SANTA LUCIA 1952

 

Santa Lucia quest’anno nebbia e silenzio.

Vorrei consacrarmi alla mia casa

tra i crepacci argillosi

dove ogni passo falso è una caduta.

Vorrei consacrarmi al mito dei dírupi

che fanno tremare il pastorello

per la tana aspra del nibbio

librato tra le nebbie di dicembre.

Vorrei fermare il tempo e le distanze

questa luce che torna dentro agli occhi

di sole forte, di luna sbiancata

accanto a un fuoco di legna mortacina.

Santa Lucia quest’anno immagini e silenzio

Mio padre credeva alla vigilia

e digiunava il giorno fino a tardi.

Tempo di leggende allora

quando mio padre mi portava

bacche di querciuolo

e un tascapane pieno di castagne.

Ci scaldava un fuoco di cortecce

nella casa fonda dopo il giorno di nebbia.

E fu una sera di Santa Lucia

che il babbo lo portarono sul letto

di travi di castagno

le gambe spezzate tutte due.

Mia madre aveva un abito di seta

le diedero in braccio lo sciancato

e si sciupò l’abito di seta.

Santa Lucia quest’anno.

Mia madre non ha l’abito di seta

mio padre ha due bastoni per le mani.

Nessuno più crede alla vigilia.

Stiamo per ore muti

guardiamo il nibbio sospeso sui dirupi.

 

(Prova d’addio – Paese giorno e notte p. 14/5)

La poesia di Mario Trufelli Santa Lucia 1952 è stata composta a Tricarico nel dicembre 1952. Il 13 è la festa di santa Lucia, martire cristiana venerata come santa dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa nel giorno del suo martirio durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa. Secondo il calendario giuliano la ricorrenza cadeva nel giorno del solstizio d’inverno, onde il detto Santa Lucia il giorno più corto che ci sia, che si continua a ripetere e a credere che le giornate comincino ad allungarsi. A Tricarico la santa è venerata nella chiesetta di Santa Lucia, detta anche di Santa Croce, illuminata per tre giorni, nel piazzale, che pure di Santa Croce ha il nome, posto alla base della torre normanna.

Il detto assegna alla festa il simbolo della rinascita, nonostante che il papa Gregorio XIII nel 1582, con la bolla Inter gravissimas, introducendo il calendario gregoriano, lo privò del suo perdurante significato. Le giornate si allungano e la festa della santa dagli occhi bellissimi, oggetto di infinite leggende, protettrice dalla vista, annuncia l’imminente Natività di Gesù.

La metafora della veste di seta della madre – ripetuta nella poesia Il tempo ci trascina, dove la veste è l’abito di sposa – fa da contrappunto alla festa di Santa Lucia. La veste sciupata dall’insorgere di un evento traumatico annulla il senso della festa. Il padre ebbe le gambe spezzate per un incidente e diventa protagonista in questa e in tante poesie del primo e ultimo periodo. In un appunto di circa quattro anni dopo, del 14 febbraio 1956, si legge: “Mio padre è vivo, lo vorrei morto per capire se vale qualcosa per me. Ci facciamo la guerra, l’ho voluta io e l’ho cominciata il giorno in cui lo vidi tornare a casa, con una gamba rotta e senza quattrini.”

L’incidente occorso al padre sciupa d’acchito la veste di seta della madre, dice la metafora. Tutto cambia di senso. Il padre, la madre e Mario  stanno muti per ore, guardando il nibbio sospeso sui dirupi. Nella poesia Il tempo ci trascina la veste l’hanno sciupata le larve delle tarme, che da vent’anni si nutrono del tessuto.

 

 

 

 

 

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