l’arte dei rapsodi dell’antica Grecia, ricompone e unifica memorie smarrite.

Leggendo il capitolo «Freidrich G. Friedmann e i Sassi di Matera» dell’avvincente ricostruzione di Marselli (pagg. 139-162) ritroviamo o troviamo il nostro professore materano, amico di Mario Trufelli tra i componenti della Commissione di studio sulla città e l’agro di Matera, la cui attività fu finanziata dall’Istituto Nazionale di Uurbanistica, presieduto da Adriano Olivetti, e affidata alla direzione di Friedmann, perché potesse collaborare alla sua ricerca.

In quel medesimo periodo d’inizio degli anni Cinquanta si interessavano a Matera Friedmann e l’UNRRA CASAS, dando luogo alla fortunata convergenza in una significativa ed entusiasmante esperienza di ricerca interdisciplinare e internazionale, resa fattibile, come già accennato, dal finanziamento della Commissione da parte dell’Istituto Nazionale di Urbanistica.

Fecero parte della Commissione: per la parte gerografica Giuseppe Isnardi – Meridionalista. Autore di studî geografici e storici. Partecipò, nell’ambito dell’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno, alla lotta contro l’analfabetismo nelle regioni meridionali; per la storia Francesco Nitti; per l’etnologia Tullio Tentori  Antropologo. Insegnò civiltà indigene d’America e, antropologia culturale. Tra i fondatori (1955) del Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari di Roma; per l’urbanistica Federico Gorio, ingegnere e urbanista e Ludovico Quaroni, architetto, impegnato soprattutto nell’urbanistica, diventando uno dei protagonosti in Itallia; per la demografia e l’igiene e la sanità Rocco Mazzarone: per la psicologia Rita De Rita, psicologa; per l’economia Giuseppe Orlando, economista; per la paleontologia Eleonora Bracco, archeologa. Studiosa piemontese, era stata attratta a Matera dalle ricerche archeologiche  di Domenico Ridola (la “Grotta dei pipistrelli”), si trasferì nel capoluogo lucano e assunse la nomina a direttrice del museo Ridola; per l’assistenza sociale Rigo Innocenti, tra gli stretti collaboratori di Adriano Olivetti e già tra i suoi compagni di prigionia in India; per la parte sociologica Gilberto Marselli. All’ing. Giambattista Martoglio della Olivetti fu affidata la segreteria tecnica.

E’ degna di nota che fu l’indagine condotta dalla De Rita, pubblicata nel 1954, a mettere bene in luce le dinamiche relazionali del vicinato. Ella condusse la sua indagine sul campo, vivendo, nei primissimi anni Cinquanta, nei Sassi ancora abitati, e lavorò sulla base dell’osservazione diretta di una società ancora viva, pulsante di tensioni. La De Rita adottò un metodo sociometrico – elaborato dallo studioso J. L. Moreno – per accertare e misurare le reazioni sociali di individui nei confronti di altri individui presenti nello stesso vicinato. L’indagine evidenziò che mentre nei vicinati più evoluti da un punto di vista sociale si alternavano rapporti formali o di reciproca indifferenza ad altri di diffidenza, discrezione, riserbo, nei vicinati più poveri e più piccoli si manifestavano continuativamente tensioni esasperate. La De Rita sostenne che «…il rapporto di vicinato non era un rapporto di amicizia… Resta deluso chiunque creda di trovarsi di fronte ad un’arcadica comunità che viva in ottimi rapporti di affetto e comprensione reciproca…».

Ufficialmente, il coordinatore del Gruppo di studio era stato individuato nell’Arch. Ludovico Quaroni, residente a Roma; ma, nella realtà, il più continuo e sicuro punto di riferimento fu Rocco Mazzarone, residente a Matera perché Direttore del Centro Provinciale di Igiene sociale. Altro componente sempre presente a Matera fu la torinese dott. Eleonora Bracco, in quanto Direttrice del Museo Ridola

I risultati ottenuti dalla Commissione, sul piano delle attuazioni pratiche, portarono all’approvazione della legge Colombo (l. 619/1952), che rese possibile l’avvio del risanamento dei Sassi, e l’ approvazione di un  piano regolatore generale della città di Matera. La legge Colombo ha la sua genesi nella visita a Matera del presidente del consiglio Alcide De Gasperi, che iniziò proprio dai Sassi. De Gasperi rimase molto colpito. Tornato a Roma, egli, che era contrario al ricorso a leggi speciali, soprattutto dopo l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, affidò a Colombo l’incarico di presiedere una Commissione interministeriale con il compito di studiare il problema e di predisporre uno schema di disegno di legge (legge speciale, per l’appunto). Il documento conclusivo fu portato a De Gasperi nel giorno del suo compleanno, il 3 aprile 1951. All’iniziativa legislativa venne abbinata la proposta del deputato comunista di Matera Michele Bianco. La legge, rapidamente e unanimemente approvata, consentì lo svuotamento e l’avvio del risanamento dei Sassi e la sistemazione degli abitanti in nuovi borghi rurali e la realizzazione di nuovi rioni, imprimendo una svolta risolutiva a una questione che si trascinava da secoli.

Restava il problema del destino da dare ai Sassi.

 

 

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2 Responses to Mario TRUFELLI, La nostra pena è il tempo

  1. Angelo Colangelo ha detto:

    Caro Antonio,
    molto bella è la poesia di Trufelli, che ci hai riproposto con dovizia di informazioni sul destinatario della stessa, attingendo alle interessanti e intense pagine dell’ultimo prezioso libro di Gilberto Marselli. Nel componimento “La nostra pena è il tempo” di struggente liricità considero il distico finale, che rappresenta l’amara complessità della condizione umana. Anche se, spesso, risulta vera anche la reciproca, per cui il dolore c’insegue mentre, inconsapevoli, noi ridiamo per la strada. In ogni caso emerge la fragilità dell’uomo, che dovrebbe indurci ad essere più pensosi e responsabili.
    Angelo Colangelo

  2. Antonio Martino ha detto:

    Caro Angelo,
    Ti ringrazio per il commento alla bella poesia di Mario Trufelli. Mi sono forse troppo lasciato prendere la mano dai ricordi di un lontanissimo periodo intensamente vissuto e lucidamente ricordato, e ho del tutto trascurato la poesia. Antonio

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